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Dieci bronzi sono esposti fino al 27 maggio da Peter Freeman a New York
Nato nel 1858, Medardo Rosso appartiene solo anagraficamente all’Ottocento. In realtà è stato il primo, grande scultore della modernità: lo provano non solo le sue opere, portatrici di una radicale novità nel panorama della scultura ottocentesca, ma anche il gran numero di artisti delle generazioni successive, da Boccioni a de Kooning, da Fontana a Schütte, da Dubuffet e Bourgeois a Juan Muñoz (e molti altri), che hanno dichiarato il loro debito con lui.
Dieci suoi bronzi sono esposti fino al 27 maggio da Peter Freeman a New York nella mostra «Medardo Rosso: Ten Bronzes», realizzata dalla galleria newyorkese (e parigina) e da Amedeo Porro Fine Arts, Lugano/Londra, la prima rassegna mai dedicata ai soli bronzi di questo artista celebrato soprattutto per le cere, ma che alle fusioni, seguite personalmente, dedicava l’identica creatività, arrivando addirittura a incorporare metalli diversi sulle superfici: rendeva così ogni scultura un pezzo unico, com’è provato in mostra dal confronto tra due fusioni di «Malato all’ospedale», 1889.
Il percorso si apre con «Sagrestano» e «La Ruffiana», ancora del periodo milanese, e si chiude con lo sconvolgente «Ecce Puer», un «fantasma della forma» (Mola-Vittucci) che fu l’ultimo soggetto dei 35 a cui lavorò.
Dal 23 giugno al 23 luglio una scelta di bronzi, con l’aggiunta di due capolavori in cera (il «Bambino ebreo», già collezione Luigi Ravenna, e il «Bambino al sole», già collezione Meek), sarà a Londra da Amedeo Porro at Trinity Fine Art, nella London Art Week.
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