Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Image

Il porto franco di Ginevra

Guilhem Vellut via Wikimedia Commons

Image

Il porto franco di Ginevra

Guilhem Vellut via Wikimedia Commons

Il ritorno dei collezionisti nei porti franchi

Le aree franche a fiscalità agevolata si affermano come mete privilegiate per chi desidera sottrarsi a dazi e nuove normative europee

L’incremento dei dazi doganali e il moltiplicarsi delle normative, l’instabilità geopolitica e gli eventi climatici estremi, a detta di esperti del settore, spingono un numero crescente di collezionisti a trasferire le proprie opere d’arte e oggetti di valore all’interno di freeport e zone franche, ambienti sicuri e fiscalmente vantaggiosi.

Alexandre Ducamp, direttore generale della società di logistica svizzera Natural le Coultre, che gestisce gran parte del Freeport di Ginevra, osserva: «Abbiamo registrato un netto incremento della clientela negli ultimi tre anni». Questo aumento, spiega, ha avuto origine con l’invasione dell’Ucraina: «Il conflitto ha giocato un ruolo determinante nel convincere molti collezionisti a trasferire le proprie collezioni nei freeport, in particolare in quello di Ginevra. Da allora, la situazione mondiale si è aggravata: guerre diffuse, instabilità politica ed economica in molteplici regioni. I dazi della cosiddetta “Giornata della Liberazione” annunciati dal Presidente Trump il 2 aprile non fanno che accrescere l’incertezza». E aggiunge: «Affidare oggetti di pregio a un contesto sicuro e stabile come la Svizzera offre una tutela ormai rara... E considerato che la congiuntura non lascia presagire miglioramenti a breve, riteniamo che i collezionisti continueranno a prediligere paesi stabili per custodire le proprie opere».

Fritz Dietl, fondatore e proprietario del Delaware Freeport nonché della società di trasporto d’arte Dietl, conferma che l’incertezza legata ai dazi e al clima d’instabilità globale favorisce in particolare i freeport situati in Svizzera (Ginevra, certo, ma anche Zurigo, Basilea e Chiasso), nazione tradizionalmente neutrale e fiscalmente accogliente: «La Svizzera, specie di questi tempi, è percepita come porto sicuro».

Il Delaware Freeport e la zona di libero scambio adiacente (Ftz), dove le merci possono essere trattenute esentasse prima dello sdoganamento, stanno anch’essi registrando un’impennata di richieste. I clienti cercano di evitare o posticipare il pagamento di dazi su categorie particolarmente colpite: design, arredi e alcuni oggetti d’antiquariato (gravati da un ulteriore 10% oltre ai dazi ordinari), articoli contenenti acciaio o alluminio (con sovrattasse del 10% o 25%), e manufatti cinesi, con un 7,5% per gli oggetti antichi e 25% per i mobili. (A partire dal 14 maggio, Stati Uniti e Cina hanno concordato una riduzione temporanea delle tariffe reciproche per 90 giorni, incluso un dazio del 20% legato al fentanyl). «Attualmente assistiamo senza dubbio a un aumento delle spedizioni indirizzate alla zona di libero scambio», dichiara Dietl a «The Art Newspaper». Le richieste sono aumentate in modo esponenziale: «Ora discutiamo settimanalmente, se non quotidianamente, di questa possibilità con i clienti; un tempo erano casi rari». Sottolinea anche un «afflusso significativo di beni che restano stabilmente nella Ftz».

Secondo Dietl, i clienti sono oggi «estremamente ansiosi e nervosi». E cita ad esempio un collezionista che, dopo aver acquistato oggetti d’antiquariato cinese al Tefaf Maastricht in marzo, ha annullato la transazione in seguito ai dazi annunciati da Trump ad aprile. «Abbiamo clienti che avevano già importato mobili di design di alta gamma, acquistati prima dell’introduzione dei dazi, e che hanno dovuto sostenere costi doganali pari a 200mila dollari». Il mercato delle opere d’arte cinesi, afferma, si è pressoché paralizzato dal 2019, quando furono introdotte le prime tariffe ridotte.

Nonostante tutto ciò, la società di spedizioni di Dietl non ha però rilevato un diradamento significativo delle gallerie statunitensi in merito alle spedizioni dirette ad Art Basel. Del resto, se c’è un Paese dove oggi conviene operare, quello è la Svizzera. E Dietl aggiunge: «Se c’è un lato positivo nel caos che stiamo vivendo, è che i costi di spedizione stanno diminuendo: le sovrattasse per il carburante sono in calo a causa della riduzione del prezzo del petrolio, e la capacità di carico aereo sta aumentando a causa del calo della domanda globale».

Anche Francis Petit, direttore della sede newyorkese della società logistica Gander & White, conferma che, pur essendo le spedizioni verso Art Basel in linea con gli anni precedenti, molti clienti stanno scegliendo di lasciare le opere nel limbo. «Numerosi acquirenti, dopo aver acquistato opere da galleristi o case d’asta europee, optano per la conservazione temporanea degli oggetti in attesa di una risoluzione favorevole della questione dazi. Stanno “giocando d’anticipo”, guadagnando tempo. La pressione finanziaria esercitata dai dazi ha reso più diffusa questa strategia, anche ricorrendo ai freeport europei».

