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«Sin título» (1973), di Ana Mendieta. © The Estate of Ana Mendieta Collection, LLC. Cortesia The Estate of Ana Mendieta Collection, LLC e Galerie Lelong & Co., New York / VEGAP, Madrid, 2024

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«Sin título» (1973), di Ana Mendieta. © The Estate of Ana Mendieta Collection, LLC. Cortesia The Estate of Ana Mendieta Collection, LLC e Galerie Lelong & Co., New York / VEGAP, Madrid, 2024

Mendieta, che usava la terra come tela e l’anima come pennello

Il Musac di León espone oltre cento opere nella maggiore antologica mai dedicata in Spagna all’artista cubana

Roberta Bosco

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Per una coincidenza del destino, il Musac-Museo di Arte Contemporanea della Castiglia e León ha inaugurato la mostra più completa mai dedicata in Spagna ad Ana Mendieta (L’Avana, 1948-New York, 1985) proprio quattro giorni dopo la morte di Carl Andre, che fu suo marito e, secondo la famiglia dell’artista cubana, anche il suo assassino. Mendieta aveva 36 anni, all’inizio della maturità artistica, quando precipitò dal 34mo piano della casa dove viveva con il marito, considerato uno dei padri del Minimalismo, che fu arrestato e accusato di omicidio. Nonostante le prove a suo carico, Andre venne assolto grazie a un cavillo legale (e all’appoggio dell’establishment artistico), ma l’ombra di quella tragica notte e le accuse della cognata Raquelín lo accompagnarono per il resto della vita.
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«Ana Mendieta. In cerca dell’origine» riunisce fino al 19 maggio più di 100 opere, tra cui fotografie, video, sculture, installazioni, disegni e pitture, che abbracciano diciassette anni di produzione, dal 1968 al 1985, e si suddividono in otto sezioni tematiche. La selezione, realizzata da Álvaro Rodríguez Fominaya, Rahmouna Boutayeb e Vincent Honoré (1975-2023), annovera opere iconiche come la serie «Silhouettes», infinite declinazioni della forma femminile realizzate sul suolo ma anche nell’acqua, per sottrazione o addizione, con terra, erba, fiori, fuoco, piume, sabbia e sangue.

Inoltre sono esposti i progetti realizzati a Roma nei suoi due ultimi anni di vita, 13 opere completamente inedite e altri lavori poco conosciuti. Tra questi, i suoi delicati disegni, alcuni dipinti eseguiti tra il 1969 e il 1971, la ricostruzione di un’installazione del 1978 e una serie di fotografie scoperte nel 2022. Il percorso comprende dai primi dipinti alle alterazioni corporee, dalle performance animiste alle prime «Silhouettes» del 1973, dalla rappresentazione di una figura chiaramente femminile a una forma stilizzata e universale, dagli elementi fondamentali, in particolare terra, acqua e fuoco, al suo rapporto con i miti primordiali.
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I curatori, che hanno evitato tutti gli aspetti scabrosi vincolati della vita e dell’opera di Mendieta, hanno insistito che «non si tratta di una retrospettiva». Mancano infatti le opere che potrebbero dare adito a polemiche, come quelle con sangue di animali. Resta il fatto che nonostante Mendieta sia ormai considerata una figura imprescindibile della storia dell’arte del XX secolo, non è mai stata realizzata un’analisi seria di come gli avvocati difensori di Andre usarono cinicamente proprio le sue opere per sostenere la sua presunta instabilità mentale e l’ipotesi che si fosse suicidata.

Si deve riconoscere che nonostante l’eccesso di correttezza politica, la rassegna rivela aspetti sconosciuti attraverso i primi dipinti o le installazioni che sta recuperando la nipote Raquel, incaricata di vegliare sull’eredità artistica e la figura di Mendieta. Questa mostra, la prima monografica esaustiva da quella curata da Gloria Moure più di 25 anni fa, si concentra sul rapporto dell’artista cubana con il visibile e l’invisibile, il permanente e l’effimero, che si materializza attraverso la traccia del corpo e la sua integrazione nella natura. In definitiva, un approccio che rivendica l’importanza e la contemporaneità di un’opera allo stesso tempo politica, poetica, universale e profondamente personale.

Roberta Bosco, 01 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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