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Uno dei dipinti della serie «Nada» di Thierry De Cordier alla Fondazione Prada a Milano

© Photo Agostino Osio - Courtesy of Fondazione Prada

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Uno dei dipinti della serie «Nada» di Thierry De Cordier alla Fondazione Prada a Milano

© Photo Agostino Osio - Courtesy of Fondazione Prada

Il nulla salvifico di Thierry De Cordier

Il re seminudo • Alla Fondazione Prada di Milano le grandi tele dell’artista belga invitano alla riflessione e alla meditazione in controtendenza con il mondo di oggi

Fino al 29 settembre alla Fondazione Prada di Milano «Nada» di Thierry De Cordier è uno dei migliori progetti espositivi visti negli ultimi anni. L’artista belga (1954) è il più efficace antidoto al narcisismo collettivo che affligge la nostra epoca. In un mondo che corre e celebra la performance personale come unico modo di presentarsi ed esistere, «Nada» è salvifico, sublime in senso morale, estetico, intellettuale. Le opere esposte trasmettono un sentimento di grandezza, potenza ed elevazione spirituale. La sparizione, l’assenza come gesto definitivo, ultimo, immenso. 

De Cordier fa pochissime mostre, centellinate apparizioni, e già poterne vedere una così importante è un’occasione imperdibile. Le dieci tele, dipinte tra il 1999 e il 2025, sono il frutto di una lunga meditazione e riflessione filosofica a testimonianza, come si legge nel quaderno stampato per l’occasione, della finitezza della nostra esistenza, la condizione del nulla, chiaramente annunciata nel titolo «Nada», ispirato dalla figura del frate carmelitano spagnolo del XVI secolo Giovanni della Croce, poeta mistico e teorico della dottrina ascetica del «Nada y Todo» (Nulla e Tutto). Vi è l’affondo, l’amore dichiarato, per quel Seicento spagnolo e fiammingo popolato da immensi pittori come Velázquez, Zurbarán, Ribera, Rubens e molti altri. Il Barocco come teatro del mondo diviene teatro delle emozioni e il nero, in tutte le sue varianti, è la scena dove tutto accade. Si percepisce la cristallina certezza che i miti divengono marmorea forma nella narrazione e percezione collettiva; nascono in contesti come questo i capolavori, bisogna però essere molto attenti alle definizioni. 

Come scriveva Giorgio Manganelli, non c’è travestimento più perfetto del capolavoro e De Cordier ce lo dimostra poiché la trascendenza delle dieci opere esposte elimina l’etichetta portandoci altrove, a riflettere, a meditare, sul trascorrere del tempo, sulle emozioni. Questi campi di colore, apparentemente monocromi ma scanditi da variazioni minime, sono i secoli nei quali cambia il tempo. Partendo dal tempo della chiesa, al tempo ciclico, al tempo dell’eternità. Si è tentato di codificare il tempo in pittura con parole e geometria al fine di creare forme simboliche ed eterne. La rissa tra parole e numeri qui svanisce per liberare del tutto lo spirito, la possibilità di filosofare. Non esserci per esistere, che cosa c’è di più affascinante e radicale? 

Questi sono gli artisti che amiamo, i grandi costruttori di silenzio. Le opere esposte divengono ambiente inaspettatamente lieto per una propria delicata solitudine, anche se può tramutarsi in qualsiasi momento in campo di battaglia mentale. «Nada» è una mostra che, se vista al crepuscolo, regala sensazioni difficilmente esplorabili oramai in qualsiasi museo o spazio espositivo, sprigiona un aroma di eterno nel quale il sacro, ossia l’inviolabile, l’intoccabile, separato dal mondo profano, pervade ogni cosa. Emerge un desiderio impossibile: poter avere per sempre a disposizione un luogo così per sanificare i nostri pensieri, la nostra anima. 

Alberto Salvadori, 11 settembre 2025 | © Riproduzione riservata

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