Image

Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine

Una veduta della mostra «Design e cotidiano na Coleção Azevedo Moura» al Museu do Ipiranga di San Paolo

Photo Helio Nobre. Courtesy Museu do Ipiranga

Image

Una veduta della mostra «Design e cotidiano na Coleção Azevedo Moura» al Museu do Ipiranga di San Paolo

Photo Helio Nobre. Courtesy Museu do Ipiranga

Il design del quotidiano dalla fusione di Europa e Brasile

L’emigrazione italiana e tedesca verso il Sud America portava nel nuovo mondo le proprie tradizioni, anche artigianali. Una mostra al Museu do Ipiranga di San Paolo ne ripercorre la storia attraverso la collezione Azevedo Moura

Matteo Bergamini

Leggi i suoi articoli

La prima nave che salpò da Genova alla volta del Brasile, precisamente per Vitória (capitale dello Stato di Espírito Santo, a sud del Paese, Ndr) risale al 1874. Qui, il primo gruppo di migranti, in gran parte contadini, si stabilì nella colonia di Nuova Trento. Fu però negli anni successivi, dalla metà degli anni ’80 fino ai primi del Novecento, che nel Paese sudamericano arrivarono più di 500mila migranti, determinando una delle più vaste «diaspore lavorative» dello scorso millennio. Oltre a Espírito Santo, furono anche gli Stati di San Paolo, Santa Catarina e Rio Grande do Sul a ricevere la nuova manodopera rurale, incentivata nell’intraprendere il viaggio per «una vita migliore» dalle politiche coloniali e espansive promulgate da re Umberto I.

Quel che successe, però, è noto: quasi nessuno riuscì a tornare a casa più ricco (come reclamizzavano anche gli slogan dell’epoca); tutti rimasero «ostaggi» nella nuova terra, scottati dal sogno infranto dell’Eldorado moderno. Ecco che da allora la discendenza tricolore accompagna anche la storia economica del Brasile, rimarcando processi sociali, culturali e, perché no, anche di stile.

È con queste premesse che ci si avvicina a «Design e cotidiano na Coleção Azevedo Moura», ovvero il florilegio di oggetti della coppia Maria Cristina e Carlos Azevedo Moura, raccolti principalmente nello Stato di Rio Grande do Sul in oltre sessant’anni di ricerche di carattere etnografico. A cura di Adélia Borges, il percorso allestito nel Museu do Ipiranga di San Paolo fino al 28 settembre raccoglie oltre 900 pezzi, divisi in varie sezioni, che rimarcano indissolubilmente la connessione tra i Paesi, creando un melting pot di attrezzi quotidiani, strumenti di lavoro, mobilio e anche grafiche e icone.

«La collezione non ha una sede fissa, ma raccoglie qualcosa come 5-6mila pezzi, di cui però diversi sono stati distrutti o persi durante l’inondazione di Porto Alegre del 2024, ci spiega David Ribeiro, curatore istituzionale della mostra e docente del Museu Paulista/Usp. Quelli che erano conservati al Farol Santander, pur protetti, sono rimasti per due mesi in ambienti con una umidità altissima. In questo, l’Istituto di Ricerche Nucleari dell’Università di San Paolo, che si è occupato del restauro dei manufatti e della loro stabilizzazione, è stato fondamentale per il recupero».

L’oggetto che determinò la nascita della raccolta fu una marquesa (una specie di canapè largo, con seduta in impagliato) donata dal nonno all’allora giovane nipote Carlos Azevedo, che da allora non ha mai smesso di frequentare (prima solo, poi con la compagna) le colonie italiane del sud del Brasile, raccogliendo oggetti la cui ricchezza e diversità trattenevano con sé anche un poco di «saudade», la nostalgia per quella terra lontana, al di là dell’Atlantico, che per molti nuovi naturalizzati brasiliani era rimasta solamente un ricordo impossibile. 

