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Erica Roccella
Leggi i suoi articoliLeonora Carrington la strega, l’incantatrice contemporanea. Non bastarono le iniezioni di Cardiazol, nel manicomio di Santander, a placare le sue visioni: un puledro bianco agonizzante («ero io»), il sole che la rende «luna, Spirito Santo, gitana, acrobata, Leonora Carrington, donna. In seguito sarei stata Elisabetta d’Inghilterra», un viaggio «giù in fondo», come il titolo della sua autobiografia. Eppure. Eppure il 2024 ha registrato due record d’asta per la pittrice surrealista, $ 28,5 milioni per la tela I Piaceri di Dagoberto (1945) e $ 11,4 milioni per la scultura fuori scala La Grand Dame (1951) – entrambe aggiudicate da Eduardo F. Costantini, fondatore del Museo de Arte Latinoamericano de Buenos Aires, entrambe da Sotheby’s. Due capolavori. Sul finire di dicembre, di questo passo, la fattucchiera Carrington ha chiuso il sipario con un turnover di $ 45,5 milioni e un inedito 24° posto nel word ranking di Artprice, a fronte della posizione 515 nel 2023, 369 nel 2020, 1422 nel 2016. Leggi, una crescita esponenziale. Lo hanno scritto tutti: galeotta fu la Biennale Arte di Cecilia Alemani, che nel 2022 scelse un testo di Carrington come titolo dell’edizione – Il Latte dei Sogni – e da lì nuovi record d’asta, vendite brillanti in fiera, un abbraccio complice di tutti i players del mercato che da Venezia si irradia a Parigi, e poi a Londra, a Miami, a New York. E adesso, Milano. Dal 20 settembre 2025 all’11 gennaio 2026, Palazzo Reale ospita la prima personale di Leonora Carrington in Italia, in un percorso a cura di Tere Arcq e Carlos Martín che fonde arte, mitologia, ecologia, femminismo e spiritualità. Nella sua personalissima età dell’oro.
«L’ascesa di Carrington», dichiara a «Il Giornale dell’Arte» Thomas Boyd-Bowman, Head of Impressionist & Modern Evening Sale, Sotheby’s London, «si inserisce in un più ampio processo di correzione culturale, dove artiste a lungo trascurate stanno finalmente ricevendo il riconoscimento che meritano. E in un più ampio ritorno di interesse per le donne surrealiste – come Remedios Varo, Dorothea Tanning e Leonor Fini – le cui pratiche vengono ora riconosciute come centrali nella storia dell'arte moderna. La rinascita dell'interesse per il Surrealismo stesso, con le sue immagini oniriche e la sua sconfinata immaginazione, parla di una fame contemporanea che tocca insieme il cerebrale, lo spirituale e l'ultraterreno».

