Mariella Rossi
Leggi i suoi articoliIl Trentino-Alto Adige ha un sistema culturale e turistico di rilievo internazionale, con realtà come Muse, tra i musei più visitati d’Italia, Mart, Museion e Castello del Buonconsiglio. Ne parla Matteo Lunelli, presidente e amministratore delegato di Ferrari Trento, leader nel mercato italiano delle bollicine metodo classico, vicepresidente del Mart nel 2014-19, membro del Cda della Fondazione Arnaldo Pomodoro, presidente di Fondazione Altagamma (dal 2020), presidente di Surgiva, vicepresidente e amministratore delegato di Lunelli S.p.A., la holding del gruppo di famiglia alla quale fanno capo, oltre a Ferrari e Surgiva, la distilleria Segnana, le Tenute Lunelli che producono vini fermi in Trentino, Toscana e Umbria, Bisol1542, marchio del Prosecco Superiore di Valdobbiadene, e Tassoni, dell’iconica cedrata. Classe 1974, bocconiano, ha alle spalle un’esperienza internazionale per Goldman Sachs a Zurigo, New York e Londra.
Com’è la situazione in Trentino-Alto Adige?
Pensiamo al Mart, di cui sono stato vicepresidente. Fondare questa istituzione è stato un investimento rilevante per il Trentino-Alto Adige e una scelta molto coraggiosa. Si è pensato che potesse fare la differenza per un territorio, non solo come strumento di promozione culturale, ma anche per il suo valore economico e sociale. Nella storia della regione sono stati fatti dei passi epocali in questa direzione, ci sono stati politici illuminati che hanno fatto scelte lungimiranti. Mi capita spesso di pensare a Bruno Kessler, il presidente della Provincia autonoma di Trento che nel 1962 ha fondato in città il nucleo originario della futura Università: mi chiedo come sarebbe la città oggi senza questa istituzione. Dobbiamo continuare ad avere il coraggio di investire su progetti artistici e culturali, ad avere una visione molto alta e di lungo termine.
Quali sono le principali difficoltà?
In generale il problema delle nostre istituzioni è che spesso devono far fronte a emergenze di breve periodo e, data la scarsità delle risorse, diventa difficile poter fare investimenti e iniziative strategiche di lungo periodo.
Su che cosa deve puntare specificamente la regione?
Dobbiamo puntare a essere una nicchia e a ricercare l’eccellenza. Siamo un territorio piccolo e difficile, ma anche meraviglioso. Se guardiamo ad esempio al settore del vino, risulta molto più complicato coltivare la vite nei nostri vigneti di montagna rispetto alla pianura. Però la montagna, il pendio, ci danno un qualcosa di unico e straordinario ed è la nostra cifra stilistica. Se riusciamo a creare eccellenza e questa viene riconosciuta si crea un grosso vantaggio e si riesce a dare valore anche al ripido, al periferico.
Riescono a interagire pubblico e privato?
Occorre costruire una partnership su vari fronti. Prima di tutto nella formazione, in cui è importante avvicinare il mondo della scuola a quello dell’impresa. Bisogna poi insistere nella valorizzazione del nostro patrimonio culturale e artistico. Il restauro della cinquecentesca Villa Margon attuato dal nostro gruppo è stato impegnativo, ma ora questo luogo arricchisce la proposta turistica e culturale del Trentino. Molti sono gli esempi di aziende che hanno fatto altrettanto nell’ambito della conservazione del patrimonio. Trovo fondamentale contribuire a costruire insieme un turismo e una cultura creativa di alto livello.
Qual è il rapporto del vostro universo Ferrari con l’arte e il mondo della cultura?
Ha radici lontane. Nasce da una passione di Gino Lunelli (mio zio) che io oggi condivido. Il suo esempio più evidente lo si vede in Villa Margon, un tesoro d’arte racchiuso tra i nostri vigneti alle pendici dei monti accanto a Trento, un luogo che simboleggia perfettamente l’unione fra l’arte, la natura e il saper fare, alla base dello stile di vita italiano. Abbiamo acquisito la villa all’inizio degli anni Novanta e da allora è la sede di rappresentanza del gruppo, ma è anche il cardine di un percorso che abbiamo definito «del bello e del buono». Chi visita le Cantine Ferrari scopre la natura, la storia secolare della villa e arriva fino alla Locanda Margon, un ristorante stellato dove si può degustare il Ferrari Trentodoc abbinato alle creazioni dello chef Edoardo Fumagalli. Tante altre sono le tappe, che si possono citare. In Ferrari abbiamo celebrato i nostri anniversari con le sculture di Arnaldo Pomodoro. La prima in occasione del 90mo anniversario, poi, nell’anno del centenario, una scultura di grandi dimensioni che oggi campeggia negli spazi esterni all’ingresso dell’azienda. C’è poi il «Carapace» di Pomodoro, un’opera unica: una scultura all’interno della quale si vive e si lavora. In questo luogo eccezionale creiamo i nostri vini umbri di Tenute Lunelli. Ricordo poi la mostra «Artisti Doc», negli anni Novanta, dove artisti contemporanei, come Mimmo Rotella, Ugo Nespolo, Marco Lodola e Plumcake, erano stati invitati a reinterpretare la bottiglia di Ferrari. Abbiamo spesso sostenuto mostre d’arte e siamo anche stati lungamente partner del Mart con Surgiva e, lo scorso anno, main sponsor della mostra «Timeless Time» di Vincent Peters a cura di Alessia Glaviano.
