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Rischa Paterlini
Leggi i suoi articoliUn fulmine squarcia il cielo della «Tempesta» di Giorgione. Da quell’enigma della pittura rinascimentale, ancora oggi al centro di interpretazioni diverse, prende avvio «Altre Tempeste», la mostra promossa da Omne-Osservatorio Mobile Nord Est in programma dal 26 settembre al 2 novembre 2025 al Museo Casa Giorgione di Castelfranco Veneto.
Protagonista è l’artista Olivo Barbieri (Carpi, 1954), figura chiave della fotografia contemporanea italiana, che ha esplorato paesaggi e città in tutto il mondo costruendo un atlante visivo delle loro trasformazioni. Per approfondire questo progetto lo abbiamo intervistato insieme ai curatori Stefania Rössl, Massimo Sordi e al direttore del museo Matteo Melchiorre: «Il nostro museo è una piccola struttura, racconta, che aspira a raccontare il Fregio delle Arti liberali e meccaniche di Giorgione, e al tempo stesso ad aprire, con le iniziative temporanee, ragionamenti più ampi sul mito, sulla narrazione e sulla sovra narrazione di questo pittore. Nel rumore del tempo abbiamo cercato di organizzare attività che andassero in questa direzione».
I curatori sottolineano l’urgenza del tema: «Il paesaggio veneto ha perso parte della sua identità, ma proprio per questo era importante invitare un artista come Barbieri a confrontarsi con Giorgione e con gli enigmi che ancora oggi il territorio offre alla sua decodificazione».
Da questo invito è nato, nel settembre 2023, un progetto destinato alle Civiche Collezioni Museali. Grazie al sostegno di Strategia Fotografia 2024, le opere entreranno infatti a far parte del patrimonio pubblico, rafforzando il legame tra il museo e il territorio. È in questa prospettiva, quella di un paesaggio che si conserva e al tempo stesso si rinnova, che il direttore Melchiorre cita Un viaggio in Italia (1981-1983) di Guido Ceronetti, scrittore e poeta tra le voci più originali del Novecento.
Nel libro, a metà tra diario e zibaldone, Ceronetti raccontava un’Italia fragile e contraddittoria, fatta di rovine e apparizioni, di segni effimeri e memorie resistenti. Non solo uno spunto, ma una chiave per leggere il lavoro di Barbieri. Le 32 opere in mostra compongono infatti un atlante di apparizioni. «La “Tempesta”, osserva Barbieri, è una delle prime opere occidentali a percepire consapevolmente il paesaggio. Tentare di capire quanto paesaggio contenga, con la città sullo sfondo come metafora del paradiso, con l’angelo a guardia del peccato originale». E aggiunge: «Mi interessa più l’immaginario dell’immaginario che l’immaginario vero, perché quello codificato scade prima: viene messo in dubbio dallo studio successivo, da un modo di intendere la vita successiva. Vent’anni, cinquanta anni cambiano la percezione di ciò che ci circonda».
Tra le immagini, la scritta NO FUN su un cavalcavia è fotografata da Barbieri come un segno urbano essenziale, che si trasforma in una voce urgente dal muro. È cronaca e ferita insieme, un’eco della lezione di Ceronetti: anche un graffito diventa paesaggio, specchio di un presente sospeso e inquieto. C’è poi «Fonte Alto», che ci riporta agli esordi dell’artista quando gli scatti di Barbieri contribuirono a ridefinire lo sguardo fotografico sul paesaggio. «Forse è un’immagine che per Dna è vicina a una modalità “giusta” di rappresentazione dell’esterno, spiega. Però a un’attenta osservazione si comprende che il soggetto principale, gli alberi, sono inseriti in uno sfondo quasi radioattivo, in movimento, inquietante».
E infine i colori: se dovesse condensare la mostra in una sola sensazione, Barbieri risponde senza esitazione «RGB, la tecnologia sintetica per vedere e far vedere i colori». Così il Memoriale Brion di Carlo Scarpa si lascia attraversare da luce artificiale e dal filtro del modello RGB, diventando un paesaggio che vibra tra artificio e percezione, tra memoria e astrazione.
Le immagini di Barbieri non offrono risposte, ma ci restituiscono la profondità di uno sguardo. Come dice l’artista, «La "Tempesta” racchiude tutto: energia incontrollata, desiderio, l’acqua come fonte di vita, la forma della città, gli esclusi dalla città, sguardi che non si incrociano». Un’immagine che si fa specchio del nostro paesaggio presente.

Olivo Barbieri, «Castelfranco Veneto», tratta da «Altre Tempeste», 2023-25. © Olivo Barbieri
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