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Gaspare Melchiorri
Leggi i suoi articoliA Palazzo Lombardia a Milano il 26 febbraio, alle ore 18, si apre «Persone e cose», una mostra di 22 fotografie di vari periodi di Paolo Novelli, curata da Roberto Mutti e organizzata dalla Galleria Massimo Minini. Novelli (1976-2025), bresciano, è morto precocemente lo scorso gennaio a 48 anni, per una malattia di cui soffriva da qualche tempo.
Autodidatta dal 1997, nel corso della sua carriera Novelli ha sviluppato progetti incentrati sui concetti di fragilità, solitudine e isolamento, utilizzando esclusivamente luce naturale e approcci non convenzionali. Nella sua breve carriera aveva tenuto mostre con Mutti, con Quintavalle e presso Camera a Torino. «Stava cominciando proprio in questi ultimi tempi ad avere una carriera con una sua fisionomia», dice il gallerista Massimo Minini.
«Se ci sono dei luoghi dove è facile incontrarsi, fermarsi a chiacchierare o magari solo salutarsi, queste sono le strade, scrive il curatore Roberto Mutti in un suo testo. Eppure, proprio qui Paolo Novelli ha scelto di ambientare la sua personale visione del mondo declinata sul grande tema della incomunicabilità dell’uomo contemporaneo. Lontano da ogni tentazione sociologica o psicologica, per un verso ribadisce già nella scelta di un rigoroso bianco e nero l’importanza dell’autorialità, dall’altro si affida a un’autenticità che è all’origine del suo operare ma anche il fine cui tende».
«La breve strada che Paolo Novelli ha calpestato nel suo passaggio porta ancora le impronte leggere (ma ben definite) di un artista caparbio, intransigente, essenziale, rileva per parte sua in un suo scritto Massimo Minini. Un poeta che riduce all’osso gli svolazzi compiaciuti e filtra il reale con un finissimo setaccio che non lascia passare i meteoriti più pericolosi. Tra questi una questione di fondo assilla gli scatti di Paolo Novelli: è sufficiente che un’immagine sia stampata su un foglio, con qualunque tecnica presente o futura, per chiamarla fotografia? Paolo ha contrastato questa posizione «liberista» per dimostrare che no, questa immagine non attiene alla fotografia che invece è (e deve restare) ciò che è stato stabilito nell’incipit di questa esaltante scoperta».
La mostra, che chiude il 25 marzo, è realizzata in collaborazione con Regione Lombardia, Afip-Associazione Fotografi Italiani Professionisti, Diorama progetti fotografici, con la Galleria Massimo Minini e con il sostegno di Adriano Angelo Loponte.