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Nicoletta Biglietti
Leggi i suoi articoliTurner catturava il giallo per il sole, Signac lo impiegava per esplorare la luce, Hilma af Klint e Kandinsky lo trasformavano in simbolo spirituale, e oggi Olafur Eliasson lo fa risuonare nello spazio. Ma tra tutti, il giallo ha trovato un volto unico in Van Gogh: attraversa i campi di grano dorati, i girasoli e i cieli del sud della Francia. Quel colore, simbolo di luce e speranza nel lavoro dell’artista olandese, è anche al centro della mostra primaverile «Yellow. Beyond Van Gogh’s Colour» 2026 al Van Gogh Museum, la prima a esplorare il ruolo e il significato del giallo nella sua opera e in quella dei suoi contemporanei.
Il percorso espositivo prende avvio dal capolavoro più celebre, «I Girasoli» (1889), per poi estendersi attraverso pittura, moda, musica e letteratura intorno al 1900. In questo viaggio, il giallo si mostra come segno capace di attraversare generazioni e discipline, assumendo significati simbolici, estetici e sensoriali. Come scriveva Émile Bernard, amico dell’artista olandese: «Era, come ricorderete, il suo colore preferito, il simbolo della luce che cercava nei cuori delle persone e nelle opere d’arte». Questa frase sintetizza l’importanza del giallo nell’opera dell’artista: non un semplice elemento pittorico, ma veicolo di emozioni, percezioni e valori universali. Il suo uso anticipa le riletture dei successivi artisti, che ne esplorano potenzialità espressive e concettuali.
Prima di Van Gogh, Turner aveva già sperimentato il giallo per catturare la luce del sole, inserendolo come elemento atmosferico nei suoi paesaggi marini e terrestri. La luce gialla nei cieli e nei riflessi sull’acqua diventa veicolo di intensità emotiva, creando una percezione vibrante del paesaggio. Signac, con i suoi studi divisionisti, utilizza il giallo per scomporre la luce in punti puri di colore, rivelando la fisicità del fenomeno luminoso e la sua energia dinamica. Hilma af Klint e Kandinsky, invece, impiegano il giallo come simbolo di trascendenza: la prima per indicare la spiritualità e l’illuminazione interiore, il secondo per esprimere vibrazione e energia psichica nelle astrazioni geometriche. In questo modo, il giallo attraversa già secoli e linguaggi, oscillando tra fenomeno naturale, energia percettiva e significato metafisico, preparandosi a diventare il colore distintivo dell’artista olandese.
Gauguin lo applica nelle litografie della «Volpini Suite», esposte nel 1889 al Café des Arts di Parigi, raccontando i suoi viaggi in Bretagna, Martinica e Arles, dove il giallo diventa veicolo di narrazione esotica e simbolo di vitalità. Con il passare del tempo, intorno al 1900, il giallo assume anche il ruolo di simbolo di modernità e audacia: copertine di romanzi innovativi lo consacrano come colore contemporaneo, mentre artisti come Manet, Chagall e Malevich ne ampliano la dimensione personale e spirituale. Così il colore si trasforma in strumento di comunicazione, segno di innovazione e forza emotiva, prefigurando il suo ruolo nei linguaggi contemporanei. La mostra non si limita alla percezione visiva. Gli studenti del Conservatorium van Amsterdam hanno creato composizioni musicali ispirate alle opere esposte, mentre gli esperti di Robertet a Grasse hanno sviluppato un profumo esclusivo. In questo modo, il giallo diventa esperienza multisensoriale, che coinvolge corpo, mente e percezione, estendendo la comprensione del colore oltre l’immagine pittorica.
A chiudere il percorso, Olafur Eliasson introduce una dimensione immersiva e fisica con «Who’s Afraid of Yellow Flowerball» (2006). Una grande sfera sospesa, composta da specchi triangolari e tubi fluorescenti che si accendono e spengono al passaggio dei visitatori, trasforma lo spazio in un luogo di osservazione diretta e partecipata. Come racconta Eliasson: «Vedo blu, vedo rosso, ma sento giallo». L’opera stabilisce così un ponte tra tradizione e contemporaneo, tra esperienza sensoriale e significato concettuale, completando il dialogo tra storia, percezione e corpo.
Osservare il giallo in questo percorso significa seguire il modo in cui un colore attraversa il tempo e i linguaggi, trasformandosi e adattandosi senza perdere la propria forza. Dal sole di Turner ai campi dell’artista olandese, fino alle installazioni contemporanee, il giallo resta un indicatore di attenzione, percezione e tensione tra esperienza visiva e sensoriale.
Cuno Amiet, «The Yellow Hill», 1903, Kunstmuseum Solothurn. Credits David Aebi. Courtesy Van Gogh Museum.
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