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Il mercato di Londra diventerà come la Svizzera

Giro di opinioni sul dopo Brexit tra gli addetti ai lavori del Regno Unito

Gareth Harris

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Stando a quanto dichiarano mercanti e professionisti del settore, i quali sottolineano che Londra si sta dimostrando particolarmente forte, il mercato dell’arte della Gran Bretagna per il momento resiste alla tempesta dopo la decisione di lasciare l’Unione europea dopo il referendum di giugno (cfr. n. 366, lug.-ago. ’16, p. 1). Ma altri protagonisti sono preoccupati per l’impatto a lungo termine e si chiedono che cosa farà il Governo per fronteggiare la situazione.

«In quanto metropoli multiculturale e cosmopolita Londra non ha rivali ed è difficile per chiunque intravedere un’alternativa valida in Europa», dichiara il consulente d’arte Hugo Nathan, cofondatore dello studio di consulenza londinese Beaumont Nathan. «La sensazione generale è che il mondo non finirà dopo la Brexit», afferma Jack Bell, mercante londinese specializzato in arte africana contemporanea.

Sia Christie’s sia Sotheby’s dicono di non avere in programma il trasferimento di nessuna delle loro attività verso il continente. «Nei prossimi mesi lavoreremo a stretto contatto con il Governo e le altre istituzioni nel mondo del commercio. Una volta che il processo politico si farà più chiaro, allineeremo la nostra condotta ai nuovi modelli legislativi», dichiara una portavoce di Christie’s.

L’eventualità che il Governo inglese riesca a garantire una buona Brexit al mercato dell’arte britannico, però, è un altro paio di maniche. «Al momento non ci sono state indicazioni che il Governo consideri il mercato dell’arte come qualcosa per cui vale la pena combattere, il che è allarmante vista l’importanza dei prossimi negoziati», dice lo storico dell’arte e mercante di Edimburgo Bendor Grosvenor. «Chi pensa che sia sufficiente presentare una semplice “wish list”, come se non fossimo in competizione con altre lobby e interessi, è ingenuo». Il Department for Culture, Media and Sport (l’ufficio governativo britannico competente) non ha commentato.

Resta da valutare l’impatto sul sistema fiscale attualmente regolato dall’Ue. COme per l’Iva sull’importazione, attualmente al 5% nel Regno Unito contro il 6% nella maggioranza degli altri Stati dell’Unione. 

Il Regno Unito dovrebbe in teoria avere la libertà di rifiutare le tariffe forfettarie imposte dall’Ue e potrebbe decidere di abolire l’Iva sull’importazione di arte, o potrebbe invece optare per un più complesso sistema di tariffe, che dipenderà dal suo livello di accesso al mercato unico dell’Unione.

«L’Iva sull’importazione attualmente viene pagata solo dai mercanti che vendono un’opera importata all’interno della Ue. Se questa viene riesportata, come accade spesso, non si pagano tasse. Ma è possibile detenere le opere importate temporaneamente, solo per un certo periodo», spiega Guy Stair Sainty, mercante e specialista di pittura antica europea. «Se il Governo non abolisce l’Iva sull’importazione, prenderò in considerazione l’idea di andarmene dal Regno Unito perché il 95% del mio inventario viene dalla Ue, il che significa che dovrebbe essere vincolato o in importazione temporanea», aggiunge.

L’avvocato esperto d’arte Pierre Valentin, che opera a Londra, spiega che spostare le opere dal Regno Unito all’Ue potrebbe far scattare l’Iva sull’importazione quando entrano in Europa. «Se succedesse, scoraggerebbe i cittadini europei a comprare arte nel Regno Unito».

Un altro tema controverso, affrontato dall’Ue, è il diritto di rivendita degli artisti (Diritto di seguito in Europa, Artists’ Resale Right in Gran Bretagna). Dal 2011, mercanti e case d’asta negli Stati membri, compreso il Regno Unito, devono versare agli eredi o agli «estates» degli artisti deceduti negli ultimi settant’anni fino al 4% del prezzo di vendita di opere scambiate a più di mille euro. Diversi professionisti britannici, convinti che questa legge sia sfavorevole nei confronti di artisti meno noti, ora sperano che venga rivista, anche se artisti e «estates» lotteranno per mantenere queste royalty.

Nathan evidenzia anche la preoccupazione per la potenziale mancanza di libertà di artisti e gallerie di ricollocarsi liberamente tra Londra e l’Ue, sottolineando la crescente polarità tra il mercato dell’arte primario e quello secondario: «Potremmo assistere a una crescita del mercato secondario e a una sofferenza di quello primario. In definitiva sono i collezionisti che guidano il mercato e le attuali fluttuazioni potrebbero avere proprio su di loro l’impatto più forte».

Gareth Harris, 11 ottobre 2016 | © Riproduzione riservata

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