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Giulia Zorzi fotografata da Pietro Bernocchi

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Giulia Zorzi fotografata da Pietro Bernocchi

Micamera compie 20 anni: intervista alla fondatrice Giulia Zorzi

L’evoluzione della nota libreria fotografica di Milano, la più fornita al mondo. Oggi è anche spazio espositivo e agenzia

Rica Cerbarano

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Micamera compie 20 anni. Sono parecchi, per una realtà indipendente che si occupa di cultura in Italia, dove è sempre più frequente vedere meteore luminose che si spengono in fretta, o al contrario grandi colossi che crollano sotto il loro stesso peso. Ma Micamera non è una realtà qualunque, e non è solo una libreria.

Fondata nel 2003 da Giulia Zorzi e Flavio Franzoni, in breve tempo è diventata un punto di riferimento per il settore fotografico, non solo italiano ma anche internazionale, esplorando tutti gli orizzonti narrativi della fotografia: dalla pagina alla parete, fino alla performance. Oltre all’attività libraria, negli anni Micamera ha organizzato workshop, mostre e centinaia di eventi con autori e professionisti di fama mondiale, nutrendo il dibattito e la conoscenza sulla cultura fotografica ed educando generazioni di appassionati, fotografi, editor e curatori.
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Di fronte all’evidenza di un ruolo così incisivo nell’ambito fotografico internazionale (è la libreria di fotografia più fornita al mondo) viene da chiedersi come sarebbero oggi le cose se Micamera non fosse mai esistita. Sicuramente diverse.

Armati di passione, entusiasmo, umiltà e rispetto, i suoi fondatori (e tutta la comunità che li ha seguiti) hanno lasciato il segno, e continueranno a farlo in futuro. Nel frattempo, il 20esimo anniversario verrà festeggiato domani 17 novembre con un firmacopie collettivo, a cui parteciperanno Tim Carpenter, Adrianna Ault, J Carrier, Jenia Fridlyand, Raymond Meeks e Florence Montmare. Inoltre, per l’occasione è stata lanciata la vendita di 20 stampe d’autore e sono in programma diversi eventi, fino al 19 novembre.
In questa intervista, ripercorriamo insieme a Giulia Zorzi il percorso di Micamera.

Cominciamo dall’inizio. Com’è nata Micamera e come si è sviluppata nel tempo?
Nel 2002, quando insieme a Flavio Franzoni ho iniziato a lavorare al progetto di Micamera, il mondo dell’editoria era molto diverso, vi erano molti meno editori e il sistema distributivo era quello tradizionale. Abbiamo aperto il negozio nel 2003, dopo un anno di «incubazione».  A spingerci è stata la passione, esattamente come credo accada a tutti quelli che lavorano in questo ambito. È importante dire che il mondo dell’editoria fotografica è unico, molto diverso dagli altri mondi editoriali, perché il libro di fotografia è un’opera, non solo per il contenuto che presenta, ma proprio come oggetto. Inoltre, poiché il libro solitamente arriva prima o contemporaneamente alla mostra, essere aggiornati consente di sapersi orientare meglio nell’acquisto delle opere a parete. Senza contare che sempre più spesso è proprio il libro (il successo del libro) che traina il successo espositivo e di mercato, basti pensare ad autori come Gregory Halpern e Mark Steinmetz. Per questo motivo oggi Micamera è anche galleria: passare dalle pagine dei libri alle pareti era uno sviluppo naturale.
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Quali sono i passi che avete intrapreso per avviare l’attività?
Non venivamo dal mondo della fotografia (lavoravamo entrambi nel mondo della musica) quindi il nostro approccio iniziale è stato puro, basato sullo studio e su molta ricerca. La fortuna di Micamera è stata mettere insieme due persone che, soprattutto all’inizio, avevano competenze diverse ma compatibili: Flavio era un vero talento nello scegliere i libri, mentre  io ho sempre avuto un’ottima capacità organizzativa e di relazione. Sono state queste due cose insieme a creare il successo di Micamera. All’inizio bisognava districarsi in un mondo a noi sconosciuto. Per evidenti motivi, ci siamo orientati inizialmente al panorama italiano e da questo siamo passati all’universo americano, soprattutto perché gli autori italiani di riferimento (basti pensare a Guido Guidi o a Luigi Ghirri) si ispiravano agli americani. Ricordo che far arrivare i libri dagli Stati Uniti era davvero un’impresa!
All’inizio viaggiavamo poco (negli stessi anni abbiamo avuto due figli) e non conoscevamo nessuno. Erano i libri a guidarci. Un titolo ci portava a un altro, e così via… Questo era il nostro modo di costruire la selezione. Riflettendoci ora, penso sia stata una grande fortuna: la nostra scelta si è sempre basata esclusivamente sui contenuti e su un percorso curatoriale, che è la cosa più importante per una libreria, tanto più oggi che i libri sono tantissimi.

Come funziona una libreria fotografica? Quali sono gli aspetti da tenere in considerazione per un buon successo?
Avere una libreria è veramente molto difficile: i libri sono oggetti delicati, pesanti e costosi! Una libreria come Micamera ha dietro un grandissimo lavoro. Innanzitutto, bisogna essere bravi a scegliere i libri: la selezione è il vero cuore, nonché l’identità dello spazio. Inoltre, lavoriamo sostanzialmente senza il cosiddetto «deposito», ovvero, non possiamo rendere i libri all’editore. Ciò che si compra si tiene, dunque bisogna essere bravi a comprare, tenendo anche conto dei titoli che verranno ricercati in futuro… In altre parole, un buon libro entrerà sul mercato del collezionismo e acquisterà valore. È un principio che vale per i nostri clienti, ma anche per noi, che siamo clienti degli editori. Infine, bisogna sapersi orientare anche nel mondo della distribuzione; è complesso sapere quali sono le regole, sempre che ne sia rimasta ancora qualcuna! Poi, ovviamente, bisogna saper presentare e spiegare un libro al pubblico, impresa per niente scontata.

