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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoli«Il risparmio non è una rinuncia al consumo, ma una diversa collocazione nel tempo di una possibilità di spesa con maggiore opportunità e soddisfacimento». Così il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro, spiega il concetto che dà il nome al Museo del Risparmio, innovativo luogo di edunteiment, di ricerca e di educazione finanziaria creato dal gruppo bancario a Torino nel 2012 per avvicinare i cittadini a concetti complessi e fondamentali che regolano il mondo delle finanze dal piccolo al grande. Dal 22 febbraio il museo torinese inaugura una nuova sala nel percorso permanente dedicata alla relazione tra arte, impresa e finanza, che completa così l’interrelazione già intrapresa dal museo con gli ambiti del cinema e della letteratura. Intitolata «Ammirare», la nuova sala è il frutto di due anni di lavori di ricerca coordinati dalla direttrice Giovanna Paladino. Due postazioni di realtà virtuale immersiva consentono ai visitatori di scoprire dieci iconici capolavori della storia dell’arte dal Quattro al Novecento, ciascuno legato a uno specifico tema di ambito finanziario. Grazie al linguaggio universale dell’arte e a uno strumento di apprendimento coinvolgente come i visori Vr, il pubblico potrà entrare in contatto con temi e concetti molto complessi che spaziano dalla ricchezza alla fiscalità, dal mercato all’investimento a molto altro ancora.
Grazie alla collaborazione con l’Art Institute di Chicago, per esempio, si può salire su una macchina anni Venti scortati da un’elegante conducente vestita di rosso, entrare in un drive in e, sotto uno splendido cielo stellato illuminato da una perlacea Luna Piena ammirare su uno schermo gigantesco la riproduzione dei «Nottambuli», dipinto da Edward Hopper nel 1942 e nello stesso anno acquisito dal lungimirante direttore del museo americano per 3mila dollari. Tema la crisi, nella fattispecie la grande crisi del 1929: tre avventori e un barista, ciascuno isolato nei propri pensieri, sono illuminati da una fredda luce al neon che spicca nel buio notturno, immersi in un silenzioso clima di depressione, malinconia, solitudine e disillusione. «La crisi del ’29 aveva spezzato il sogno americano, l’euforia di una crescita dirompente e inclusiva. Le crisi finanziarie sono eventi associati a decisioni complesse e dolorose, nascono in maniera dirompenti e mettono in discussione l’equilibrio e la stabilità di un sistema. Dal ’29 a oggi sono state numerose e spesso caratterizzate da fenomeni di contagio e colpiscono maggiormente le classi medie con bassaeducazione finanziaria», spiegano dal museo.
Indossando i visori ci si ritrova a contatto con dieci portali da attraversare per immergersi in mondi, esperienze ed atmosfere ispirati ad altrettanti dipinti, ciascuno da scoprire e ammirare al termine di ogni singolo viaggio. Tra le opere anche «L’ufficio dell’esattore delle tasse», dipinto da Peter Brueghel il Giovane nel 1615 (grazie ai diritti concessi dalla Art Gallery South Australia di Adelaide). Una scena caotica di vita quotidiana ambientata in un villaggio delle Fiandre, in un affollato «ufficio» in cui vari personaggi raffigurati con tratti satirici si affannano a pagare tasse e decime. «L’opera, espressione del Rinascimento nordico, affronta il rapporto tra Cattolicesimo, Protestantesimo e nascita del capitalismo, con un linguaggio ispirato alla realtà», afferma Giovanni Morale, vice direttore delle Gallerie d’Italia-Milano.
A documentare il Rinascimento italiano, la nascita del sistema bancario, il suo primo fallimento e la prima holding è invece «La cappella dei Magi» di Palazzo Medici Ricciardi a Firenze dipinta nel 1459 dall’allievo di Beato Angelico, Benozzo Gozzoli. «Cosimo de Medici rinnova il modo di intendere l’economia e il risparmio e lo fa sviluppando una banca nuova, per forma e struttura. Il tornado finanziario, negli anni Quaranta del Trecento, spazza via i colossi bancari dei Bardi, Peruzzi e Acciaiuoli. Cosimo pensa a qualcosa di nuovo e più flessibile, tante compagnie distinte e indipendenti le une dalle altre nonostante nella pratica fossero tutte legate ad un unico padrone: Cosimo. Insomma, una holding», spiegano dal museo. Nel dipinto, inoltre, i sontuosi tessuti diventano il segno di un’economia produttiva virtuosa e di successo.
Il viaggio prosegue poi con «Il bar delle Folies Bergère» di Edouard Manet (associato al tema consumi), «Maria Serra Pallavicino» di Pieter Paul Rubens (ricchezza), «Ritratto di d’Ambroise Vollard con il gatto» di Pierre Bonnard (investimento), «Bathers» di Maximilien Luce (la fabbrica) e molti altri ancora, sempre all’insegna del legame tra «Arte ed economia, che non riguarda solo il rapporto tra denaro e bellezza, ma che costituisce anche uno stimola a converge al bene», conclude Giovanni Morale.



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