 

Le crescenti regolamentazioni europee

Edouard Gouin, amministratore delegato e cofondatore della società logistica Convelio, ritiene che, per il commercio dell’arte, la normativa europea 2019/880 (che entra in vigore questo mese) possa risultare ancora più problematica dei dazi statunitensi. La norma impone che si presentino le prove d’esportazione dal Paese d’origine per qualunque bene culturale importato nell’Unione Europea. «Abbiamo avuto casi riguardanti collezioni private di notevole rilevanza, accresciutesi nel corso di generazioni, che mancavano di una documentazione di provenienza completa, spiega Gouin. Diversi collezionisti stanno prendendo seriamente in considerazione giurisdizioni alternative per lo stoccaggio delle opere. I nomi ricorrenti? Ginevra, Lussemburgo, Singapore o magazzini doganali nel Regno Unito».

Secondo Gouin, la conseguenza sarà una contrazione dell’offerta, poiché i venditori si sposteranno verso giurisdizioni più favorevoli, paralizzando la liquidità del mercato europeo. I porti franchi  e i magazzini doganali in paesi extra UE (come Regno Unito, Svizzera, Lussemburgo e Singapore) beneficeranno quindi di un lieve incremento della domanda logistica, benché anch’essi saranno soggetti a controlli più stringenti.

Katalin Andreides, avvocato specializzato in diritto dell’arte presso lo studio Andreides Law a Roma, segnala che alcuni clienti hanno sospeso le transazioni a causa dell’incertezza attuale. «Alcune giurisdizioni un tempo considerate rifugi sicuri per custodire collezioni d’arte potrebbero non essere più percepite come tali, osserva. L’aumento dei controlli da parte delle autorità, inclusi obblighi di trasparenza sulla proprietà dei beni, contribuisce a erodere la fiducia dei collezionisti. È prevedibile che un numero crescente di collezionisti consideri il trasferimento delle opere in porti franchi, laddove possibile. Alcuni freeport europei stanno già sperimentando un aumento dell’utilizzo, a seguito dei cambiamenti post Brexit»

Anche Till Vere-Hodge, responsabile dell’area arte e beni culturali dello studio legale londinese Payne Hicks Beach, afferma che «la possibilità di collezionare arte con fiducia e una certa riservatezza viene sempre più erosa da spinte contrastanti, spesso ideologicamente motivate». Da un lato, vi è «una tendenza al nazionalismo economico e al mercantilismo, con dazi e politiche competitive tra Stati», e dall’altro «politiche ispirate da ideali morali, ma scarsamente consapevoli delle ricadute pratiche». Vere-Hodge conclude: «Le camere d’eco di una semplificazione eccessiva, da entrambe le parti dello spettro politico, sembrano destinate a imporre al mercato dell’arte ulteriori conseguenze indesiderate e regolamentazioni mal concepite».

 

Eventi climatici estremi

Negli Stati Uniti, infine, si fa strada una nuova fonte di inquietudine: il cambiamento climatico. Dopo i devastanti incendi che  a gennaio hanno colpito Los Angeles, cresce la preoccupazione per gli eventi meteo estremi. Rosemary Ringwald, responsabile della pianificazione artistica presso Bank of America Private Bank, osserva: «Si è ampliata l’offerta di depositi dotati di sistemi antincendio, controllo climatico e misure di sicurezza elevate». Tuttavia, invita alla cautela: «Trasferendo un’opera da uno Stato americano a un altro, si può incorrere in una cosiddetta “use tax”». Attualmente solo cinque Stati (Oregon, Delaware, Montana, New Hampshire e Alaska) sono esenti da imposte sulle vendite o sull’uso. «I porti franchi possono rappresentare una valida opzione, afferma Ringwald, a patto che siano ubicati in uno di questi cinque Stati per evitare il prelievo fiscale».

Alla luce dell’intensificarsi dei disastri naturali, i costi assicurativi sono in costante aumento, e la protezione assoluta di una collezione è ormai quasi un’utopia. «Pochi collezionisti hanno provveduto a trasferire le proprie opere durante gli incendi di gennaio: nessuno si aspettava un impatto simile, né la rapidità devastante dell’avanzata del fuoco, conclude Ringwald. D’ora in avanti, presumo che chi possiede opere in aree a rischio ambientale valuterà seriamente l’opzione di depositi altamente protetti per i propri beni più preziosi».

Anna Brady, 20 giugno 2025 | © Riproduzione riservata

Altri articoli dell'autore

Il parere di Pierre Valentin, avvocato di Londra specializzato in diritto dell’arte, sulle norme che entreranno in vigore alla fine del mese: «Il regolamento scoraggerà l’introduzione di beni culturali non europei nell’UE, con una conseguente perdita culturale per le generazioni future»

 

Yan Du Projects, voluto da una collezionista e filantropa cinese, inaugurerà a ottobre a Londra, in Bedford Square, con una mostra di dipinti di Duan Jianyu

Un tempo appartenuto al primo primo ministro britannico Robert Walpole, il dipinto sarà venduto l'1 luglio 2025 con una stima di 20 milioni di sterline

La giornalista e collezionista Niomar Moniz Sodré Bittencourt, fondatrice del Museo d’Arte Moderna di Rio de Janeiro, fu esiliata dopo essersi espressa contro la dittatura militare brasiliana

 

Il ritorno dei collezionisti nei porti franchi | Anna Brady

Il ritorno dei collezionisti nei porti franchi | Anna Brady