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Luca Scarlini
Leggi i suoi articoliL’itinerario esistenziale di Edvard Munch somiglia a quello di August Strindberg, per la violenza delle relazioni, degli amori, delle scelte estetiche. I maestri iperborei delle avanguardie, a fine Ottocento, decisero di rendere la loro esistenza parte del loro agire artistico, naturalmente andando incontro a disastri esistenziali e magnifiche avventure creative.
Il romanzo della scrittrice tedesca Tanja Langer, gioca intorno alla relazione, tormentosa e esaltante, che il pittore intreccia con l’amata Tulla, che rilancia sempre la sfida di un eros mai sazio, tendendo all’inverosimile l’arco del loro rapporto. Tre i luoghi: Warnemünde, nella quiete del Baltico, una clinica psichiatrica a Copenaghen e infine una dimora a Ekely, vicino a Oslo, dove Munch trascorse buona parte della sua vita. Mentre cresce il successo delle sue opere visionarie, che spesso fanno scandalo, quando Max Reinhardt gli chiede di creare gli elementi visivi della sua Hedda Gabler, l’artista viene rappresentato in continua ricerca di una realtà, sempre inafferrabile e fustrante, eppure anche necessaria al suo vivere e al suo operare.
Il male di vivere di Edvar Munch, di Tanja Langer, traduzione di Alessandra Petrelli, 164 pp., Electa, Milano 2017, € 18,90

La copertina del volume
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