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Il ritratto di Luigi Lanzi di Luigi Sabatelli, Firenze, Galleria degli Uffizi

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Il ritratto di Luigi Lanzi di Luigi Sabatelli, Firenze, Galleria degli Uffizi

L’abate onnivoro ed enciclopedico mette ordine nella storia pittorica italiana

Einaudi ripubblica in due volumi l’opera fondamentale di Luigi Lanzi del 1792 sottraendola agli specialismi dei soli storici dell’arte

Laura Lombardi

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Che La Storia pittorica della Italia di Luigi Lanzi sia oggi ripubblicata nella collana «I Millenni» di Einaudi, rivolta per sua propria natura a un largo pubblico, è significativo della volontà di rimettere in un grande circuito la fondamentale opera scritta nel 1792 con successivi ampliamenti fino al 1809, sottraendola agli specialismi dei soli storici dell’arte. L’edizione dei due volumi è curata e introdotta da Paolo Pastres, e reca un saggio di Massimiliano Rossi, che inquadra e analizza la figura dell’abate Lanzi nella storia e nella critica del suo tempo.

I due testi sono viatico a una rilettura con occhi nuovi del suo metodo e del suo pensiero; se infatti possiamo ritenere ormai superata l’etichetta di «diligente raccoglitore e lucido ordinatore di notizie» data, sulla scia di Leopoldo Cicognara, da Benedetto Croce nel 1921, Lanzi non è neppure solo l’iniziatore della moderna connoisseurship come indicato da Roberto Longhi e Giovanni Previtali. Un interesse che certo esiste nei taccuini, nei quali l’abate spesso si lancia in ipotesi attributive, ma che viene superato nella Storia pittorica dall’impegno a presentare la pittura italiana in tutte le sue alterne fasi, con periodi di risorgimento e di decadenza, quale storia dello spirito e dove ogni monumento, ogni testimonianza figurativa altro non è che un documento del culto cristiano. «E veramente la storia pittorica è simile alla letteraria, alla civile, alla sacra», scrive l’abate, riportando, per così dire, la filosofia di Giambattista Vico nell’alveo dell’ortodossia cattolica.

Grande studioso dell’antichità greco-romana, Lanzi sistematizza una tradizione cinque-seicentesca, da Vasari a Lomazzo, da Bellori a Winckelmann e Mengs, nella ripartizione di scuole e periodi che sarà poi applicata, grazie a lui, da Tommaso Puccini agli Uffizi. E l’abate dimostra una pulsione onnivora, enciclopedica, quindi da uomo pienamente del suo tempo, quasi assimilando, come osserva Rossi, in mancanza di corredo iconografico, le partizioni del testo a una galleria di quadri e i pittori agli «attori principali dell’arte», seppur ben distinti tra «pittori di gran nome», loro allievi e «propagazione di quella scuola». D’altronde, pur criticando i francesi, Lanzi ben conosce quella cultura, e di Voltaire pare riprendere perfino il piglio polemico nel presentarsi nel ruolo quasi provvidenziale di colui che ha messo ordine in un’ingovernabile storia artistica.
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Storia pittorica della Italia. Dal Risorgimento delle belle arti fin presso al fine del XVIII secolo,
di Luigi Lanzi, a cura di Paolo Pastres, 2 voll., 2.088 pp., 32 tav., Einaudi, Torino 2022, € 150

Laura Lombardi, 03 gennaio 2023 | © Riproduzione riservata

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