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Enrico Tantucci
Leggi i suoi articoliVenezia città delle fondazioni. Sono sempre di più, con una crescita costante, le istituzioni italiane, ma più spesso straniere, soprattutto in ambito artistico e ambientale, che hanno deciso di trasferirsi in laguna o di aprire una sede veneziana. Solo nell’ultimo anno (coinciso anche con la grande ripresa della città dopo l’emergenza Covid-19 e con l’apertura della Biennale Arti Visive) sono almeno tre le fondazioni che hanno scelto di trasferirsi o espandersi a Venezia, allargandosi anche alle isole della laguna. Come la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, tra le più importanti istituzioni private legate all’arte contemporanea, che alle sedi di Torino e di Guarene (Cn) ha aggiunto quella sull’isola di San Giacomo in Paludo, acquistata dalla Cassa Depositi e Prestiti.
L’obiettivo è farne un luogo di produzione ed esposizione di progetti artistici ma con grande attenzione anche al recupero ambientale. I lavori di trasformazione sono appena partiti, ma già in occasione della vernice della Biennale l’attività è iniziata con una performance dell’artista brasiliana Jota Mombaça.
Su Palazzo Diedo, già sede di uffici giudiziari E ormai in disuso da anni, ha messo invece gli occhi Nicolas Berggruen, l’imprenditore e filantropo americano-tedesco (e parigino di nascita) che circa un anno fa aveva acquistato dalla Fondazione di Venezia la celebre Casa dei Tre Oci alla Giudecca, per farne la prima sede europea del Berggruen Institute, ente di ricerca con sede a Los Angeles, indipendente e non profit, che analizza le politiche internazionali e le sfide globali del pianeta.
A Palazzo Diedo (acquistato anch’esso dall’onnipresente Cassa Depositi e Prestiti, che negli anni ha acquisito un consistente numero di immobili a Venezia che ora rivende al miglior offerente) avrà sede la Berggruen Arts & Culture, affidata alle cure di Mario Codognato, che diventerà invece un nuovo polo dell’arte contemporanea. In attesa dei lavori di ristrutturazione, ha già voluto dare un primo segno di sé con l’installazione in progress che campeggia sulla facciata, opera dell’artista statunitense Sterling Ruby.
E sempre Mario Codognato è il direttore artistico di un’altra nuova nata: la Anish Kapoor Foundation, voluta dal grande scultore anglo-indiano che ha già casa in laguna. Avrà sede nello splendido ma fatiscente Palazzo Manfrin (acquistato indovinate da chi? La Cassa Depositi e Prestiti) che sta già ospitando in contemporanea con le Gallerie dell’Accademia una grande esposizione monografica dell’artista. A Palazzo Manfrin (dopo il restauro, a cura dell’architetto Giulia Foscari) avranno sede lo studio dell’artista, sale espositive e spazi per attività di laboratorio e per residenze d’artista.
Si è già insediata da oltre un anno a Palazzo Vendramin Grimani a San Polo, già sede dogale, la Fondazione dell’Albero d’Oro. Qui il «motore» è francese (presidente dell’istituzione è il noto finanziere Gilles Etrillard) e l’obiettivo, con il restauro del palazzo, è farne un polo del collezionismo di arte antica, aperto soprattutto a collezioni rinascimentali e settecentesche esposte a rotazione, ma con uno sguardo anche al contemporaneo. Attualmente è in corso una mostra-installazione dell’artista messicano Bosco Sodi.
Ma perché questo rinnovato interesse di fondazioni, soprattutto straniere, a essere a Venezia? La ragione principale è l’immagine internazionale della città, legata anche all’arte contemporanea, grazie alla Biennale. Si punta quindi ad avere un posto al sole in questa che ha ormai le dimensioni demografiche di una piccola città di provincia (meno di 50mila residenti) ma che resta una capitale culturale nella quale, prima o poi, tutti passano soprattutto nel periodo primaverile, estivo e autunnale, in occasione delle manifestazioni della Biennale.
Proprio per le sue dimensioni, inoltre, Venezia non ha la dispersione urbana tipica delle metropoli culturali, come New York, Londra o Parigi, e racchiude in uno spazio circoscritto, e già di per sé unico, tutte le sedi di queste istituzioni, consentendo così facilmente di passare dall’una all’altra. E l’assalto delle fondazioni non si ferma. Se la V-A-C Foundation alle Zattere, anch’essa dedicata all’arte contemporanea e creata dall’oligarca russo dell’energia Leonid Mikhelson, è ora ferma per l’embargo anche culturale legato alla guerra in Ucraina, ecco che si affaccia sulla scena veneziana una fondazione ucraina.
È la Victor Pinchuk Foundation, una fondazione filantropica internazionale, privata e apartitica, con sede in Ucraina. È stata creata dall’imprenditore e uomo d’affari ucraino Victor Pinchuk e si occupa di progetti in ambito sociale, culturale e artistico legati soprattutto alle nuove generazioni. È da tempo in trattativa con l’Università Iuav per avere una sede stabile durante le Biennali nel palazzo di Ca’ Tron, sul Canal Grande. Ma intanto per una sua mostra ha ora trovato spazio nella Scuola Grande della Misericordia, gestita da una società di proprietà del sindaco di Venezia Luigi Brugnaro.
Appena nata anche La Fucina del Futuro! il progetto che avvia l’attività a Venezia della Fondazione Sumus, creata dalla manager francese Hélène Molinari in un’antica bottega da fabbro, nel sestiere di Castello. L’obiettivo, ambizioso, è di rilanciare Venezia come città del futuro dal punto di vista ambientale e socioeconomico con progetti innovativi. Già attiva da pochi anni anche la Fondation Valmont, «braccio artistico» dell’omonimo gruppo industriale svizzero, affermatosi nel settore della cosmesi.
La sede è a Palazzo Bonvicini, a Santa Croce, e anche qui le attività sono soprattutto di tipo espositivo nel campo dell’arte contemporanea. Ma il fenomeno dell’arrivo di nuove fondazioni a Venezia è probabilmente destinato a continuare. La speranza è che la maggior parte di esse non siano solo «stagionali» in occasione delle mostre della Biennale (come avviene ad esempio per la Fondazione Prada) ma svolgano invece un’attività continuativa, in grado di generare un indotto in quel distretto culturale «sommerso», ma vivacissimo, che esiste a Venezia.

L’Isola di San Giacomo, nuova sede della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo. Foto Giovanna Silva
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