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L’Italia dica sì alla direttiva europea sul copyright

Posizioni politiche e sentenze emesse: prosegue il dibattito sulla libertà di riproduzione delle immagini

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Daniele Manacorda

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L’Uomo Vitruviano circola da vent’anni nelle nostre tasche sotto forma di moneta senza che nessuno si domandi se e chi abbia pagato a chi le royalty di quelle riproduzioni, ma ora si avvicina una svolta processuale dopo la sentenza emessa dal Tribunale di Venezia, che andrebbe letta nelle scuole per far conoscere la bizzarria che circola in certe aule di giustizia. Come la bizzarra idea che, scaduti i diritti d’autore, il proprietario del bene ne divenga ipso facto detentore dei diritti di riproduzione.

Come la bizzarrissima l’idea del Tribunale di Firenze per il quale un «diritto all’immagine» (stavolta del povero David) sarebbe dovuto agli oggetti di marmo, legno o tela in quanto muti testimoni dell’identità culturale della Nazione. Magari per rivendicare un diritto del nostro Ministero della Cultura sulla stessa Gioconda, visto che Leonardo in quanto toscano era italiano. Prima con l’immobilismo del secondo dicastero Franceschini e ora con l’attuale avanguardismo, il Ministero sembra essersi ficcato in un bel guaio avendo sfornato «Linee guida per l’uso delle immagini» (leggasi: come fare cassa col nostro patrimonio culturale) che non solo contraddicono le Linee guida che lo stesso Ministero aveva da poco approvato ma che scontentano veramente tutti, compresi tanti funzionari e dirigenti ministeriali i quali com’è ovvio non possono ammetterlo pubblicamente. Un grottesco tariffario evidentemente scritto per utenti di un’era predigitale che ha perfino introdotto una tassa sulla pubblicazione scientifica delle immagini e rispolverato l’antico strumento della censura preventiva (come a Mosca o Teheran).

Non è chiaro che cosa pensi la politica, anche se nei Fratelli d’Italia non mancano i firmatari di una risoluzione che aveva chiesto al precedente Governo di sancire il libero riuso delle immagini di musei, archivi e biblioteche. E la ministra del Turismo, già in tribolazione per conto suo, potrebbe venire inquisita da un tribunale (proprio come quello di Firenze) in quanto l’uso della Venere di Botticelli nella sua campagna «Open to Meraviglia» avrebbe «svilito, offuscato, mortificato» le radici della nostra Nazione. Qualcuno pensa che dovremmo portare la Corte costituzionale a pronunciarsi in difesa dei principi di libertà di espressione, ricerca e iniziativa economica. Il MiC potrebbe fare cassa su ciò che gli compete, cioè l’uso degli spazi del patrimonio pubblico: certi affitti sono palesemente irrisori, quanto i canoni di concessione delle spiagge agli imprenditori balneari. Ma non tassiamo le immagini che non appartengono a nessuno perché appartengono a tutti.

Sull’innocuo puzzle che pubblicizza nel mondo l’immagine dell’Uomo Vitruviano adesso si pronuncerà anche la magistratura tedesca. Vediamo, ma ricordiamo che siamo ancora in attesa che l’Italia applichi la Direttiva europea sul Copyright in favore della massima circolazione delle immagini delle opere in pubblico dominio. Perché il libero uso di un bene comune la smetta di essere materia da aule di tribunale.
 

Daniele Manacorda, 10 luglio 2023 | © Riproduzione riservata

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