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Man Ray, «Noire et blanche», 1926

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Man Ray, «Noire et blanche», 1926

Le forme di luce di Man Ray pervadono Milano

A Palazzo Reale sono riunite oltre 300 opere del grande artista e fotografo per ripercorrere la sua intera produzione

Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Sono circa 300, tra fotografie vintage, disegni, litografie, film, oggetti e documenti, le opere che compongono la grande mostra «Man Ray. Forme di luce» che Palazzo Reale dedica dal 24 settembre all’11 gennaio 2026 a questo artista dai molti volti, immaginifico e votato alla sperimentazione più ardita, maestro della fotografia ma anche autore di oggetti dadaisti d’impagabile ironia (in mostra, i celebri «Cadeau», «Objet indestructible», alcuni «Jeux d’échecs», «Objet non Euclidien», «L’énigme d’Isidore Ducasse», «Obstruction»), pittore e grafico dalle atmosfere surrealiste: uno spirito ribelle e provocatorio, sempre circondato da donne di abbagliante bellezza. 

Intanto, quasi in contemporanea, anche il Metropolitan Museum of Art di New York presenta dal 14 settembre al primo febbraio 2026 «Man Ray: When Objects Dream», un progetto mirato soprattutto sulla sua sperimentazione attraverso i rayograph, stupefacente perfezionamento di una pratica avviata già nell’800 ma da lui sviluppata in modo radicale, che consente di impressionare la carta fotosensibile per mero contatto con gli oggetti e non con l’uso della macchina fotografica. Immagini sfuggenti che secondo il dadaista Tristan Tzara prendevano forma «quando gli oggetti sognano». 

La mostra milanese, curata da Pierre-Yves Butzbach e Robert Rocca (catalogo Silvana con testi dei curatori e di Raffaella Perna), ripercorre invece l’intera sua produzione («la nostra ambizione, ci spiegano i curatori, era di mostrare, attraverso le tematiche che attraversano il suo percorso, l’intero universo creativo di Man Ray»), che fu ricchissima e si sviluppò in molti ambiti, sempre nutrita della lezione delle avanguardie europee e arricchita dalla frequentazione di personalità come Marcel Duchamp, André Breton, Louis Aragon, Paul Éluard e altri protagonisti della cultura più innovativa del tempo. 

Man Ray (uomo raggio), che si chiamava in realtà Emmanuel Radnitsky (Filadelfia, 1890-Parigi, 1976), nacque in una famiglia ebraica di origini russe emigrata negli Stati Uniti. A Filadelfia frequentò da subito gli ambienti d’avanguardia ma nel 1921 si trasferì a Parigi, dove entrò a far parte del gruppo surrealista guidato da Breton e conobbe la cantante e modella Alice Prin, conosciuta come Kiki de Montparnasse, presto sua compagna e modella di immagini celeberrime come «Le Violon d’Ingres» e «Noire et blanche», ma anche protagonista di tre film diretti da lui. Sono gli anni in cui Man Ray sviluppa la tecnica dei rayograph, ma con l’arrivo nella sua vita, alla fine del decennio, della bellissima e geniale fotografa Lee Miller, svilupperà con lei la tecnica della solarizzazione, grazie alla quale le immagini appaiono circondate da un’aura di luce vagamente spettrale. Toccherà poi alle fotografie di moda per couturier come Paul Poiret, Elsa Schiaparelli, Jean-Charles Worth, Coco Chanel, anch’esse segnate dal suo sperimentalismo e dal suo gusto raffinato, mentre con l’artista Meret Oppenheim dà vita nel 1933 alla famosa serie d’immagini «Erotique-voilée». Man Ray tornerà negli Stati Uniti nel 1940 e qui conoscerà la ballerina e modella Juliet Browner, presto sua (splendida) moglie e protagonista di tanti ritratti. Ritratti, molti dei quali di amici intellettuali, e autoritratti sono infatti uno dei suoi campi d’indagine prediletti, insieme al corpo nudo, che lui traduce in forme quasi astratte, eppure intensamente sensuali. Ma qual è stato il suo influsso sull’arte contemporanea? Come ci rispondono i curatori, «il suo lavoro ha legittimato la fotografia come forma d’arte a tutti gli effetti e ha influenzato intere generazioni di fotografi di moda e d’arte, il suo spirito dada e i suoi oggetti hanno ispirato le installazioni contemporanee e le pratiche dell’Arte concettuale. Ma non solo: l’idea stessa che l’arte possa essere assurda, poetica o provocatoria è oggi onnipresente, senza contare che Man Ray ha dimostrato che si può passare liberamente da un medium all’altro, pratica oggi rivendicata da molti artisti. Quanto alle sue immagini, hanno influenzato durevolmente l’estetica pubblicitaria ed editoriale nell’ambito della moda. E che dire dei suoi film? Opere come “Le Retour à la Raison”, “Emak Bakia” e “L’Etoile de Mer” sono prove pionieristiche del cinema d’avanguardia».  

Man Ray, «Le Violon d’Ingres», 1924

Ada Masoero, 09 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

Le forme di luce di Man Ray pervadono Milano | Ada Masoero

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