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Jenny Dogliani
Leggi i suoi articoliLa luce rarefatta del desiderio si mescola alla poetica e selettiva imperfezione della memoria generando frammenti sospesi di un film mai girato. Nell’immaginario di Glen Luchford, risonanze di vita, moda e cinema danno forma a un viaggio emotivo, un flusso di trent’anni di lavoro raccontato dal 25 settembre al 23 novembre, dalla milanese 10·Corso·Como, con la prima grande mostra personale dedicata al fotografo britannico. Si intitola «Atlas» ed è realizzata in occasione della Settimana della Moda Donna. Fotografo di moda e ritrattista, Glen Luchford è nato a Brighton nel 1968. Attivo tra Londra e Los Angeles, è tra i fotografi di moda e ritrattisti più influenti della sua generazione. Autodidatta, ha iniziato la sua carriera a Londra negli anni ’80, collaborando con The Face e i-D. Il suo stile, fortemente influenzato dal linguaggio cinematografico, lo distingue rapidamente nel panorama internazionale. Negli anni ’90 entra a far parte dell’agenzia Art + Commerce, lavora per Vogue, Harper’s Bazaar, Arena Homme+ e Interview. È noto soprattutto per la lunga e iconica collaborazione con Gucci, sotto la direzione creativa di Alessandro Michele, che ha ridefinito l’estetica della moda contemporanea. Le sue immagini – atmosferiche, introspettive, spesso sospese tra realtà e finzione – si muovono tra memoria, desiderio e imperfezione.
L’esposizione, a cura di Alessio de’ Navasques, non è una semplice retrospettiva, ma un progetto site specific concepito dallo stesso artista come un viaggio immersivo nel suo universo visivo. Oltre trent’anni di lavoro si fondono in un flusso unico fatto di scatti celebri, campagne pubblicitarie, ricordi, errori, collage e fashion film, per un’installazione che restituisce tutta la complessità del suo immaginario. Non mancano le immagini iconiche pubblicate su The Face negli anni ’90, né le campagne d’avanguardia per Prada, che contribuirono alla sua ascesa internazionale.
Altrettanto innovativa è la sede che lo ospita, 10 Corso Como, epicentro milanese dove moda, fotografia e cultura si incontrano dal 1991. Lo spazio, noto per il suo ruolo pionieristico nella promozione del linguaggio visivo contemporaneo, è oggi guidato da Tiziana Fausti, che continua a investire su progetti capaci di leggere e reinterpretare il nostro tempo.

© Glen Luchford

© Glen Luchford
«Atlas» segna un punto di svolta nella rilettura dell’opera di Luchford, autore che ha saputo rompere gli schemi dell’estetica patinata con una fotografia che guarda al cinema, al movimento urbano, alle sottoculture, all’energia inquieta del desiderio. Il suo sguardo ha contribuito a scardinare gli stereotipi della bellezza e a riformulare l’immaginario della moda tra fine Novecento e nuovo millennio. Con riferimenti che vanno da «Taxi Driver» al Futurismo, passando per il punk e lo skateboard, Luchford costruisce un universo poetico, stratificato e sempre in tensione. «“Un’orgia visiva” — come la definisce lui stesso — che prende forma tra grandi stampe, outtake, ricordi in movimento e frammenti d’identità», spiegano i curatori. Un atlante personale composto da fotografie, frammenti, errori, campagne e visioni, stampe di grandi dimensioni, stratificazioni e collage raccolti in un’unica narrazione, fluida e senza confini.
Tra le opere in mostra una raffigura a sinistra un uomo alla guida, compreso in un’inquadratura che richiama l’universo cinematografico anni ’70 di «Taxi Driver»: i toni cupi, la luce artificiale, l’angolo di ripresa immersivo evocano il realismo urbano di Scorsese. A destra, una giovane Kate Moss fotografata frontalmente, senza trucco, con luce naturale e aria assorta: è la bellezza non costruita, vulnerabile, che Luchford contribuì a rendere iconica sin dagli anni ’90.
Un’altra opera vede a sinistra la fotografia di una modella vestita con un abito giallo floreale, sdraiata con nonchalance su un letto condiviso con una tigre. È un’immagine ironica e surreale dove la moda sfida il quotidiano, attraverso l’uso di un linguaggio cinematografico e pop. A destra, un collage fotografico strappato, ci sono frammenti di volti che indicano un’intimità disgregata, tensione emotiva e nostalgia, introducendo nella mostra la dimensione dell’errore, della memoria e della ferita visiva.
Con «Atlas», Milano celebra non solo un maestro della fotografia, ma anche un intero modo di intendere l’immagine non più una semplice rappresentazione, ma un’esperienza, un atto di memoria emotiva, di riattivazione di emozioni e desideri, un gesto radicale che sfida gli stereotipi della bellezza e della moda.

© Glen Luchford