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«Egyptian Woman in the Form of the Goddess Hathor», di Carole A. Feuerman

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«Egyptian Woman in the Form of the Goddess Hathor», di Carole A. Feuerman

Le piramidi di Giza sfondo per l’arte contemporanea

Presenta 14 installazioni la terza edizione di «Forever is Now» per «cambiare il modo in cui il mondo percepisce l’arte contemporanea in Egitto»

Hadani Ditmars

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Nel paesaggio desertico di Giza, in Egitto, si erge la statua della dea Hathor, un’apparizione surreale perfettamente allineata con la Grande Piramide: l’opera «Egyptian Woman in the Form of the Goddess Hathor» dell’artista americana Carole A. Feuerman celebra la divinità dell’amore, della fertilità, della musica e della maternità.

È una delle 14 installazioni della terza edizione di «Forever is Now», fino al 17 novembre, prima e unica mostra d’arte contemporanea a svolgersi in un luogo straordinario come le Piramidi di Giza, risalenti a 4.500 anni fa e Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Ideata dalla curatrice e collezionista francoegiziana Nadine Abdel Ghaffar, fondatrice di Culturvator / Art of Egypte, la mostra si propone di «cambiare il modo in cui il mondo percepisce l’arte contemporanea in Egitto» presentando l’arte contemporanea egiziana in siti storici che «collegano la ricca storia dell’Egitto con il suo presente creativo… riunendo artisti di tutto il mondo per riflettere sull’eredità duratura di una delle costruzionie più avvincenti e misteriose dell’umanità», nonostante il contesto geopolitico particolarmente complesso con la guerra a Gaza a soli 220 chilometri di distanza e i droni che violano lo spazio aereo egiziano.

Mentre altri eventi culturali, tra cui l’annuale El Gouna Film Festival e l’Arab Music Festival and Conference al Cairo, sono stati rinviati a causa della situazione a Gaza, «Forever is Now» è andato avanti, forse coraggiosamente, con il suo programma. Ghaffar spiega che: «Le piramidi hanno resistito a guerre, terremoti e pestilenze. Sono un segno di unità e che l’umanità prevarrà. Oggi più che mai è importante continuare con questo lavoro».
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Tra le opere in mostra, oltre alla rappresentazione della dea Hathor di Feuermann, c’è anche «Ra» dell’artista olandese Sabine Marcelis, che rende omaggio al dio del sole, come si conviene al luogo di nascita della meridiana. Il suo elegante obelisco traslucido, in parte «2001:Odissea nello spazio» (1968) e in parte antico santuario, incarna la pura energia creativa del sole. La piramide trasparente dell’artista saudita Rashed Al Shashai invece, creata con fronde di palma e utilizzando il metodo di intreccio del vimini, che risale all’antico Egitto, è una meditazione sulla storia, l’artigianato e la sostenibilità, mentre «Mirror Gate» dell’artista argentina Pilar Zeta invita gli spettatori a guardare la propria immagine riflessa davanti alle piramidi, alla stregua di un portale multidimensionale che unisce passato e presente.

Hadani Ditmars, 07 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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