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L'avanguardia va all'Oratorio

Stefano Miliani

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Il restauro degli affreschi dei fratelli Salimbeni a San Giovanni Battista rivela sorprendenti soluzioni tecniche adottate dai due pittori in un insieme in cui convivono fiaba e realismo

Da virtuosi della pittura quali erano, per conferire effetti speciali ai loro affreschi nell’Oratorio di San Giovanni Battista a Urbino i fratelli Lorenzo e Jacopo Salimbeni applicarono anche lamine d’oro o frammenti di vetro a figure umane o equine. Hanno individuato quei materiali i tecnici restaurando il ciclo tardogotico dipinto entro il 1416 nel locale della confraternita che narra storie sul santo sulla parete destra, e un’affollata e a tratti concitata Crocifissione sulla parete di fondo.

Il restauro si è concluso a maggio. Soprintendenza e Comune hanno richiesto fondi per intervenire sulla parete sinistra che reca affreschi più tardi, di altra mano e meno spettacolari. Come ha scritto in un recente volume la storica dell’arte della Soprintendenza ai Beni artistici e storici delle Marche che ha guidato la pulitura, Agnese Vastano, «la caleidoscopica vivacità di quei racconti, nei quali la ricerca di acute osservazioni realistiche e l’atmosfera d’incanto di un mondo fiabesco si amalgamano con impeccabile eleganza in un insieme organico, ne fa un testo fondamentale».

Lorenzo era nato nel 1374 a Sanseverino Marche e morì prima del 1420; Jacopo se ne andò dopo il 1427. In un saggio sui fratelli edito da Olschki nel 2008 Mauro Minardi assegnava a Jacopo un ruolo secondario nel lavoro urbinate e Miklós Boskovits, nella prefazione, confermava. Al di là delle gerarchie, «erano eclettici e all’avanguardia, prosegue Agnese Vastano. Con i restauratori di rara sensibilità del consorzio Pragma di Marella Labriola abbiamo ricostruito che in alcune zone applicarono lamine d’oro su una materia granulosa per cui la foglia d’oro appariva come mossa; misero vetri concavi o convessi nei finimenti dei cavalli o negli occhi dei diavoli anche per suscitare la sensazione delle pietre preziose; tracciarono dei solchi con una spatola sul corpo di Cristo che dal basso non si vedono ma danno luminosità al torace».

Il lavoro complessivo, fa sapere la funzionaria, è stato finanziato con 462mila euro dalla Presidenza del Consiglio del 2012 ricavati dai fondi dell’8 per mille cui il Comune poteva accedere.  Preliminare a tutto è stato risanare le strutture: «La confraternita protestava per l’umidità. Dietro c’è una collina: il Comune sta completando le bonifiche strutturali, ha già isolato le acque meteoriche, ha sistemato scoli e tetto, l’immobile è in sicurezza. Era inutile intervenire senza prima consolidare l’edificio».

Quanto alle pitture, presentavano distacchi di intonaco sia profondi sia superficiali: «Abbiamo usato anche normali siringhe da iniezioni, cercando di essere meno invadenti possibile». Infine la Vastano evidenzia che Oratorio e cantiere sono rimasti sempre aperti: «La confraternita non ha perso introiti e i visitatori hanno potuto vedere gli affreschi da vicino e dialogare con i tecnici anche sulla fascia alta grazie ad appositi ponteggi». I restauratori ne parleranno al convegno «Lo stato dell’arte» dal 22 al 24 ottobre al Centro di restauro alla Venaria Reale a Torino.

Stefano Miliani, 28 agosto 2015 | © Riproduzione riservata

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