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Harry Seidler, «Casa di Julian Rose, Wahroonga, Sydney, Australia 1954»

Photo Max Dupain. © Penelope Seidler

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Harry Seidler, «Casa di Julian Rose, Wahroonga, Sydney, Australia 1954»

Photo Max Dupain. © Penelope Seidler

Smac, una Kunsthalle nel cuore di Venezia

Il nuovo corso delle Procuratie Vecchie prende il nome di San Marco Art Centre, con un programma che abbraccerà le arti visive, l’architettura, la moda, la tecnologia e il cinema

Veronica Rodenigo

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Le Procuratie Vecchie inaugurano una nuova stagione in concomitanza con la 19. Mostra Internazionale di Architettura. Oltre 2mila metri quadrati nel cuore di Venezia, al secondo piano del cinquecentesco edificio che affaccia su piazza San Marco comprendenti sia un ampio spazio espositivo («Robert Indiana, The Sweet Mystery» è l’ultima proposta conclusasi lo scorso novembre) sia stanze e sale con affreschi ottocenteschi. Una svolta dovuta agli imprenditori David Gramazio, David Hrankovic e Anna Bursaux, che hanno preso in gestione da Generali questa porzione delle Procuratie per dare vita a Smac, San Marco Art Centre. «L’idea nasce in gran parte dalla nostra esperienza di lavoro a Venezia e all’estero per la realizzazione di progetti d’arte, spiegano. Ci siamo resi conto che nonostante il grande numero di istituzioni culturali, in città non vi è una “Kunsthalle” sul modello di quelle tedesche. Da questa riflessione siamo partiti per sviluppare un programma che abbraccerà le arti visive, l’architettura, la moda, la tecnologia e il cinema. Attraverso la ricerca, il dialogo e la sperimentazione, Smac esaminerà criticamente la cultura visiva contemporanea e le sue relazioni con la storia, la scienza, la filosofia e la società. Il programma espositivo, grazie anche alla collaborazione con istituzioni e curatori internazionali, rifletterà questa ricerca». 

Che cosa significa gestire uno spazio così importante per ampiezza, collocazione strategica e valenza simbolica? 
Abbiamo innanzitutto cercato una sede che fosse adatta a un’organizzazione artistica come la nostra che vuole sviluppare un programma assai diversificato. Uno spazio che fosse sufficientemente grande per offrire respiro ai nostri progetti espositivi e certamente le Procuratie lo sono, con i loro 2mila metri quadri, di cui più di mille di spazi espositivi, al secondo piano. Questo è reso possibile grazie a un accordo storico tra Smac e Generali SpA, proprietaria delle Procuratie e committente dell’importante restauro curato da David Chipperfield. Siamo consapevoli che si tratta di un luogo iconico e fortemente riconoscibile, tant’è che lo abbiamo voluto ricordare nel nostro nome: Smac, ovvero San Marco Art Centre. La collocazione, piazza San Marco, ne amplifica la valenza simbolica di patrimonio storico recentemente reso accessibile al pubblico dopo 500 anni. Il nostro impegno e quello del nostro team sono focalizzati sulla qualità delle proposte espositive, e non solo, che si alterneranno: speriamo vivamente possano incuriosire e attrarre un pubblico più ampio e non solo gli abituali frequentatori di mostre. 

Potete anticiparci temi e indirizzo della programmazione futura? 
Oltre al programma espositivo inaugurale, che prevede due personali, Smac presenterà da due a quattro grandi mostre all’anno. Possiamo anticipare che nell’autunno di quest’anno, Daniel Birnbaum e Jacqueline Davies cocureranno la mostra «The Quantum Effect». 

Intanto il 9 maggio inaugurano questo nuovo corso le proposte dedicate all’architetto austriaco modernista Harry Seidler e alla coreana pioniera dell’architettura del paesaggio Jung Youngsun. «Migrating Modernism. The Architecture of Harry Seidler» (a cura di Ann Stephen e Paolo Stracchi) realizzata in collaborazione con il Chau Chak Wing Museum (Ccwm) dell’Università di Sydney, è il titolo della proposta dedicata al progettista d’origine ebraica (Vienna, 1923-Sydney, 2006). Costretto a fuggire le persecuzioni naziste, Seidler si rifugia dapprima in Inghilterra per poi trasferirsi negli Stati Uniti e stabilirsi infine definitivamente a Sydney a ventiquattro anni. Considerato il primo esponente dei principi del Bauhaus in Australia, Seidler si distinguerà per le collaborazioni con celebri nomi come Walter Gropius, Marcel Breuer, Oscar Niemeyer, Pier Luigi Nervi. Attraverso disegni e modelli la mostra, che si avvale anche della preziosa collaborazione della moglie di Seidler, Penelope, presenta un focus sia su singoli progetti, tra cui i pioneristici grattacieli che caratterizzano lo skyline di Sydney, sia le collaborazioni creative con artisti come Josef Albers, Alexander Calder, Helen Frankenthaler, Sol Le Witt e Frank Stella.

Realizzata invece in collaborazione con il Museo Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea della Corea (Mmca), «For All That Breathes On Earth: Jung Youngsun and Collaborators», a cura di Jihoi Lee, è la prima grande mostra internazionale dedicata alla principale architetta paesaggista coreana Jung Youngsun, insignita nel 2023 dall’International Federation of Landscape Architects dell’Ifla Sir Geoffrey Jellicoe Award in Landscape Architecture. La pratica di Youngsun, classe 1941, mira alla riqualificazione e alla creazione di spazi verdi nel contesto urbano sia pubblico che privato favorendo socializzazione, contemplazione e meditazione, liberando i poteri rigenerativi della natura. La proposta espositiva ne documenta con completezza l’approccio, restituendo le tradizionali tecniche coreane di costruzione del legno e focalizzando l’attenzione anche sui progetti per i grandi eventi internazionali come le Olimpiadi di Seul, i Giochi Asiatici, l’Expo di Daejeon e l’aeroporto internazionale di Incheon. Accanto a essi anche gli esempi di ampi parchi come l’Asan Medical Center (Seul), ambito boschivo per pazienti e le loro famiglie.

Architetto Harry Seidler, Sydney, Australia 1973. Foto Max Dupain. © Penelope Seidler

Veronica Rodenigo, 09 maggio 2025 | © Riproduzione riservata

Smac, una Kunsthalle nel cuore di Venezia | Veronica Rodenigo

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