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Dopo aver rappresentato il Giappone all’ultima Biennale di Venezia dello scorso anno, Yuko Mohri (Kanagawa, 1980; vive e lavora a Tokyo) torna in Italia con la personale «Entanglements» (la più ampia e importante che le sia mai stata dedicata in Europa) curata per Pirelli HangarBicocca da Fiammetta Griccioli e Vicente Todolí.
Dal 18 settembre all’11 gennaio 2026 lo Spazio Shed è abitato dai «grovigli» (gli entanglement, appunto) dei suoi lavori, in cui s’intrecciano immagini, oggetti (perlopiù modesti, quotidiani, da lei ironicamente trasfigurati grazie alle connessioni inattese che crea), elementi naturali e suoni, in una pratica artistica influenzata dalla sua esperienza giovanile in una band punk e dalla lezione di John Cage, di Fluxus, di Erik Satie. Alla base della sua ricerca, il convincimento che «ogni elemento appartenga a un sistema interconnesso in cui niente agisce indipendentemente e tutto è parte di una grande rete di relazioni in continua evoluzione».
In mostra sono riunite opere che dal primo decennio del nostro secolo giungono sino ad oggi, comprese quelle presentate a Venezia: «Decomposition», (2021, in corso), sorta di «Canestra di frutta» contemporanea, e «Moré Moré (Leaky): Variations» (2018, in corso), che s’ispira ai semplici e geniali rimedi utilizzati nella metropolitana di Tokyo per ovviare alle infiltrazioni d’acqua; tutte riconfigurate dall’artista per questo spazio. Come spiega lei stessa, «realizzo le mie opere in modo improvvisato. Non ho la visione di un’intera scultura fin dall’inizio. Voglio sempre valorizzare l’ispirazione ricevuta dal luogo e dall’incontro con esso». Ne parliamo con i curatori, che rispondono a una sola voce.
Quando avete pensato di dedicare una così ampia personale a Yuko Mohri? E quale aspetto del suo lavoro ha contato di più, ai vostri occhi, per la decisione?
Il primo incontro con il lavoro di Yuko Mohri è avvenuto a Tokyo nel 2022, quando ci siamo imbattuti nella serie fotografica «Moré Moré Tokyo (Leaky Tokyo)» (2009-21) esposta alla galleria Akio Nagasawa. Quelle fotografie trascendevano la funzione documentativa: vere e proprie sculture in due dimensioni, sospese tra finzione e realtà, presentavano un immaginario misterioso. Da quella scintilla iniziale, l’interesse che nutrivamo nella sua poetica si è fatto sempre più vivo. Abbiamo avuto modo di vedere «Decomposition» (2021-25) alla galleria Yutaka Kikutake di Tokyo, rimanendo affascinati dalla celebrazione del decadimento organico della frutta e successivamente «Moré Moré (Leaky): Variations» (2022) al Pac di Milano, da cui è emersa la forza con cui l’installazione si appropriava dello spazio, trasformandolo. Quest’ultimo aspetto, ovvero la capacità trasformativa del suo lavoro, è quello che più ci ha spinto a scegliere Yuko Mohri. Le sue opere costruiscono un dialogo aperto e costante con lo spazio che le ospita.
Musicista e artista visiva, Yuko Mohri introduce in tutte le sue opere la componente sonora, che nel suo lavoro è elemento fondativo dell’opera stessa. Questa pratica è sempre più frequente fra gli artisti della sua generazione ma il suo caso si distingue, mi sembra, per il ruolo giocato dalla casualità. Qual è
la vostra lettura di questo specifico aspetto del suo lavoro? E da quali fonti storicizzate trae maggiormente ispirazione?
Gli anni trascorsi nella scena punk giapponese, il suono di artisti e musicisti come Christian Marclay, Carsten Nicolai e Ryoji Ikeda, insieme alla sperimentazione tra linguaggio sonoro e visivo portata avanti dagli esponenti del movimento Fluxus, hanno influenzato in modo decisivo la pratica di Yuko Mohri. Fin dagli esordi, il suono ha rappresentato per lei un terreno di ricerca fondamentale, un elemento strutturale e concettuale attorno a cui si sviluppano le sue installazioni, in grado di accogliere rumori e suoni accidentali. Questo approccio si rifà alle sperimentazioni rivoluzionarie di Erik Satie e John Cage che spingono l’artista a interessarsi ai suoni estemporanei, non completamente intenzionali, sovente prodotti da oggetti, elementi organici e fenomeni naturali.
In mostra esponete anche le due installazioni realizzate da Mohri per il Padiglione del Giappone alla Biennale di Venezia del 2024. L’artista ha apportato sostanziali cambiamenti in funzione del nuovo spazio espositivo?
Per Yuko Mohri l’interazione con lo spazio è un aspetto fondante nell’ideazione di ogni mostra. Tutte le installazioni allestite nello spazio dello Shed in Pirelli HangarBicocca si adattano in qualche modo all’ambiente circostante. Negli anni le sue opere si sono sviluppate in diverse varianti: pur mantenendo una struttura generale, possono modificarsi nella composizione. Nel caso di «Decomposition» l’artista propone una versione con materiali ed elementi che richiamano l’immaginario dei concerti. «Moré Moré (Leaky)», che prende spunto dalle riparazioni improvvisate realizzate nelle linee della metropolitana di Tokyo, è invece presentata in una versione ideata la prima volta nel 2018 e articolata in tre nuclei distinti.
Quali sono le giuste chiavi di lettura del pensiero e del lavoro di Yuko Mohri?
Il suo modo di osservare la realtà si distingue per l’attenzione a fenomeni naturali spesso impercettibili, trascurati, che lei porta al centro dell’esperienza artistica. Mohri invita il visitatore ad ampliare i sensi e la percezione, stimolando una nuova consapevolezza e una maggiore attenzione nei confronti del nostro rapporto con il mondo, in un’epoca in cui siamo poco abituati a soffermarci su questi aspetti. Il titolo della mostra «Entanglements» riflette proprio questo approccio: evoca legami invisibili e interazioni complesse tra oggetti, forze, suoni e persone, esplorando come ogni elemento faccia parte di un sistema interconnesso, una rete di relazioni in continua evoluzione.

Una veduta dell’installazione «Compose», 2024, di Yuko Mohri nel Padiglione del Giappone per la 60ma edizione della Biennale Arte di Venezia, 2024. Courtesy the artist, Project Fulfill Art Space, mother’s tankstation, Yutaka Kikutake Gallery, Tanya Bonakdar Gallery Commissioned by The Japan Foundation. Photo: kugeyasuhide