Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliPrima l’allarme evacuazione imminente, scattato per errore nello scorso maggio, che ha fatto accapponare la pelle a chi era nei paraggi, e poi le polemiche dopo la comunicazione del sindaco di Bologna, Matteo Lepore, sulla fine lavori fissata al 2028 dei restauri della Garisenda. La torre, la seconda più celebre della città dopo la gemella che si eleva al suo fianco, gli Asinelli (chiuse entrambe da metà autunno 2023; quest’ultima restaurata nel 2011-15), comunque, per ora non dovrebbe crollare, visto che gli esperti hanno in parte ridimensionato il «codice rosso» (dalla Relazione Tecnica del 23 Ottobre 2023, p. 16), a seguito del quale venne transennata in fretta e furia. Vero è che i primi allarmi scattarono già nel 2018, cinque anni prima del codice rosso e che lo stesso sindaco rassicura spiegando come «la Garisenda ora sia in una situazione di maggiore stabilità rispetto a fine ’23».
Quel che è certo, in ogni caso, è che ora c’è una data di fine restauro, appunto il 2028, ma i commercianti della zona non ci stanno e ormai mal sopportano l’attuale cantiere preventivo. Area lavori che rispetto a un anno fa è stata un poco ristretta intorno all’edificio voluto da Filippo e Oddo Garisendi, costruito agli inizi del XII secolo e poi mozzato nei secoli seguenti fino agli attuali 48 metri. Protestano, i commercianti: «Le date del restauro slittano, spiega Giovanni Favia, ex noto esponente del M5S e oggi operatore del centro storico, e ora ci dicono che servono altri tre anni. Con cinque anni di cantiere compresi i due trascorsi la morte dei negozi è sicura e le paratie del cantiere alte 5-6 metri (container posati da Fagioli Spa di Sant'Ilario d’Enza-Re, Ndr) allontanano il passaggio delle persone e l’arrivo di spacciatori che agiscono pressoché indisturbati».
Termine lavori tra tre anni o poco più, stando agli annunci e la sensazione di un minore allarmismo rispetto a quel che accadde due anni fa quando, benché la torre fosse monitorata da esperti e da strumentazioni già da molti anni, all’improvviso la situazione sembrò precipitare sul lato dello spigolo sud ovest. Non era evidentemente sana, la torre, tanto che i monitoraggi sono intensi dal 2010, epoca in cui si accertarono preoccupanti fenomeni di deterioramento e instabilità alle lastre di selenite poste nel tronco di base che la regge: da allora sono state costanti le indagini sui materiali, le loro reazioni al tempo, agli agenti atmosferici, al passaggio nei pressi degli autobus. Le conclusioni degli esperti a tutto ciò nel corso del tempo hanno fatto propendere come cause relative al problema Garisenda in direzione di una forte deformazione del terreno di fondazione del monumento (e gli Asinelli posti a pochissimi metri?) e un degrado profondo delle varie parti che compongono il pesante basamento, tanto che risalgono al 2020-21 gli interventi urgenti di rafforzamento di questa parte. Tutto risaputo e forse meglio gestibile nel tempo, vien da dire, visto quel che accadde a fine ’23, ma ora la marcia giusta pare finalmente ingranata.
Durante l’estate che sta terminando è stato presentato il progetto esecutivo dell’intervento, ora al vaglio della Soprintendenza, documento che mette al centro l’utilizzo dei tiranti che negli anni ’90 servirono a ridurre l’inclinazione della Torre di Pisa (la pendenza è pressoché la medesima: circa 4 gradi rispetto all’asse verticale). Tali operazioni con i tiranti, riadattati anche perché inutilizzati da decenni, prevedono prima il rafforzamento del cemento tra i mattoni nell’area interessata dall’agire di tali «macchine». Successivamente, come già spiegava a «Il Giornale dell’Arte» la responsabile del progetto Raffaela Bruni, che opera con Massimo Majowiecki, Francesco Ubertini, Stefano Podestà, Nunziante Squeglia, Francisco Giordano e altri, si rafforzerà la base della torre: il vero punto debole perché sostiene le 4mila tonnellate soprastanti, poiché oltre alla selenite è tenuto insieme da antica malta che nel tempo si è polverizzata lasciando filtrare l’acqua.
