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La copertina del volume

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La summa dell'arredamento di Renzo Mongiardino

La summa dell'arredamento di Renzo Mongiardino

Luca Scarlini

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Renzo Mongiardino (1916-1998), di cui ricorre il centenario, è stato fedele al precetto della sua visione architettonica «barocco-surreale», che gli ha attirato la passione di una grande clientela internazionale nel campo dell’arredamento e spesso gli strali di critici, che non amavano la sua visione.
Nell’occasione del centenario della nascita, quando viene realizzata una esposizione del suo fondo conservato alla Civica Raccolta Bertarelli al Castello Sforzesco(a cura di Tommaso Tovaglieri; fino all'11 dicembre), torna in libreria Architettura da camera, con un saggio introduttivo di Giovanni Agosti, per le cure attente della nipote Francesca Simone. Il libro era uscito come coffee table book da Rizzoli nel 1993, ma ora torna per Officina Libraria nella veste che l’autore aveva voluto di summa sull’arredamento, quasi una revisione teorica e pratica della Filosofia di Mario Praz.

A sovrintendere al lavoro, diviso per argomenti, e pressoché per stanze da allestire, sta una citazione balzacchiana da Gesù Cristo in Fiandra, per cui «prodigioso è l’interesse che ispira una descrizione architettonica quando la fantasia dello scrittore non snatura gli elementi». Nel libro scorrono le sue collaborazioni con magnati e potenti, che hanno apprezzato il suo gusto per il pastiche, per la citazione inserita armoniosamente in un gusto personalissimo. Nella sequenza di sezioni che inizia con Come nasce una stanza, colpiscono specialmente i materiali già presenti e quelli inediti che Francesca Simone colloca in fondo al volume, giustamente su carta diversa per separarli da quelli che facevano parte di Architettura da camera, in cui ricorre l’icona della città ideale, come nel caso del seducente studiolo, tra grattacieli e tavola di Urbino, realizzato per un appartamento degli anni Trenta a Park Avenue.

Non è un caso che i registi che hanno amato la riscoperta filologica degli ambienti, sentita in chiave moderna, gli abbiano chiesto spesso di firmare scenografie. Questo aspetto della sua opera è ancora da studiare nel quadro di un ritorno alla scenografia «romantica» negli anni Sessanta e Settanta, in specie nel mondo dell’opera, dove i modelli costruiti di Mongiardino (raccontato da Arbasino nei suoi Ritratti italiani) ben dialogano con il «tutto dipinto» di Pier Luigi Samaritani (su cui da poco Maria Ida Biggi ha dato alle stampe un volume che inventaria il suo fondo conservato a Venezia alla Fondazione Cini).
Il famoso «Ballo in maschera» per Franco Zeffirelli alla Scala nel 1972, risolveva peraltro con virtuosismo sorprendente i problemi posti dalla prima diretta televisiva Rai. Non meno forte l’impostazione del «Romeo e Giulietta» cinematografico del regista fiorentino. Nella stessa direzione erano i suoi lavori per Raymond Rouleau, Peter Hall, Gian Carlo Menotti, Rudolf Nureyev, senza scordare il lavoro magistrale per Liliana Cavani in «Al di là del bene e del male». Il maestro delle stanze in questo suo volume-manifesto conferma sempre il talento visionario di individuare ambienti-palcoscenico, che sembrano sempre pronti per un’aria d’opera, per un monologo, per un «pas des deux».


Architettura da camera, di Renzo Mongiardino, a cura di Francesca Simone, con un saggio di Giovanni Agosti, 225 pp., Officina Libraria, Milano 2016, € 45,00
 

La copertina del volume

Bozzetto per sala-tenda di Romolo Paganelli per Renzo Mongiardino

Luca Scarlini, 03 ottobre 2016 | © Riproduzione riservata

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