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Una veduta della fiera il giorno dell’apertura

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Una veduta della fiera il giorno dell’apertura

La quinta edizione di Amart

Si è conclusa la fiera dell’antiquariato milanese con risultati soddisfacenti e che ha visto premiati i galleristi con opere di piccole dimensioni

Michela Moro

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Amart, mostra dell’Antiquariato organizzata dall’Associazione Antiquari Milanesi al Museo della Permanente ha chiuso i battenti domenica sera. Il Presidente Michele Subert parla di un’edizione soddisfacente, con molti visitatori e buone vendite. «Spero che le vendite siano ben distribuite, sapremo meglio nei prossimi giorni, dice, noi come galleria non possiamo certo lamentarci, ma spesso nel nostro lavoro le somme si tirano anche un paio di mesi dopo la fiera». Purtroppo dalla sua wishlist di vendite e acquisti, che aveva illustrato durante la presentazione di Amart, manca la «Madonna col Bambino» (1472 ca) di Domenico Ghirlandaio offerto da Callea Antichità Design. Un museo francese aveva manifestato molto interesse, ma purtroppo l’opera era notificata e quindi inamovibile dall’Italia. Esportazione e notifiche punitive, vecchio irrisolto problema di cui tutti sempre lamentano, anche in questa sede. «L’Italia è l’unica che vincola e non compra, lo stato in Inghilterra fa delle raccolte pubbliche per acquistare le opere, in caso contrario l’opera può uscire, la Germania ha stilato un elenco di opere che non potranno mai lasciare il paese, il resto è libero di andare, noi siamo sempre fermi» osserva Subert.

Per In Opera Italian Arts, premiata insieme a Salamon Fine Art e Dalton Somarè per i migliori allestimenti, è stata una buona edizione. Ha pagato la proposta del focus sul giovane Maggiolini che ha attirato molti visitatori. In gran parte gli allestimenti risultavano molto eleganti, come Ajassa che ha proposto un fortunato connubio tra importanti sculture Han del II secolo A.C. e dipinti cinesi di perfetta qualità. Meno entusiasmo da Orsini Arte e Libri, stand impegnativo con grandi pezzi come la Mappa di Milano (1807-10 ca)Il Telescopio Rifrattore (1775-80), perfettamente funzionante e lungo più di 3,5 metri, è stato venduto e molti contatti si sono stabiliti, ma notano dalla galleria come manchino i grandi collezionisti. Tra gli stand si sono visti in ogni caso esperti appassionati, come Stefano Lucchini, peso massimo, professionalmente parlando, di Intesa Sanpaolo.
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Certamente sono state favorite gallerie che proponevano pezzi di dimensioni ridotte e maneggevoli, che hanno infatti lavorato bene. In generale sempre in attività gli stand dedicati ai gioielli di ogni epoca, difficile carpire informazioni sugli scintillanti monili venduti. Se le opere di Raffaello Pernici - Best Ceramics riportavano pochi bollini rossi, era perché parte di quanto esposto in precedenza era già stato venduto e sostituito con nuovi pezzi, con soddisfazione del titolare, «molti contatti e nuovi clienti» diceva Pernici davanti alla coppia di piatti di Gio Ponti, Manifattura Richard-Ginori (1928), di ispirazione venatoria e grande impatto visivo.
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Partecipava per la terza volta FineArt by Di Mano in Mano, realtà unica nel suo genere. Il pubblico conosce Di Mano in Mano, portale che declina l’arredamento tra online e negozi, ma non ne conosce la storia: la Cooperativa di lavoro Di Mano in Mano parte nel 1999 su iniziativa delle comunità di vita di Villapizzone e Castellazzo, Milano, e si basa sullo sgombero di circa 1.500 appartamenti all’anno, con un recupero degli oggetti intorno all’80%, di libri, suppellettili, cucine, armadi, quadri, mobili, tessuti e abiti. FineArt by Di Mano in Mano nasce nel 2021 come divisione della Di Mano in Mano, per offrire servizi altamente specializzati correlati alla vendita e all’acquisto di oggetti e arredi antichi, arte e design. Il core business è incentrato sulla proposta di oggetti di grande pregio e valore, completi di schede di accompagnamento. 

«Amart è sempre un’esperienza positiva per noi, dice Enrico Sala, responsabile del dipartimento Antiquariato. Ci riconoscono, sono passati molti giovani preparati che chiedevano del mobile inedito di Francesco Abbiati, ebanista neoclassico lombardo, in esposizione insieme con le opere di pittura, scultura e illuminazione. Stiamo cercando di mescolare design e antiquariato, ci pare oggi la scelta più interessante» D’accordo anche Michele Subert «Gli arredi devono cambiare nome. Il mobile è opera autonoma, oggi si è più consapevoli e filologi, non dev’essere un comò, dev’essere il comò».

Michela Moro, 13 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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La quinta edizione di Amart | Michela Moro

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