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I tesori dei principi

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Ada Masoero

Giornalista e critico d’arte Leggi i suoi articoli

Dal 17 settembre al 7 febbraio arrivano a Palazzo Reale, in prima italiana, 76 opere dello Szépművészeti Múzeum, il Museo di Belle Arti di Budapest: uno scrigno di capolavori giunti per lascito, tra Sette e Ottocento, da grandi famiglie ungheresi e poi arricchito da successive acquisizioni, la più spettacolare delle quali, nel 1870, condusse nel museo 600 tesori della raccolta dei principi Esterházy.

La rassegna «Da Raffaello a Schiele», prodotta da Palazzo Reale, Arthemisia Group e 24 Ore Cultura con il Museo di Belle Arti di Budapest e il Museo nazionale ungherese, e curata da Eszter Fábri e Stefano Zuffi, inaugura una nuova linea espositiva di Palazzo Reale che intende realizzare mostre delle più importanti collezioni museali di tutto il mondo. Il percorso va dal Rinascimento al Postimpressionismo, in un ordinamento che, come nel museo prestatore, mette in relazione l’arte ungherese con quella del resto d’Europa.

Si parte con il Rinascimento italiano, dove la piccola «Madonna Esterházy» di Raffaello (oggetto dell’ultima mostra natalizia di Palazzo Marino, cfr n. 348, dic. ’14, p. 34) è accostata all’«Apollo dormiente e le Muse» di Lorenzo Lotto. Alla pittura del Cinquecento veneziano e veneto è dedicata la seconda sala, con la «Cena in Emmaus» di Tintoretto e i tre ritratti maschili di Tiziano, Veronese e Moroni, cui si aggiungono due dipinti di El Greco, che a Venezia si formò. Il Rinascimento in Europa è l’oggetto della terza sala, con la «Salomè» di Lucas Cranach il Vecchio e il «Ritratto di giovane» di Albrecht Dürer, oltre a opere sacre di Altdorfer e Bronzino.

Al Seicento sono dedicate la quarta e quinta sala: con l’ancora caravaggesca «Scena di osteria» di Velázquez sfilano due opere di Rubens e una di Artemisia Gentileschi, seguiti da Claude Lorrain, Frans Hals, Van Dyck e Murillo. Entra poi in scena la Venezia del Settecento con il «San Giacomo Maggiore il vittorioso» di Giambattista Tiepolo e le vedute di Canaletto e Bellotto, accostati a tre opere di Goya e a una testa («Lo sbadiglio») di F.X. Messerschmidt, fino a giungere al Simbolismo ungherese ed europeo (Lenz, Böcklin, Von Stuck e Segantini) e al congedo con opere di Manet, Monet, Cézanne e Gauguin.

Ada Masoero, 02 settembre 2015 | © Riproduzione riservata

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