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Maurita Cardone
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Si dice che il passato non si può cambiare, ma di certo si può cambiare come lo si racconta. L’Amministrazione Trump sta conducendo una battaglia su più fronti per riplasmare il modo in cui viene presentata la storia americana, suscitando preoccupazioni circa l’interferenza politica nelle istituzioni culturali e la potenziale cancellazione di narrazioni che solo recentemente avevano iniziato faticosamente a farsi spazio nella storia ufficiale.
Il recente ordine esecutivo di Trump, significativamente intitolato «Restoring Truth and Sanity to American History», rivela la sua intenzione di epurare quella che definisce «ideologia impropria» dalla Smithsonian Institution, il più grande complesso museale e di ricerca del mondo, costituito da 21 musei e 14 centri didattici. L’ordine esecutivo accusa il recente «revisionismo» storico di «minare le straordinarie conquiste degli Stati Uniti, mettendone in cattiva luce i principi fondanti e le tappe storiche» e di presentare gli ideali americani come «intrinsecamente razzisti, sessisti, oppressivi». Guidati dal vicepresidente JD Vance, gli sforzi di correggere le presunte storture mirano a rivedere la programmazione dell’istituzione per allinearla alla versione della storia portata avanti dall’Amministrazione, da sempre molto critica nei confronti della «presa di responsabilità» che da qualche anno aveva iniziato a permeare le istituzioni americane.
Ma le preoccupazioni sul revisionismo storico trumpiano si estendono oltre lo Smithsonian. Il Dipartimento che si occupa dell’Istruzione per il Dipartimento della Difesa e che gestisce, tra l’altro, le scuole per i figli dei militari, ha dato disposizione di interrompere le celebrazioni di ricorrenze culturali come il Black History Month. Una decisione che solleva preoccupazioni sulla potenziale soppressione di prospettive «diverse». Il National Park Service (Nps) ha fatto nuovamente notizia per le modifiche apportate alla sua pagina web dedicata alla «Underground Railroad», una rete di persone, rifugi e percorsi segreti che furono utilizzati da chi fuggiva dalla schiavitù negli anni dei movimenti abolizionisti. Un’immagine e una citazione di Harriet Tubman, figura chiave dell’abolizionismo, sono state rimosse, mentre sono stati inseriti nuovi testi che minimizzano le responsabilità del sistema della schiavitù, spostando l’attenzione sugli «ideali americani di libertà». «Lavorare sull’onestà storica significa poter parlare della storia per come è stata, nel bene e nel male, ci ha detto alla direttrice dell’Harriet Tubman Center for Freedom and Equity della Binghamton University, Anne Bailey. E per farlo dobbiamo giocare d’attacco, non solo in difesa: bisogna che le istituzioni promuovano sempre queste narrazioni non solo quando è Black History Month o in risposta a degli attacchi. Così come dovremmo celebrare quotidianamente i progressi che abbiamo fatto». Secondo Bailey non è la prima volta e non sarà l’ultima che l’America fa passi indietro su questi temi: «Nella storia americana ci sono stati sempre momenti di progresso seguiti da contraccolpi e i passi avanti nei diritti civili si scontrano spesso con tentativi di annullare tali conquiste. La situazione attuale non è un caso isolato, ma il punto è proprio questo: continueremo a impegnarci anche dopo un contraccolpo? L’impegno per l’accuratezza storica e la giustizia sociale deve essere a lungo termine».
Anche il mondo dell’arte si sta confrontando con le implicazioni di questo revisionismo storico. Il curatore e storico dell’arte Charles Moore ha evidenziato il timore, all’interno delle comunità artistiche, che i progressi compiuti, per esempio, nella rappresentanza di artisti di colore vengano erosi: «Il talento c’è sempre stato, spiega, ma negli ultimi anni c’era finalmente stato un maggiore riconoscimento. Per troppo tempo le voci delle minoranze sono state emarginate nel mondo dell’arte e ora c’è il timore concreto che i progressi compiuti per includere le nostre storie nei musei e nelle collezioni vengano vanificati, rischiando che la nostra storia e la nostra cultura cadano ancora una volta nel silenzio».
Stessa preoccupazione riguarda le narrazioni Lgbtq+. Alyssa Nitchun, direttrice del Leslie Lohman Museum di New York, ritiene che il problema sia reale: «La vita e l’espressione creativa Lgbtq+ sono sempre più sotto attacco con la nuova Amministrazione. Al Leslie-Lohman Museum of Art ci impegniamo a fornire uno spazio in cui artisti e comunità queer e trans possano trovare non solo rappresentanza, ma anche rifugio, affermazione e forza, di fronte a queste sfide». Attraverso le sue mostre, il museo si fa promotore di una rivisitazione radicale del futuro queer, in grado di resistere all’oppressione.
Gli sforzi in corso per rimodellare le narrazioni storiche mettono in luce una battaglia fondamentale per l’anima del passato americano. L’esito di questa lotta avrà profonde implicazioni sul modo in cui le generazioni future comprenderanno la storia della Nazione e sul modo in cui quella comprensione si rifletterà nel contemporaneo.
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