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«Ohne Titel (aus einem ethnographischen Museum)» (1929), di Hannah Höch (particolare). Amburgo, Museum für Kunst und Gewerbe. © 2023, ProLitteris, Zürich

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«Ohne Titel (aus einem ethnographischen Museum)» (1929), di Hannah Höch (particolare). Amburgo, Museum für Kunst und Gewerbe. © 2023, ProLitteris, Zürich

L’ironia critica di Hannah Höch

Nel Zentrum Paul Klee 60 fotomontaggi sono accostati al cinema d’avanguardia degli anni Venti: «I mass media e il potere delle immagini sono il soggetto della sua arte»

Elena Franzoia

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Con «Hannah Höch. Mondi assemblati», dal 10 novembre al 25 febbraio 2024, lo Zentrum Paul Klee rende omaggio a una delle inventrici del collage, accostando per la prima volta in una grande mostra il suo lavoro pionieristico al cinema d’avanguardia degli anni Venti. Hannah Höch (1889-1978) iniziò nel 1918 a comporre le sue opere utilizzando ritagli di giornali e riviste, tecnica alla quale rimase fedele fino alla fine della sua lunga e trasgressiva esistenza.

Realizzata in partnership con il Belvedere di Vienna, dove sarà allestita dal 21 giugno al 6 ottobre 2024, la mostra è stata curata, con la collaborazione di Kai-Inga Dost, da Martin Waldmeier, che afferma: «Abbiamo la straordinaria opportunità di esporre l’opera di una delle protagoniste più interessanti e complesse dell’avanguardia tedesca degli anni Venti, unica donna a far parte del movimento Dada berlinese. Tuttavia il lavoro di Hannah Höch va ben oltre, spingendosi a interagire con il Surrealismo, la cultura popolare, il cinema in generale e soprattutto quello di avanguardia. Ciò che rende oggi Höch così interessante non sono solo lo spirito critico e l’inimitabile, acuta ironia, ma anche l’essere stata una delle prime artiste a rendere i mass media e il potere delle immagini il soggetto della propria arte, diventando una pioniera dell’arte concettuale e critica contemporanea».

La mostra ruota attorno a due macrotemi: il concetto di «film su carta» e il montaggio come esaltazione del potere delle immagini. Fulcro della mostra sono 60 fotomontaggi appartenenti a tutte le fasi della produzione dell’artista, dagli esordi espressionisti alle tendenze surrealiste successive alla seconda guerra mondiale quando, anche a causa di depressione e solitudine, il suo soggetto preferito divenne il mondo naturale e in particolare il suo giardino.

«Il particolare metodo di “assemblaggio” di elementi tratti dalla cultura di massa, chiamato dai dadaisti “montaggio”, nacque nell’ottica del rapido progresso tecnologico seguito alla prima guerra mondiale, precisa ancora Waldmeier. Hannah Höch affrontò temi sociali e politici come il potere mediatico, il rapporto tra uomo e macchina e i ruoli di genere, realizzando opere che nonostante il carattere narrativo rimangono enigmatiche e contraddittorie, e definendo un linguaggio innovativo, all’intersezione tra sperimentazione artistica, uso commerciale e appropriazione politica». Quindici spazi organizzati tematicamente inseriscono le opere di Höch nel contesto del loro tempo, accostandole a capolavori di Pablo Picasso, Kurt Schwitters, Fernand Léger e Vasilij Kandinskij, di cui 15 appartenenti alle collezioni del Kunstmuseum Bern. La mostra propone anche la proiezione di 12 capolavori del cinema firmati tra gli altri da Hans Richter e László Moholy-Nagy, di cui Höch era amica, oltre ovviamente a opere fondamentali dell’artista tedesca come «Fluch» (1931), «Eule mit Lupe» (1945) e «Friedensengel» (1958).

«Ohne Titel (aus einem ethnographischen Museum)» (1929), di Hannah Höch (particolare). Amburgo, Museum für Kunst und Gewerbe. © 2023, ProLitteris, Zürich

Elena Franzoia, 08 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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