Leonora Carrington, La Grande Dame, dettaglio. Courtesy of Sotheby’s
Leonora Carrington la seduttrice, la maga. E s’interessava davvero di magia, Leonora, divenne un’ossessione ai tempi del Messico quando, con l’amica e pittrice Remedios Varo, si fece custode della verità del mondo, dei suoi significati, e tempio della parola – The Temple of the Word, come il dipinto del 1954 che nel 2024 passava da Sotheby’s per $ 4,6 milioni. «Ero la persona che rivelava le religioni», scriveva già a Santander, «e che portava sulle spalle la libertà e i peccati della terra trasformati in conoscenza, l’unione dell’uomo e della donna con Dio e il Cosmo, tutti uguali tra loro». Così l’uovo («sono assillata dall’idea dell’uovo») si fa simbolo di vita, di mistero, microcosmo e macrocosmo insieme: gli danzano intorno le figure del Giardino di Paracelso, che da Sotheby’s, nel 2022, passava di mano per $ 3,3 milioni (un record, a quel tempo); è in primo piano, iridescente, in Who art thou, White Face?, andato da Sotheby’s a maggio 2024 per $ 2,5 milioni; e brilla, del colore del rame, in Quería ser pájaro, che da Christie’s nel 2023 sfondava il tetto di $ 1 milione. È in buona compagnia. Divampa il fuoco, come in un sogno allucinato, sulle tele di Carrington; le popolano creature ibride, spettrali, anche sirene – Sueño de Sirenas del 1963, nello stand Di Donna, era tra gli highlights di Art Basel Basilea 2025; ovunque simboli esoterici, tarocchi, figure antropomorfe, il triangolo ricorrente («quel triangolo, per me, spiegava Tutto»). E di simboli, mescolati con lo spirito dei maestri italiani del XV secolo, con i mondi fantastici di Bruegel e Bosch, è tutto intriso anche L’Ora dell’Angelus, dalla collezione eclettica di Pauline Karpidas. Andrà all’asta il prossimo 17 settembre, da Sotheby’s Londra, con una stima parca di £ 600.000-800.000.
«Leonora Carrington è un'artista la cui opera e la cui eredità continuano a sorprendere in modi sempre nuovi», spiega ancora Thomas Boyd-Bowman. «Il recente aumento di interesse nei suoi confronti è a dir poco straordinario. Un tempo considerata una figura periferica nella costellazione surrealista – oscurata dai suoi contemporanei maschi e troppo spesso confinata ai margini della storia dell'arte – negli ultimi anni ha subito una profonda e giusta rivalutazione. Oggi si erge come voce tra le più convincenti dell'arte del XX secolo, con il suo lavoro che ottiene non solo risultati di mercato eccezionali, ma anche una crescente attenzione istituzionale e accademica». A proposito di apparizioni gloriose: nel 2022, in concomitanza con la Biennale di Alemani, era Carrington una delle protagoniste della mostra Surrealismo e Magia alla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia (era esposto anche I Piaceri di Dagoberto in quell’occasione, il dipinto che due anni dopo, a New York, avrebbe fissato il record assoluto). Presente all’appello, la pittrice dei record, anche nella mostra Surrealism Beyond Borders del Metropolitan Museum, a New York, a cavallo tra il 2021 e il 2022. E non poteva mancare Carrington nella retrospettiva più completa mai dedicata al Surrealismo, quella organizzata nel 2024 al Centre Pompidou, per i 100 anni dal Manifesto di André Breton. Eccola lì, raffigurata come una giovenca nella tela Green Tea (1942), in prestito dal MoMA. Stretta in una camicia di forza, come ai tempi allucinati, giù in fondo, a Santander.
Leonora Carrington la strega, la femme sorcière. E la controparte maschile? «Due vasetti di crema», scrive nella sua autobiografia Leonora, quando immagina di creare, di regolare la condotta del cosmo. «Uno col coperchio nero: la notte, il lato sinistro, la luna, la donna, la distruzione. L’altro, coperchio verde: l’uomo, il fratello, gli occhi verdi, il sole, la costruzione». Nel ritratto The Bird Superior, del 1939, l’amato Max Ernst è l’eremita – passava da Sotheby’s, nel 2016, per $ 490.000 (era prima dell’effetto-Carrington, prima della Biennale di Cecilia Alemani). Lo stesso Ernst che, appena sei anni più tardi, brucia tra le fiamme nei panni del re Dagoberto – così ossessionato dal sesso, dal lusso, dagli schianti violenti dell’amor fou. All’asta, di fatto, Carrington supera Ernst (il record per un dipinto ammonta a $ 16,3 milioni, per una scultura a $ 24,4 milioni), sorpassa senza sforzo anche Dalì (record $ 21,7 milioni); ma restano appannaggi lontani i numeri della superstar René Magritte – anche al di là dell’afflato surrealista – con un turnover da $ 264,8 milioni nel 2024 e un agognato primo posto nella classifica mondiale. Né i traguardi milionari di Carrington, né Armonia di Remedios Varo ($ 6,2 milioni, Sotheby’s 2020), né Endgame di Dorothea Tanning ($ 2,3 milioni, Christie’s 2025) sono alla pari. Ma questa è un’altra storia – da scrivere senza ipocrisie.

Leonora Carrington, La Grande Dame. Auction shot. Courtesy of Sotheby's

Leonora Carrington, The Hour of Angelus. Courtesy of Sotheby’s
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