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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliStilista, modella, Lady Universe: c’era Regina Schrecker all’inaugurazione della mostra «Fashion e Pop Art in Villa Morosini» (presente anche il proprietario della villa e collezionista Luciano Zerbinati), a cura di Alberto Mazzachera e visitabile fino al 21 gennaio 2024. Una rassegna che restituisce «l’immagine di una donna unica, scrive Vittorio Sgarbi nel catalogo, modella e stilista di respiro internazionale, artista eccentrica e cosmopolita, un mito della moda e dell’arte italiana».
In mostra alcuni capolavori della Pop art e della moda anni Ottanta, al centro i due ritratti della modella realizzati da Andy Warhol nel 1983, uno su fondo rosso e uno su fondo bianco, accanto a quelli di Elvis, Marilyn Monroe, Liz Taylor e Liza Minelli. E poi gli abiti disegnati dalla stessa Schrecker. «L’amicizia con Warhol è stata abbastanza lunga. L’ho conosciuto a New York e ci siamo subito piaciuti. Il nostro feeling artistico si è affermato quando ho deciso di diventare stilista: mi ha seguita molto e apprezzava i miei abiti. Questo l’ha portato a ritrarmi. All’epoca era per me un atto di grande amicizia, ma non avevo valutato l’importanza artistica di questo gesto. Ora lo comprendo e ne sono orgogliosa. Moda e cultura sono arte: non possono esistere queste cose l’una disgiunta dall’altra»: così ha raccontato Regina Schrecker, della quale realizzò un ritratto anche Jean-Michel Basquiat, utilizzando come supporto un piattino in ceramica del Toulà, il nome della catena di ristoranti che aprirono in Italia negli anni ’60, da Roma a Porto Rotondo, portando l’alta cucina in Italia. C’è anche quest’opera in mostra oltre alla bottiglietta di profumo realizzata per la stilista da Arnaldo Pomodoro.
È il curatore della mostra a ricostruire in catalogo l’atmosfera che regnava a New York e a Milano in quegli anni. «I ritratti di Regina Schrecker testimoniano il forte legame di amicizia con Warhol che in lei intuiva molte doti, scrive Mazzachera. L’ammirata mannequin, negli anni Settanta, decide di apprendere i primi rudimenti dell’arte di creare abiti in un piccolo maglificio nel bresciano. In quegli anni giunge alla Factory: un porto di mare, dove c’era sempre un grande tavolo apparecchiato con ogni ben di Dio che non era certo la zuppa Campbell’s, dove transitava tutta New York e approdavano molti artisti tra cui alcuni italiani quali Mario Schifano. È lo stesso Warhol a chiamare Schrecker, in albergo a New York, per proporle un ritratto». I due ritratti furono esposti nello stesso 1983.
Il racconto del curatore continua trasferendosi a Milano: «Warhol a Milano, in quell’autunno, rende omaggio a Schrecker presenziando alla presentazione della sua nuova collezione di moda e la sera, al ristorante El Toulà, al termine di un pranzo con molti ospiti, convince Jean-Michel Basquiat a farle un ritratto che viene realizzato su di un piatto di porcellana utilizzando matita per occhi e rossetto. Viene, così, in emersione un Warhol che sapeva con oculatezza omaggiare taluni amici con la sua presenza in eventi pubblici, e con il raro dono di dipinti che trasformano il ritratto, come acutamente indica Vittorio Sgarbi, in una sorta di “icona sacra, di feticcio da adorare e mitizzare secondo le nuove logiche della religione del consumo”».

Regina Schrecker ritratta da Andy Warhol nel 1983 (un particolare)
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