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Patty Pravo su «TV Sorrisi e Canzoni», 4 gennaio 1976

Photo © Angelo Frontoni. © Museo Nazionale del Cinema / CSC-Cineteca Nazionale

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Patty Pravo su «TV Sorrisi e Canzoni», 4 gennaio 1976

Photo © Angelo Frontoni. © Museo Nazionale del Cinema / CSC-Cineteca Nazionale

Il cinema in posa nella Mole Antonelliana

Al Museo del Cinema, Angelo Frontoni e i manifesti d’artista ripercorrono la nascita della società visiva, dall’energia costruttivista di Rodčenko alle icone pop del ’68

Jenny Dogliani

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Il 1968 è un anno di rottura planetaria: le piazze chiedono libertà, diritti e nuova identità, mentre la società dei consumi e dei media trasforma le rivoluzioni in immagini. È insieme il tempo dell’emancipazione e l’avvento di una libertà che impara a mostrarsi, alimentando l’immaginario collettivo a colpi di icone che non rappresentano più l’ideale di una bellezza assoluta ma la sua ostentata trasgressione. E così anche l’Italia scopre la libertà del corpo, l’ambiguità del desiderio, la forza seduttiva dell’immagine. Angelo Frontoni ne è stato uno dei fotografi più lucidi e spregiudicati: elegante e artificioso, sensuale e ironico, il suo sguardo trasforma l’immagine in un dispositivo di racconto.

Patty Pravo, simbolo di una femminilità che sfida le regole, esce dalla bocca di uno squalo trasformando l’eccentricità in potere. Le Kessler incarnano l’idea di un corpo collettivo e disciplinato, emblema della televisione che sincronizza e normalizza il desiderio. Monica Vitti scardina l’immagine della diva classica, sostituendo alla perfezione la consapevolezza di sé, mentre Renato Zero trasforma l’ambiguità in linguaggio, anticipando una libertà di genere che il Paese non era ancora pronto a nominare. Ogni scatto è una messa in scena, un piccolo teatro in cui la società italiana misura la distanza tra ciò che è e ciò che sogna di essere. Sono alcune tra le 200 fotografie esposte al Museo Nazionale del Cinema nella mostra «Pazza Idea. Oltre il ’68: icone pop nelle fotografie di Angelo Frontoni», fino al 9 marzo 2026. Curata da Carlo Chatrian con Roberta Basano e Elena Boux, l’esposizione è costituita da una selezione di immagine dell’Archivio Frontoni, acquisito dal museo nel 2004. Lungo la rampa elicoidale, ritratti e ingrandimenti scandiscono una narrazione che mescola musica, luci e suggestioni televisive, ricreando l’atmosfera di uno studio Rai di fine anni Settanta. 

Un mondo separato solo da pochi decenni, ma distante anni luce dal Novecento descritto dalla mostra «Manifesti d’artista», visibile fino al 22 febbraio 2026. Una selezione di manifesti cinematografici di grande valore storico e artistico: dal Futurismo di Prampolini e Scarpelli, che negli anni Venti sperimentano la scomposizione del movimento sulla carta, all’eleganza grafica di Toddi e Vera D’Angara negli anni Trenta e Quaranta, fino alla vitalità pittorica di Enrico Baj e Renato Guttuso, che tra gli anni Sessanta e Settanta trasformano il manifesto in dichiarazione d’autore. Tra i capolavori in mostra il manifesto di Aleksandr Rodčenko per «La corazzata Potëmkin» (1925), icona del Costruttivismo sovietico. L’artista riduce la scena al suo nucleo visivo: linee diagonali, volto che urla, tutto è dinamismo e tensione. È il cinema tradotto in grafica pura, un’esplosione di energia rivoluzionaria che trasforma la propaganda in linguaggio moderno. La mostra non si limita a ricostruire un percorso stilistico: documenta come il manifesto sia stato una delle forme più potenti di espressione visiva del Novecento, in grado di unire ideologia, estetica e comunicazione di massa.

Museo Nazionale del Cinema, Via Montebello 20, To, lun 9-19, mer-dom 9-19, tel. 011/8138564-565, museocinema.it, «Manifesti d’artista» fino al 22 febbraio 2026, «Pazza Idea. Oltre il ’68: icone pop nelle fotografie di Angelo Frontoni» fino al 9 marzo 2026

Alice e Ellen Kessler, primi anni ’70. Photo © Angelo Frontoni. © Museo Nazionale del Cinema / CSC-Cineteca Nazionale

Jenny Dogliani, 28 ottobre 2025 | © Riproduzione riservata

Il cinema in posa nella Mole Antonelliana | Jenny Dogliani

Il cinema in posa nella Mole Antonelliana | Jenny Dogliani