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Veronica Rodenigo
Leggi i suoi articoliVerona. Ruota attorno all’alveo della famiglia di pittori veronesi Domenico e Felice Brusasorzi la mostra «Bottega, scuola, accademia, la pittura a Verona dal 1570 alla peste del 1630», aperta fino al 5 maggio, che si prefigge l’obiettivo di offrire al visitatore del Civico Museo di Castelvecchio un tassello all’interno del suo percorso espositivo contribuendo ad integrarlo attraverso un ulteriore approfondimento sulla produzione cinque e secentesca.
61 opere in tutto (provenienti non solo dai depositi dei Civici Musei ma anche frutto di prestiti tra cui Fondazione Cariverona, Basilica di Sant’Anastasia, Accademia Filarmonica), restituiscono la temperie culturale di un’epoca e la produzione «d’una stirpe di artisti cresciuti nell’alveo di una bottega famigliare, quella di Domenico e Felice Brusasorzi che presto, all’incrocio stilistico tra tardo Manierismo, pittura della Realtà e Classicismo, si trasformò in una sorta di accademia corporativa capace di dare impulso a una intensa stagione di commissioni per la decorazione di chiese e palazzi cittadini», come scrive in catalogo Federica Rossi, direttrice di Castelvecchio e curatrice dell’esposizione insieme a Sergio Marinelli.
Necessaria dunque l’integrazione delle opere in mostra (tra cui figurano anche Domenico Tintoretto, Palma il Giovane, Marcantonio Bassetti) con documenti, rari strumenti musicali a fiato del XVI secolo, spartiti. Vi furono difatti anche Domenico Brusasorzi e il pittore Raffaele Torlioni tra i fondatori dell’Accademia Filarmonica veronese, nata nel 1543 in casa del nobile Pellegrino Ridolfi.

«Madonna con Bambino e santi» (particolare), di Felice Brusasorzi, 1579, Verona, Musei Civici
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