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Mariella Rossi
Leggi i suoi articoliIl Museo Vincenzo Vela, tra le più importanti case d’artista dell’Ottocento europeo, a Ligornetto, con la direzione di Antonia Nessi ha ribadito la propria capacità di sviluppare progetti temporanei d’arte contemporanea di ampio respiro, che traggono spunto dal proprio patrimonio permanente. È questo il caso della monografica e della collettiva in corso fino all’11 gennaio. «Valentina Pini. Calibrando l’occhio» dà spazio a un’artista, classe 1982, che vive e lavora tra Zurigo e il Ticino. Esposte sono sculture, per le quali ha utilizzato diversi materiali, come silicone, cera, pigmenti e sostanze organiche. Le opere presenti includono anche fotografie e videoinstallazioni e in molti casi sono state ideate appositamente per la mostra. Per realizzare le foto, Pini ha fatto cadere lo sguardo su presenze «aliene» nelle statue in gesso di Vela, come chiodi e ganci in metallo, che un tempo l’artista usava inserire per stabilizzare parti sporgenti fragili come arti e articolazioni, e per posizionare singoli segmenti. Questa curiosità funzionale diviene pretesto per l’artista per soffermare l’attenzione dell’osservatore sulla vulnerabilità e sulla necessità di sostenere le parti più esposte della società.
Una riflessione sociale viene innescata anche nel momento in cui Pini ha deciso di guardare a un’imponente statua equestre di Vincenzo Vela, che rappresenta una delle sue opere più iconiche. È ritratto Carlo II di Brunswick (Braunschweig, 1804-Ginevra, 1873). Questo regnante, sovrano del ducato di Braunschweig dal 1815 al 1830, sostituito poi dal fratello Guglielmo, fu una figura eccentrica. Non si sposò mai e non ebbe mai figli, ma fu lungamente interessato dall’idea di tramandare la memoria di sé, tanto che viene descritto come ossessionato addirittura dall’idea di farsi, in qualche modo, «pietrificare». Questo personaggio e il suo monumento presente nella gipsoteca di Vela offrono l’occasione per pensare alla nostra società attuale e alle nostre superficiali aspirazioni. Valentina Pini decide di rappresentare il nobile, così come la nostra società, attraverso una marionetta, simboleggiando l’illusione di controllo. L’opera svela il carattere artificiale, instabile e inquietante di tale atteggiamento sia attraverso un video sia attraverso una scultura, entrambi ispirati al sovrano ed entrambi con il titolo «Der Ritter». La mostra è curata da Raphael Gygax, mentre la pubblicazione che l’accompagna è curata da Antonia Nessi.
Fino all’11 gennaio dura anche l’altra mostra temporanea prodotta dal Museo Vincenzo Vela in collaborazione con un’associazione nazionale. Si tratta di «Swissceramics. Uno sguardo sulla ceramica svizzera contemporanea», a cura di Hanspeter Dähler. Sono presenti 25 ceramiste e ceramisti selezionati tra 64 candidature da una giuria composta da cinque membri, che includono, oltre al curatore e la direttrice del museo, anche Claire Fitzgerald, conservatrice capo del Musée Ariana di Ginevra, Adrian Knüsel, membro dell’associazione swissceramics, e Simone Soldini, già direttore del Museo d’arte Mendrisio. Si abbraccia un ampio arco generazionale, dai settantenni ai ventenni, con l’intento di offrire una panoramica il più possibile completa e sfaccettata sulle tendenze attuali legate a un materiale che accompagna la storia dell’umanità sin dalle sue origini.