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Camilla Bertoni
Leggi i suoi articoliUna minoranza che porta con sé un patrimonio di conoscenze, una cultura materiale unica confluita in manufatti che si possono trovare solo in un angolo remoto del mondo. Di questo si occupa la mostra «Miao. Costumi e gioielli della Cina del Sud», a cura di Marta Boscolo Marchi, allestita nel Museo d’Arte Orientale di Venezia dal 16 dicembre 2023 al 28 aprile 2024 e resa possibile grazie ai prestiti dalle collezioni di tessili uniche al mondo di Franco Passarello e della Società Geografica Italiana che ha inviato alcuni preziosissimi album illustrati che gli imperatori della dinastia Qing (1644-1911) avevano commissionato per conoscere le popolazioni dei territori più lontani dell’impero.
Si celebra così la ricorrenza dei 700 anni dalla morte di Marco Polo (Venezia, 1254-1324), con il patrocinio dell’Istituto Confucio di Venezia oltre che della Società Geografica Italiana. «Al centro, spiega la curatrice e direttrice del Museo, la cultura materiale delle popolazioni Miao della Cina, ossia circa nove milioni di persone in varie aree montane, a cui probabilmente si era riferito Marco Polo nel 1270 parlando delle province di Yunnan e “Cugiu”, (forse il Guizhou) e annotando le peculiarità delle loro popolazioni. La ragione della mostra sta nella necessità di valorizzare queste minoranze, riconosciute dal Governo cinese sin dai primi anni Cinquanta, che hanno mantenuto nel corso dei secoli la propria lingua, cultura e identità con le tradizioni nell’ambito di una cultura tessile estremamente raffinata, con procedimenti molto antichi che si trovano solo in queste zone».
Nel percorso espositivo, sono visibili abiti e tessuti realizzati con tecniche come la calandratura, la tintura a riserva, la produzione del feltro di seta, e gioielli e oggetti, come l’astuccio per fili e aghi proveniente dal Guizhou, con l’intento di raccontare tutti i saperi spiegandone la loro importanza. Un album della Società Geografica Italiana è completamente sfogliabile grazie alla tecnologia digitale. «Si tratta di un patrimonio, non solo materiale, costituito anche da saperi di un tempo remoto che si tramanda di generazione in generazione e riflette la Weltanschauung di queste popolazioni, la loro estetica e i loro valori, continua Marchi. Gli abiti sono divisi per aree geografiche, dove le minoranze hanno caratteri un po’ diversi tra loro, nei culti religiosi come anche nei motivi decorativi dei loro strepitosi ricami, dove compaiono i motivi come la farfalla, madre mitologica, il fantastico uccello che covò le uova da lei deposte da cui nascono i primi miao, il drago, considerato una creatura benevola, nelle sue diverse forme».
Ogni tribù, ogni villaggio e ogni famiglia si distinguono per colori, stile, tecniche e motivi decorativi: un patrimonio conservato incredibilmente intatto e tramandato nei secoli. «Le difficoltà di vita per questi popoli sono tante, conclude la curatrice. Solo all’inizio del nuovo secolo il Governo cinese ha attuato alcuni piani per attutirle, portando strade e rete elettrica e mettendo queste popolazioni in connessione con il resto del mondo. Il sistema di vita sopravvissuto nel tempo in un fragile equilibrio, oggi è minacciato dall’espansione del turismo. La produzione tessile di questi popoli è apprezzata non solo nel resto della Cina, ma in tutto il mondo».

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