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Fausto Pirandello, «Composizione (Siesta Rustica)», 1924-26

Courtesy of Collezione Giuseppe Iannaccone. © Fausto Pirandello Calogero, by Siae 2025

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Fausto Pirandello, «Composizione (Siesta Rustica)», 1924-26

Courtesy of Collezione Giuseppe Iannaccone. © Fausto Pirandello Calogero, by Siae 2025

L’Espressionismo italiano non è ancora finito

Nello Spazio Arca, a Vercelli, una selezione di opere, alcune inedite, della Collezione Giuseppe Iannaccone. Guest star l’artista torinese Norberto Spina 

Durante il ventennio fascista, imperante la retorica di certezze monumentali ed eroi classici dai corpi possenti, nel mondo dell’arte italiana si è fatta largo, in modo forse dimesso, ma di certo duraturo e penetrante, la narrazione di figure marginali e di una quotidianità incupita dai tempi di guerra. L’espressione dei sentimenti. È di questa ricca sensibilità che dà conto la mostra «Guttuso, De Pisis, Fontana... L’Espressionismo italiano» nello Spazio Arca nell’ex Chiesa di San Marco di Vercelli dall’11 settembre all’11 gennaio 2026, curata da Daniele Fenaroli e promossa dal Comune di Vercelli e dalla Fondazione Giuseppe Iannaccone in collaborazione con Arthemisia. 

La mostra è il primo appuntamento di un progetto espositivo quinquennale pensato anche per far dialogare discipline diverse, creando una sinergia tra la storia del luogo, l’arte contemporanea e altre forme di espressione culturale. Ogni anno verra posta l’attenzione su un artista contemporaneo attraverso la relazione con le opere esposte nelle mostre. 

Nella mostra attuale le opere di Renato Birolli, Renato Guttuso, Lucio Fontana, Fausto Pirandello, Aligi Sassu, Emilio Vedova e molti altri, artisti mai allineati al regime fascista, sono state poste in relazione allo sguardo contemporaneo del giovane artista torinese, classe 1995, Norberto Spina. Un racconto visivo, quello di Spina, che muove nella memoria collettiva attraverso ricerche storiografiche e materiali d’archivio, anche personali, attraversando l’iconografia della tradizione popolare italiana in frammenti di ricordi che conducono all’oggi. 

Opere inedite e site specific insieme a lavori già esposti, compreso quello proveniente dalla Royal Academy di Londra, con tanto di telegramma di Benito Mussolini indirizzato al presidente dell’Accademia londinese in occasione dell’esposizione di Arte Italiana del 1930. A guidare il percorso di mostra alcune delle principali opere appartenenti alla sezione storica della Collezione Giuseppe Iannaccone, realizzate tra il 1920 e il 1945. 

Ritratti di persone comuni, come l’elegante Mimise, Maria Luisa Dotti, nobildonna milanese con cui il pittore siciliano «antiborghese» Guttuso condivise la vita («Ritratto di Mimise», 1938) o, sempre a sua firma, il dipinto del mezzo busto, molto introspettivo, del critico d’arte Antonino Santangelo, con mani sproporzionate e volto cupo («Ritratto di Antonino Santangelo», 1942). Scene conviviali quanto inquiete come «Il Caffeuccio Veneziano» (1942) dell’artista, e partigiano, veneziano Vedova, così come il tempo sospeso e privo di azione della «Composizione. Siesta Rustica» (1924-26) del pittore di scuola romana Fausto Pirandello, figlio del grande scrittore Luigi. 

Dal «Nudo in piedi» (1939) di Fontana a «Lo schermidore» (1934) di Angelo Del Bon, passando per «I poeti» (1935) di Birolli, la mostra riunisce quindi un nucleo di opere della Collezione Iannaccone, alcune esposte al pubblico per la prima volta, in cui spiccano artisti riconosciuti come i principali esponenti dell’Espressionismo italiano e che hanno costruito una contro-narrazione silenziosa ma potente, fatta di corpi sbilanciati, nature morte inquietanti, città sognanti, figure ai margini e una disarmante quotidianità, lontana dalla retorica imperante. «È bello vedere come la storia dell’arte ci offra testimonianze di una continua attenzione degli artisti per i sentimenti, le emozioni e le sofferenze degli uomini, ha scritto lo stesso Giuseppe Iannaccone presentando la sua Fondazione costituita nel novembre 2023. Le epoche cambiano, gli artisti si adeguano alle nuove realtà, anche socioeconomiche, creando nuove poesie, ma il cuore dell’uomo non muta e allora scorgo una componente poetica comune in ogni epoca artistica. Amo pensare alla mia collezione come a un unico grande contenitore di (...) storie di vita vissuta, indipendentemente dalla loro epoca storica, che parlano della profondità dell’animo umano, delle sue gioie e delle sue debolezze».

Renato Guttuso, «Ritratto di Mimise», 1938. Courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone. © Renato Guttuso, by Siae 2025

Lucio Fontana, «Nudo in piedi», 1939. Courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone. © Fondazione Lucio Fontana, Milano, by Siae 2025

Sanzia Milesi, 06 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

L’Espressionismo italiano non è ancora finito | Sanzia Milesi

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