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Giunta alla settima edizione, «Furla Series» conferma anche quest’anno la collaborazione tra l’omonima Fondazione e la Gam di Milano. Per l’occasione, l’artista piemontese ha studiato un’installazione site specific che creerà «un paesaggio nel paesaggio»
- Alessia De Michelis
- 27 giugno 2025
- 00’minuti di lettura


Una veduta della mostra «Sara Enrico, Unearth Desires», Vistamare, Milano, 2025
Courtesy of the artist e Vistamare Milano/Pescara. Photo: Andrea Rossetti
Le sculture di Sara Enrico nei giardini di Villa Reale
Giunta alla settima edizione, «Furla Series» conferma anche quest’anno la collaborazione tra l’omonima Fondazione e la Gam di Milano. Per l’occasione, l’artista piemontese ha studiato un’installazione site specific che creerà «un paesaggio nel paesaggio»
- Alessia De Michelis
- 27 giugno 2025
- 00’minuti di lettura
Alessia De Michelis
Leggi i suoi articoliAnche quest’anno «Furla Series» conferma il proprio impegno nella promozione del lavoro di artiste donne nella cultura contemporanea, ponendo il loro lavoro in dialogo con istituzioni italiane di prestigio.
Con «Under the Sun, Beyond the Skin» (dal 16 settembre al 14 dicembre), la settima edizione del progetto inaugura una nuova fase nella collaborazione (avviata nel 2021) tra la Fondazione Furla e la Gam-Galleria d’Arte Moderna di Milano. La personale di Sara Enrico, curata dalla direttrice artistica della Fondazione Bruna Roccasalva, si distingue fin da subito per una scelta inedita: le opere si inseriscono esclusivamente negli spazi all’aperto del giardino di Villa Reale, trasformandolo in un vero e proprio palcoscenico dell’arte contemporanea.
Enrico (Biella, 1979; vive e lavora a Torino), artista dalla pratica interdisciplinare, lavora sul concetto di corporeità e trasformazione. Le sue sculture, spesso realizzate con materiali come tessuti, pigmenti, cemento e acciaio, suggeriscono forme in transizione, sospese tra gesto artigianale e costruzione architettonica. È un’indagine sottile sul rapporto tra superficie e struttura, tra ciò che appare e ciò che sostiene.
La mostra nasce da una riflessione sul giardino come spazio «addomesticato»: luogo in cui la natura è plasmata secondo logiche culturali. L’installazione diffusa è composta da elementi che non si fondono con l’ambiente circostante, ma lo attraversano creando attriti, risonanze e punti di tensione. Il risultato è «un paesaggio nel paesaggio», che coesiste con quello reale, in un gioco continuo tra artificio e spontaneità.