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«Susanna e i vecchioni» (1610), di Artemisia Gentileschi (particolare). Kunstsammlungen Graf von Schönborn Pommersfelden

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«Susanna e i vecchioni» (1610), di Artemisia Gentileschi (particolare). Kunstsammlungen Graf von Schönborn Pommersfelden

Il talento di Artemisia Gentileschi in oltre 50 opere

Le dieci sezioni della mostra a Palazzo Ducale approfondiscono le vicende familiari e gli aspetti personali che hanno segnato la vita e la carriera della pittrice romana

Margherita Fochessati

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I saloni dell’Appartamento del Doge di Palazzo Ducale ospitano dal 16 novembre al primo aprile 2024 la mostra «Artemisia Gentileschi. Coraggio e passione», a cura di Costantino D’Orazio, promossa e organizzata da Arthemisia con Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, Comune di Genova e Regione Liguria.

Artista dalle vicende personali e professionali travagliate, negli ultimi cinquant’anni la figura di Artemisia Gentileschi ha destato un sempre crescente interesse che, come sottolinea D’Orazio, «si è concentrato prevalentemente sugli eventi drammatici che l’hanno vista protagonista, sulla sua vita non convenzionale, ponendo in secondo piano una ricerca e uno studio attento della sua produzione». È solo negli ultimi anni che si è venuta a sviluppare «un’attenzione nuova nei confronti del suo lavoro, una riscoperta del suo ruolo non esclusivamente nel contesto dell’arte femminile, ma all’interno della scena artistica e culturale dell’Italia del Seicento». L’ampiezza della sua bottega a Napoli testimonia infatti come «in particolare nel contesto napoletano, la produzione di Artemisia abbia fatto scuola».

La storia e il talento della figlia di Orazio Gentileschi sono raccontati lungo un percorso suddiviso in dieci sezioni che approfondiscono le vicende familiari e gli aspetti personali che hanno segnato la vita e la carriera della pittrice romana, ponendo l’accento sul suo ruolo di brillante interprete della sensibilità dell’epoca. L’intento della rassegna, spiega il curatore, è di «analizzare la grandezza dello stile della pittura di Artemisia che risiede principalmente nella sua capacità di riprodurre le emozioni. Se dal padre ha ereditato una sopraffina tecnica pittorica legata essenzialmente alla trattazione dei tessuti, della luce che si riflette sui panneggi che adornano le figure, Artemisia si differenzia da Orazio esprimendo l’intensità e la pluralità degli sguardi e delle espressioni dei protagonisti delle sue opere».
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Attraverso oltre 50 opere, provenienti da Europa e Stati Uniti, la mostra offre uno sguardo sull’intero percorso di Artemisia, dagli esordi alla maturità. Prendendo avvio dal confronto tra due capolavori realizzati in fasi diverse della vita, la «Susanna e i vecchioni» (1610) delle Kunstsammlungen Graf von Schönborn di Pommersfelden, prima opera datata e firmata da Artemisia, in cui è ancora ravvisabile l’intervento del padre, e la «Susanna e i vecchioni» conservata alla Moravská Galerie di Brno, dipinta dalla sola artista trent’anni dopo, la mostra ripercorre i mutamenti nella produzione e nello stile della pittrice, dalla progressiva emancipazione nei confronti della maniera di Orazio all’acquisizione di un linguaggio personale.
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Fonte d’ispirazione reciproca, il rapporto tra padre e figlia è espresso attraverso diverse opere dipinte da Orazio Gentileschi di cui è sempre Artemisia la modella, dalla «Madonna col Bambino» dei Musei di Strada Nuova di Genova alla «Sibilla» del Museum of Fine Arts di Houston. Artemisia è rappresentata anche nell’affresco a quattro mani realizzato da Orazio e da Agostino Tassi nel Casino delle Muse nel Palazzo Pallavicini Rospigliosi, commissionato dal cardinale Scipione Borghese nel 1611 e ricostruito in realtà virtuale.

La rassegna affronta inoltre l’episodio della violenza subita da Artemisia perpetrato da Tassi, sfociato nel processo per stupro del 1612, di cui sono esposti gli atti ufficiali concessi dall’Archivio di Stato di Roma, vicenda che segnò profondamente l’artista che da quella data dipingerà prevalentemente eroine femminili: la «Giuditta e la sua ancella con la testa di Oloferne» del Museo di Capodimonte di Napoli e la «Giuditta e Oloferne» della Fondazione Carit di Terni sono alcune delle opere esposte che testimoniano questa fase della sua carriera. È eccezionalmente esposta (fino all’8 gennaio 2024) anche l’«Allegoria dell’Inclinazione» che Artemisia dipinse per Casa Buonarroti a Firenze nel 1616, per la prima volta esibita fuori dalla sua sede naturale.
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Margherita Fochessati, 14 novembre 2023 | © Riproduzione riservata

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