Il Padiglione del Cile: «Moving Ecologies». Foto Cristóbal Palma. Cortesia La Biennale di Venezia

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Il Padiglione del Cile: «Moving Ecologies». Foto Cristóbal Palma. Cortesia La Biennale di Venezia

Il Meglio e il Peggio della Biennale dell’Architettura 2023

L’architetto Michele Roda ha visitato la 18ma edizione della Mostra Internazionale di Architettura di Venezia, scegliendo 12 dei 64 padiglioni nazionali, con un «borsino» dei top e dei flop tra le partecipazioni

IL MEGLIO
Cile: «Moving Ecologies»
250 le leggere ed eteree sfere di vetro, montate su sottili e fragili steli in ferro, che accolgono altrettanti germogli da una Banca dei Semi cilena. Il futuro è (anche) nella raccolta delle diverse forme di natura, vegetale e animale. Unisce ricerca scientifica ed estetica. Affascinanti ecologie di speranza.
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Argentina: «El Futuro del Agua»
Una sequenza di 21 tavoli luminosi realizza una geografia complessa costruendo un’identità spaziale grazie al contrasto tra muri in mattoni e pavimento blu. Restituisce piccole architetture e infrastrutture regolanti il rapporto tra uomo, edificio, città e acqua. Misurato, didascalico ma non noioso, ispiratore.
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Lettonia: «T/C LATVIJA (TCL)»
Piccolo supermarket con i 506 Padiglioni nazionali delle ultime 10 edizioni esposti come prodotti. Comprando e giocando (un’esperienza divertente e coinvolgente) si riflette anche sul senso di scegliere un’idea, quella che si ritiene migliore. Provocatorio, colorato, spiazzante.
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Grecia: «Bodies of water»
Dimentichiamoci un Paese di isole e di mare, la Grecia presenta un suo lato meno noto, collegato all’acqua sì, ma dolce. Un catalogo ragionato di dighe, riserve e laghi artificiali. Un percorso rilassante tra storia e attualità, capace di comunicare il senso dell’architettura pubblica con eleganza e misura.
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Uzbekistan: «Unbuild Together: Archaism vs Modernity»
Tradizione, mattone, luce, inserti di ceramica colorata. Un intricato percorso labirintico racconta l’architettura uzbeka mitizzandone le origini. Ha la dimensione e l’ambizione di un’operazione culturale che in un ambiente scuro e introverso affascina e stimola. Possente e delicato.
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Paesi Bassi: «Plumbing the System»
Tanto tecnico e pragmatico quanto metaforico ed evocativo. Al centro dell’allestimento gli elementi connettivi che strutturano città ed edifici in termini di flussi economici e idraulici. Ne risulta un Padiglione composto: un po’ magazzino edile con atmosfere piranesiane (bellissimi i grandi disegni) e ardite sovrapposizioni disciplinari. Tutto scorre.
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IL PEGGIO

Francia: «Ball Theater»
Un grande teatro tondo ricostruito nel Padiglione storico. Evocativo, coinvolgente, a tratti divertente (con i suoi spettacoli e con tanto di drag queen). C’è anche la ricostruzione del dietro le quinte. Se questo è il Laboratorio del Futuro, non serve venire a Venezia. Parigi va più che bene.
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Messico: «Infraestructura utópica: la cancha de básquetbol campesina»
Caotica ricostruzione di un campo da basket, volutamente disordinato e rumoroso. Palestra all’Arsenale, ha un valore di testimonianza in termini di coesione sociale per le comunità indigene. Ma offre pochi motivi per essere ricordata.
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Australia: «Unsettling Queenstown»
La finestra (chiusa) verso il Rio dei Giardini è l’emblema di uno spazio grande, ma sfilacciato, e poco intenso. L’esposizione è complessa e stratificata, difficilmente comprensibile nelle relazioni e nelle allusioni con il passato coloniale che vorrebbe discutere. Oscura.
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Paesi Nordici: «Joar Nango - Girjegumpi: The Sámi Architecture Library»
Nessun dubbio sul valore etico e documentario di un percorso di ricerca e catalogazione di una cultura indigena straordinaria. Ma ospitare un «Gran Bazar» nel tempio dell’eleganza e del rigore nordico disegnato da Sverre Fehn provoca spaesamento.
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Santa Sede: «Social Friendship: Meeting in the Garden»
Il risultato stride con l’ambizione e con il luogo isolato e speciale in cui si trova: l’Isola di San Giorgio. Un orto-giardino arrangiato velocemente che fatica a dimostrare con efficacia quel «cambio di paradigma» suggerito dalle Encicliche alle quali si ispira. A San Giorgio le cose da visitare sono altre.
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Stati Uniti: «Everlasting Plastics»
La piazzola ecologica statunitense è un inno alla raccolta differenziata: il rifiuto al centro. Due anni fa era il legno che costruiva, oggi la plastica (in tutte le fogge) che inquina. Segno di tempi strani? L’intenso odore di plastica che accompagna il visitatore stimola la riflessione. Multisensoriale, almeno questo.

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Il Padiglione degli Stati Uniti: «Everlasting Plastics». Foto Fabio Oggero

Il Padiglione della Santa Sede: «Social Friendship: Meeting in the Garden». Foto Alessandro Colombo

Il Padiglione dei Paesi Nordici: «Joar Nango-Girjegumpi: The Sámi Architecture Library». Foto Fabio Oggero

Il Padiglione dell’Australia: «Unsettling Queenstown». Foto Fabio Oggero

Il Padiglione del Messico: «Infraestructura utópica: la cancha de básquetbol campesina». Foto Marco Zorzanello. Cortesia La Biennale di Venezia

Il Padiglione della Francia: «Ball Theater». Foto Schnepp Renou

Il Padiglione dei Paesi Bassi: «Plumbing the System». Foto Matteo de Mayda. Cortesia La Biennale di Venezia

Il Padiglione dell’Uzbekistan: «Unbuild Together: Archaism vs Modernity». Foto: Fabio Oggero

Il Padiglione della Grecia: «Bodies of water». Foto Matteo de Mayda. Cortesia La Biennale di Venezia

Michele Roda, 14 giugno 2023 | © Riproduzione riservata

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