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Franco Fanelli
Leggi i suoi articoli«Gli artisti le quarantene se le prendono comunque, soprattutto chi lavora su pittura e disegno, più abituato a un'idea monacale, che si è sempre praticata nei secoli. So che molti artisti oggi lavorano senza avere uno studio, ma il mio caso è molto diverso. Dovunque sia andato e mi sia fermato per qualche tempo ho sempre sentito la necessità di avere uno spazio mio, un tavolino, una stanzetta. Il luogo e lo spazio in cui lavoro influiscono su ciò che faccio.
Milano, ad esempio, dove mi trovo in questo momento, mi è congeniale al disegno, cosa che non mi accade nello studio di Paduli. Ora non ho scadenze, non ho una mostra imminente, eppure sono qui, con il cavalletto, i colori (mi arrivano da Roma, perché io soffro di astinenza per due sole cose: i colori e le sigarette) e tre tele, una rossa, una gialla e una blu, esattamente come prima dell'emergenza da coronavirus. Ciò che cambia è che sto lavorando senza scadenze e questo, nell'isolamento e nella «clausura», mi dà una grande libertà. Ma ripeto, l'arte è questa, vive in questa dimensione monacale. Kandinskij ne ha scritto in un libro fondamentale.
A proposito di libri, non sono mai stato un lettore accanito, ma in questi giorni di quiete mi capita di ritrovare negli scaffali del mio studio milanese testi acquistati tanti anni fa e dimenticati: ecco qui, L'uomo a una dimensione di Marcuse... Chi se ne ricordava più? Certo è che il mondo occidentale dell'arte uscirà positivamente cambiato da questa emergenza. Tra le altre cose, forse sparirà tutta una scena allineata a una forma di figurativismo sociale o sociologico, con molti fraintendimenti sulla pittura».
LA LIBERTÀ NELLA CLAUSURA
Le voci degli artisti nel coprifuoco da coronavirus
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