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Giulia Grimaldi
Leggi i suoi articoliUn monumentale arazzo ikat fluttua lungo il canale che attraversa il centro di Bukhara: un’offerta alla terra arida dopo la lenta scomparsa del lago d’Aral. Una grande scultura in ottone e rame galleggia tra piastrelle blu realizzate a mano nell’ex sala di preghiera della Gavkushon Madrasa. Sono solo alcune delle opere che caratterizzano la prima edizione della Biennale di Bukhara, intitolata «Ricette per cuori infranti», che dal 5 settembre al 20 novembre prevede dieci settimane di conferenze, performance culinarie e musicali ispirate alla Bukhara medievale.
Questa città di mattoni di fango nel X secolo era un centro intellettuale ed economico lungo la Via della Seta, in cui le tradizioni religiose e culturali provenienti da ogni angolo del mondo si mescolavano. La visione della curatrice Diana Campbell e della commissaria Gayane Umerova punta a portare l’Uzbekistan al centro dell’attenzione internazionale. Come ha spiegato Campbell, il suo percorso curatoriale (da Bellas Artes Projects nelle Filippine al Dhaka Art Summit in Bangladesh) l’ha aiutata a sviluppare una sensibilità che si distacca dall’approccio occidentale: ecco perché le usanze uzbeke, che conservano tracce del passato zororastriano, buddhista, islamico, persiano e coreano, sono alla base di tutte le opere della Biennale.
Focus della manifestazione è il cuore, inteso come organo complesso e come centro identitario che collega sentimenti, vita, morte, mondo materiale e mondo spirituale. Una settantina tra artisti perlopiù uzbeki, alcuni internazionali, artigiani e chef sono chiamati a collaborare, mettendo insieme scienza, arte, musica, poesia, danza e odi alla luna, come in una celebrazione dell’Impero Timuride del XIV secolo. Tra gli eventi principali, lo chef e monaco buddhista coreano Jeong Kwan segna l’apertura e la chiusura della Biennale con la preparazione del cibo come atto di meditazione. Carsten Höller, lo chef Coen Dieleman del Brutalisten di Stoccolma e gli chef uzbeki Bahriddin Chustiy e Pavel Georganov creano un’esperienza culinaria multisensoriale ed emotiva.
Altri eventi includono un padiglione realizzato da Laila Gohar con cristalli di sale e Navat (cristalli di zucchero artigianali uzbeki); una scultura architettonica a scala reale ispirata a una ragnatela, realizzata con spezie, terra, sabbia del deserto e argilla da Delcy Morelos e dal commerciante di spezie Abdulnabil Kamalov. Subodh Gupta e lo chef Pavel Georganov ripercorrono i legami tra l’Uzbekistan e l’India con un’esperienza culinaria in una cupola monumentale ricoperta da piatti smaltati dell’era sovietica. Il potere trasformativo del suono prende forma nel lavoro di Shakuntala Kulkarni con la Bukhara Philharmonic.
Dal 16 al 20 novembre il Rice Cultures Festival chiuderà con una celebrazione del riso nel mondo, evocando le gare di palov organizzate dall’emiro di Bukhara. La Casa della Morbidezza, nella madrasa Gavkushon del XVI secolo, sarà il fulcro del programma pubblico. L’artista e architetto Suchi Reddy realizzerà un baldacchino sospeso nel cortile decorato con i motivi dell’Ikat, dove si terranno un convegno di storia dell’arte, un programma di poesia, il simposio «The Craft of Mending» sul tema del rammendo come atto politico e culturale e una collaborazione con la Nationwide Children’s Library. L’intento è quello di abbattere le gerarchie tra belle arti e arti applicate e, con il supporto della Fondazione per lo Sviluppo dell’Arte e della Cultura dell’Uzbekistan, rivitalizzare le tradizioni artigianali che durante il XX secolo hanno subìto una cancellazione culturale.
Il sito della biennale, il Distretto Culturale di Bukhara, combina il restauro e la conservazione del patrimonio architettonico della città con nuove costruzioni per promuovere trasformazioni durature che gettino le basi per la Bukhara futura. In questo contesto, per aiutare i giovani chef e ristoratori uzbeki, la Biennale lancerà un programma di formazione per reimmaginare le loro tradizioni culinarie e ridefinire la cucina del XXI secolo. La Biennale si svolge in vari siti storici recentemente restaurati dall’architetto Wael Al Awar, segnando l’inizio di un nuovo distretto culturale per la Città Creativa dell’Artigianato e dell’Arte Popolare dell’Unesco: tra questi, il Complesso Khoja-Gavkushon, i caravanserragli Ayozjon, Ulugbek Tamokifurush, Ahmadjon, Fothullajon e la Madrasa Rashid.

Delcy Morelos a Bukhara. Courtesy of Uzbekistan Art and Culture Development Foundation