In Italia siete stati i primi ad aprire una libreria esclusivamente fotografica, mentre oggi se ne contano diverse. Cosa vi distingue rispetto alle altre?
In verità quando abbiamo aperto esisteva una libreria a Torino (si chiamava Agorà) che ha chiuso poco dopo. In ogni caso, le differenze sostanziali sono due: innanzitutto il catalogo. Ovviamente ciascuna ha il proprio. Il nostro è molto ampio, comprende sia i titoli nuovi che i libri rari, e si distingue per avere sempre a scaffale un catalogo ragionato. In altre parole, non teniamo solo i libri che vendono al momento, ma tutti i titoli secondo noi importanti usciti dal dopoguerra a oggi. Siamo curatori di selezioni editoriali, non solo rivenditori. Da noi i libri brutti non entrano, anche a costo di offendere qualcuno. Offriamo servizi di consulenza ai collezionisti e aiutiamo gli appassionati a costruire biblioteche che abbiano non solo un valore, ma che siano ragionate, ovvero, che abbiano anche un senso e un carattere. La seconda differenza sostanziale è che Micamera si è sviluppata diventando galleria e agenzia e scegliendo di non seguire la strada della casa editrice come fanno, comprensibilmente e giustamente, molti colleghi.
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Micamera ormai non è più solo una libreria, ma riveste diversi ruoli. Organizzate mostre e avete stretto numerose collaborazioni con altre realtà. Ci può raccontare in cosa consistono? Quali sono le attività che portate avanti?
​​Potremmo dire: potenza del libro! Scherzi a parte, è vero. Nel nostro spazio abbiamo salvato due pareti dove presentiamo i lavori di autori e autrici, spesso anticipando il successo nel mondo del collezionismo. Per capirci, siamo stati il primo spazio privato a presentare «Imperial Courtsı di Dana Lixenberg. O ancora, ho curato la prima mostra in Europa di Mark Steinmetz (nel 2011 a Savignano sul Rubicone). Sulle nostre pareti hanno esposto Todd Hido, Guido Guidi, Jessica Backhaus… Potrei fare moltissimi nomi, ma gli elenchi non mi sono mai piaciuti. Sono orgogliosa di aver presentato e curato il lavoro di Giulia Iacolutti al PAC, come anche la mostra di Ilaria Turba e Fatima Bianchi a Casa Testori. Negli anni ho cercato di promuovere la fotografia italiana all’estero, soprattutto attraverso i libri, e favorendo l’incontro tra gli autori e le autrici italiane e le case editrici straniere. Allo stesso tempo, viceversa, ho presentato autori e autrici stranieri in Italia. Credo sia un po’ anche merito mio se Jason Fulford oggi è da noi un nome conosciuto. Anche i corsi di fotografia hanno dato un contributo importante. E poiché una cosa, se ben fatta, porta sempre dei frutti, è stato naturale aprire poi un’agenzia e offrire alle aziende la possibilità di lavorare con questi autori seguendo una modalità nostra, che apre anche il lavoro commerciale a una visione artistica. In tutto questo, a guidarci è la logica della collaborazione, soprattutto nell’interesse dell’autore e dello sviluppo di un’idea contemporanea della fotografia.

Negli anni attorno a voi si è formata una vera e propria comunità. Quanto è importante?
È una delle cose più importanti che abbiamo costruito in questi vent’anni. La comunità va alimentata, rispettata e considerata. Allo stesso tempo non può bastare a sé stessa, è ovvio che bisogna allargare i confini e spingersi sempre più in là, con l’obiettivo non solo di appassionare sempre più persone ma anche di cambiare prospettiva e dare voce e immagine ad autori nuovi e a visioni differenti. La fotografia è uno strumento molto potente sia per capire il mondo in cui viviamo, sia per cambiarlo.
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Tirando le somme, cosa è stata per lei Micamera fino ad ora? E cosa riserva il futuro?
È strano voltarsi a guardare questi vent’anni. Chi lo avrebbe mai detto, che avremmo dedicato alla fotografia la nostra vita professionale! La soddisfazione più grande è aver fatto qualcosa di cui andiamo orgogliosi, averlo costruito dal basso, con le nostre forze, senza mai tradire i principi per noi importanti. Credo profondamente che non basti fare qualcosa: è importante anche il come. Sono orgogliosa del nostro «come», non solo del risultato. Cosa si può desiderare di più?
Per alcuni anni Micamera è stata solo Flavio e io e alcuni clienti. Oggi dal nostro «spazio», virtuale o fisico, sono passate molte persone, anche molti collaboratori che negli anni ci hanno dato tantissimo e che vorrei qui ringraziare. In questo mondo oggi così sofferente a volte pare che quello che facciamo non abbia senso. Come abbiamo scritto nel comunicato dei festeggiamenti (domani 17 novembre): son tempi difficili per avere vent’anni, sembra che la speranza si sia nascosta, ma noi la coltiviamo così.
Anche per questo, la prossima stagione sarà dedicata all’amore e alla passione: una grande «Summer of Love» per la quale abbiamo chiamato autori, editori, curatori da tutto il mondo.

Rica Cerbarano, 16 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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