Che cos’è per voi Villa Margon?
Nel 2022 abbiamo finito l’ultimo importante processo di restauro ed è uscito il libro con gli studi storico artistici ad essa dedicati, una ricerca molto intensa ed estesa curata da Michelangelo Lupo. Questo edificio del Cinquecento ha attraversato i secoli e la storia del nostro territorio, conservando uno splendido ciclo di affreschi e varie opere tra cui un «Amore e Psiche» attribuito alla scuola di Antonio Canova.
Nell’economia oggi, se la qualità del contenuto è il «buono», che importanza ha la forma, cioè il «bello»?
L’Italia è la patria della bellezza e tutte le migliori creazioni Made in Italy evocano nei consumatori di tutto il mondo storie, tradizioni e territori unici. La distintività di un grande vino italiano è la capacità di rappresentare il suo territorio d’origine e raccontare la bellezza e l’arte che sono parte del patrimonio dell’Italia. Per questo la cultura dovrebbe avere un primato nell’attenzione delle istituzioni e in generale dovrebbe esserci una sensibilità maggiore, perché è una risorsa straordinaria, la nostra cifra distintiva. Come presidente di Fondazione Altagamma amo parlare non di industria del lusso, ma di «industria culturale e creativa», perché cultura e creatività sono i valori fondanti e i fattori critici di successo dei marchi di Altagamma. C’è una tradizione del «saper fare» che è il cuore del Made in Italy di eccellenza e che affonda le sue radici nelle botteghe rinascimentali, luoghi dove arte, scienza e manifattura erano molto vicine. L’Italia oggi è la culla del lusso mondiale e anche molti prodotti di marchi stranieri, spesso, sono concepiti, manufatti e creati in Italia. Di questo livello di eccellenza che ci distingue nella cultura della creatività, spesso non abbiamo completa consapevolezza.
L’Italia sfrutta abbastanza la sinergia tra turismo, cultura e Made in Italy?
Una sinergia potenziale immensa. Chi viene nel nostro Paese conosce lo stile di vita italiano e s’innamora delle nostre città, dei nostri territori, dei nostri paesaggi e della nostra tradizione che desidera rievocare nel proprio Paese. Il turismo è una leva strategica di crescita del Made in Italy. L’arte e la cultura devono essere sempre più valorizzate e rese fruibili.
Qual è la nostra posizione rispetto all’estero?
In questo momento sono a Barcellona e vi arrivo da Parigi. Da un punto di vista delle strutture museali e culturali, i nostri musei devono stare al passo. È importante essere in linea con standard internazionali, che in alcuni Paesi viaggiano a livelli molto elevati. Noi abbiamo l’autorevolezza per essere i leader nell’arte e nella cultura, ma dobbiamo continuare a investire sulle nostre strutture e rendere la nostra cultura sempre più godibile e accessibile a un pubblico internazionale.
E nel mondo non occidentale?
Il mondo va molto veloce e ci sono esempi abbastanza eclatanti, come gli Emirati Arabi, che non hanno la nostra storia, ma dove esiste già una sede del Louvre e dove se ne sta costruendo una del Guggenheim, indici chiari del fatto che chi costruisce un’offerta turistica sta puntando anche sulla cultura. Noi partiamo con un vantaggio enorme, ma se non investiamo, rischiamo di rimanere indietro.
Quali strategie dobbiamo avere per il futuro in Trentino-Alto Adige e Italia?
Siamo un piccolo Paese rispetto ad altre Nazioni come la Cina e gli Stati Uniti: se vogliamo puntare a traguardi ambiziosi, dobbiamo valorizzare la nostra identità e i nostri punti di forza, in primis, la nostra cultura e creatività. Dobbiamo scommettere sul valore economico e sociale di arte, tradizione e cultura, perché sono il nostro vero vantaggio competitivo.
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