Il progetto, quindi, prevede due macro operazioni: in primis la rimozione dello stato di pericolo per poter operare sulla torre con bloccaggio della Garisenda ai due tralicci metallici, o cavalletti-tiranti che dir si voglia, utili a contrastarne l’inclinazione. Solo a quel punto si potrà intervenire con il consolidamento del tronco di base mediante iniezioni di materiali. Tutto ciò è illustrato nel progetto esecutivo: «La preventiva ristilatura (operazione edile che consiste nel rifinire i giunti, cioè gli spazi vuoti tra i mattoni o le pietre di una muratura, riempiendoli con malta e poi lisciandoli, Ndr) fino alla quota di applicazione del tiro, la messa in opera dei tralicci di tiro, l’applicazione di un leggero sforzo di trazione, la realizzazione di un campo prove di iniezioni nel tronco di base, l’adeguato intervallo di monitoraggio della torre. Poco dopo l’ultima operazione si potrà procedere con il completamento del consolidamento del tronco di base tramite le iniezioni di malta su tutti i lati della torre. Seguirà poi la seconda fase: l’implementazione delle forze di trazione e l’estensione delle iniezioni a tutto il tronco di base. Un ulteriore monitoraggio permetterà di valutare la necessità di ulteriori interventi sulla parte in elevazione e sull’apparato fondale». Ancora dal documento: «Dopo la stilatura saranno messe in opera le macchine di tiro, sul lato nord e sul lato ovest della torre. Le macchine, provenienti da Pisa, sono state adattate al contesto di piazza di Porta Ravegnana, mediante la realizzazione di un sovralzo che permette di abbracciare la torre circa a metà della sua altezza e di esercitare sulla stessa uno sforzo a sola componente orizzontale. Saranno realizzati i due basamenti di fondazione e, su questi, saranno messi in opera i tralicci di sovralzo. Nella prima fase di tiro si applicherà una leggera trazione alla torre mediante un sistema di fasce in poliestere. Le fasce agiranno a 20 metri di altezza. Il tiro si opporrà ai movimenti della torre verso sud (applicando uno sforzo di 10 tonnellate) e verso est (con uno sforzo di 20 tonnellate). L’imbragatura della Garisenda con le fasce è studiata in modo da non arrecare danno alle murature e agli spigoli durante la fase di tiro. Il tiro permette di ridurre la sollecitazione al piede delle pareti est e sud di circa il 5%. Lo sforzo stabilizzante viene applicato molto lentamente e con costante monitoraggio per verificarne l’effetto ed apportare eventuali correttivi. Il progetto prevede anche un monitoraggio a lungo termine prima della applicazione del tiro rimanente». Poi gli interventi sul basamento: «Le iniezioni di prova verranno realizzate nello spigolo nord ovest del basamento, in quanto il meno sollecitato, con l’obiettivo di saturare i vuoti presenti nel conglomerato di riempimento del sacco ed aumentarne la resistenza. I fori saranno realizzati in corrispondenza dei giunti verticali fra i conci del rivestimento per non danneggiare la selenite e saranno orientati verso il basso per favorire la penetrazione delle malte: le iniezioni saranno realizzate con malte compatibili con tutti i materiali presenti (selenite e conglomerato). Le operazioni saranno monitorate in tempo reale ed anche a lungo termine prima di estendere le iniezioni all’intero tronco di base».
Il restauro della torre, al momento, è finanziato attraverso 20 milioni di euro di varia provenienza, 4,8 milioni stanziati dal Comune di Bologna, proprietario del monumento, 5 milioni afferenti il Pnrr-Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, i primi a dover essere spesi visto che essendo europei «scadono» il 30 giugno 2026, poco meno di 5 milioni di euro raccolti da donazioni di privati e altrettanti da Regione Emilia-Romagna. I posteri, dunque, pare proprio potranno ammirare ancora a lungo questo simbolo della città, immortalato da Dante nella Divina Commedia: «Qual pare a riguardar la Garisenda sotto il chinato quando un nuvol vada sovr’essa sì ch’ella in contrario penda, tal parve Anteo a me, che stava a bada di vederlo chinare…» (Inferno, canto XXXI).

Torre Garisenda vista dal basso
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