Una veduta della mostra «Design e cotidiano na Coleção Azevedo Moura» al Museo di Ipiranga di San Paolo. Photo Helio Nobre. Courtesy of Museu do Ipiranga

E così il design italiano «empirico», come lo è questa collezione basata sul gusto dei coniugi Azevedo Moura, uniti da quasi 60 anni, si è intrecciato e ibridato con la propria nuova appartenenza: oggetti che sarebbero stati realizzati in quercia o in abete nei monti del Trentino vengono riprodotti a sud del Tropico del Capricorno con il legno di araucaria, per esempio, e le casse di legno per contenere aromi e spezie diventano spazi di conservazione del mate, o «chimarrão», la tipica pianta che si sorseggia in varie zone dell’America del Sud, dalla Bolivia al Paraguay, dall’Argentina al sud del Brasile: «Le produzioni di oggetti di origine italiana o tedesca iniziano in quegli anni a dialogare con quelle di altre comunità, incluse quelle dei popoli nativi», ricorda Ribeiro.

Così, quello che salta realmente all’occhio è che, nonostante moltissimi dei manufatti abbiano una relazione molto stretta con alcune delle industrie di origine europea che si radicarono in Rio Grande do Sul o in Santa Catarina, come mobilifici o aziende produttrici di vetri e cristalli, ognuno mantiene una propria originalità, un’aura di forte identità e bellezza, nonostante l’essere «solamente» prodotti di arte applicata, handcrafted. Quelle caratteristiche, insomma, che oggi fanno la differenza e soprattutto il prezzo (come il dettaglio, la finitura, la firma di un designer), qui si ritrovano semplicemente nella veste degli elementi contemporaneamente più necessari e inutili del prodotto: il decoro, il colore, la forma, il colpo di sgorbia che determina un incavo, la bellezza di un carattere, di un tratto di disegno in una cartolina di auguri di Natale o in una veduta di una città, oggi irriconoscibile, del Brasile dell’epoca.

Oltre a un’area dedicata proprio alle immagini d’epoca, come quelle dei matrimoni con la sposa in abito nero (costume tradizionale delle aree baltiche nei secoli scorsi), all’Ipiranga anche porte, sedie, strumenti di lavoro e di cucina, cavalli a dondolo, quadri a tema religioso e sgabelli, questi ultimi veri e propri oggetti multiuso che parlano, ancora una volta, di fusione di culture.

«Questi modelli dialogano strettamente con i cosiddetti sgabelli “caipira” presenti nella nostra collezione, spesso raffigurati anche in dipinti ottocenteschi che raffigurano le zone rurali dello Stato di San Paolo. Sono intrinsecamente legati alla vita contadina, alla campagna, spiega il curatore. Quelli tradizionali hanno sempre un caratteristico foro al centro per afferrarli, ma ciò che affascina è l’universalità di questo oggetto: anche le culture africane hanno sviluppato oggetti per sedersi simili, per quanto, in realtà, sono manufatti multifunzionali, servono come supporti per raggiungere oggetti conservati in alto, sono ripiani improvvisati, diventano tavolini se ci si siede a terra, dimostrando una straordinaria versatilità».

E anche, aggiungiamo noi, una straordinaria bellezza e una sorta di eternità che, appunto, attraversa tempi e geografie. Una caratteristica, questa «funzionalità leggera», che molto spesso pesa sull’attuale design del prodotto, diviso nell’eterna lotta tra funzionalità e estetica. E probabilmente ormai incomparabile con la saggezza e con le storie che attraversavano le mani di chi confezionava gli «oggetti della casa» un secolo e mezzo fa.

Una veduta della mostra «Design e cotidiano na Coleção Azevedo Moura» al Museo di Ipiranga di San Paolo. Photo: Helio Nobre. Courtesy of Museu do Ipiranga

Matteo Bergamini, 24 luglio 2025 | © Riproduzione riservata

Il design del quotidiano dalla fusione di Europa e Brasile | Matteo Bergamini

Il design del quotidiano dalla fusione di Europa e Brasile | Matteo Bergamini