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In quali mani è l’insegnamento

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Giorgio Bonsanti

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Una Commissione a garanzia della futura qualità del restauro

Si chiama Commissione per le attività istruttorie finalizzate all’accreditamento delle istituzioni formative e per la vigilanza sull’insegnamento del restauro. È interministeriale, formata paritariamente da membri di nomina Mibact e Miur (cinque e cinque; più il presidente, nominato d’intesa dai due ministri). È stata istituita con l’art. 5 del decreto legge n. 87 del 29 maggio 2009. Quel provvedimento faceva opportunamente seguito al precedente n. 86 (che definiva le caratteristiche della moderna figura del restauratore), stabilendo il percorso formativo attraverso il quale si diventa collaboratori-restauratori e restauratori. 

Mentre i concorsi da poco espletati (per qualificare i collaboratori-restauratori) o in via di svolgimento (per qualificare i restauratori) sistemeranno le situazioni pregresse, il provvedimento del 2009 stabilisce che da allora in avanti si diventa restauratori unicamente a seguito di un percorso quinquennale, consistente in una laurea magistrale strutturata in trecento crediti formativi, o in un diploma a essa equivalente. Qualunque soggetto perciò, pubblico o privato che sia, oltre alle scuole dell’Iscr, dell’Opd e dell’Icrcpal (non è uno scioglilingua ma l’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario), a norma di Costituzione della Repubblica che prevede libertà di insegnamento, potrà aprire scuole di restauro, purché dimostri di rispondere ai requisiti di cui agli artt. 2-5 del decreto in questione. Le condizioni necessarie riguardano «Criteri e livelli di qualità del percorso formativo» (art. 2), «Caratteristiche del corpo docente» (art. 3), e altri «Requisiti per l’accreditamento» (art. 4). 

L’art. 5 già nominato, invece, istituisce la Commissione per le attività istruttorie, che dovrà svolgere sostanzialmente due compiti: quello di esaminare le candidature presentate per l’insegnamento, e quello di vegliare affinché vengano mantenuti nel tempo i requisiti posseduti e valutati in prima istanza, consistenti nell’individuazione delle strutture e dotazioni tecniche disponibili; l’indicazione del personale docente, amministrativo e tecnico; i regolamenti del percorso formativo; il piano finanziario; le disponibilità e modalità di reperimento dei manufatti per le attività tecnico-didattiche (che almeno per l’80% devono essere beni tutelati). L’attività della Commissione si conclude, caso per caso, con una proposta di accettazione o diniego ai due ministri (mentre ovviamente la decretazione appartiene tipicamente alla loro funzione). Non è una responsabilità da poco, se si fa mente locale; dal funzionamento della Commissione dovrebbe in ultima analisi dipendere la qualità del restauro italiano nel futuro, anche perché essa può proporre «ai Ministeri suddetti gli eventuali aggiornamenti dei criteri e livelli di qualità cui si adegua l’insegnamento del restauro». Particolarmente impegnativo appare anche il compito di verifica e controllo, che richiede la disponibilità a recarsi periodicamente sul posto delle istituzioni accreditate (23 al 6 febbraio 2015). 

Appare evidente che la Commissione debba lavorare in spirito costruttivo e collaborativo e che le istituzioni debbano accettarne di buon grado osservazioni e suggerimenti; il fine comune è quello della miglior formazione dei nostri studenti nel restauro ai fini della loro spendibilità nel nostro Paese e nel contesto internazionale. 

Ha terminato la propria attività la prima Commissione, attiva fra 2010 e 2015 e presieduta da Marisa Dalai Emiliani. 

I due Ministeri stanno dunque procedendo a formare la successiva, che sarà presieduta dall’estensore di queste righe.

Giorgio Bonsanti, 20 giugno 2016 | © Riproduzione riservata

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