Verifica le date inserite: la data di inizio deve precedere quella di fine
Stefano Luppi
Leggi i suoi articoliOscar Wilde, nel 1882, in una delle sue conferenze in Nord America, parlò del presente delle arti visive britanniche: «Lo chiamo Rinascimento inglese perché è indubbiamente una sorta di nuova nascita dello spirito dell’uomo, simile al grande Rinascimento italiano del Quattrocento». Non sbagliava, il poeta e scrittore, perché da oltre un trentennio nella terra d’Albione gli artisti visivi erano «impazziti» per la tradizione artistica italiana medievale e rinascimentale: la Renaissance formalizzata nel ’700 da d’Alembert nel suo Discours préliminaire de l’Encyclopédie era divenuto oggetto di culto, studiato e assurto in sostanza a modello sociale e religioso.
Sulla scia di questa nuova passione numerosi artisti inglesi diedero vita al movimento artistico e letterario del Preraffaellismo: attraverso la Pre-Raphaelite Brotherhood, fondata nel 1848 dai pittori Dante Gabriel Rossetti, William Holman Hunt, John Everett Millais, James Collinson, dallo scultore e poeta Thomas Woolner e dai critici Frederic George Stephens e William Michael Rossetti, si diffuse uno stile romantico atto a rivalutare l’arte dei «primitivi», da Cimabue, Giotto e Botticelli a Michelangelo, Veronese e Tiziano, attivi in particolare dal ’300 al ’500 inoltrato.
I preraffaelliti, che intesero superare i formalismi accademici allora imposti in Inghilterra dalla potente Royal Academy per giungere a opere dal minuto realismo reso con colori vividi e schietti che recuperavano la «purezza» visiva dell’arte italiana del passato, sono al centro della mostra «Preraffaelliti. Rinascimento moderno», diretta da Gianfranco Brunelli e visibile ai Musei di San Domenico dal 24 febbraio al 30 giugno. I curatori Elizabeth Prettejohn, Peter Trippi, Francesco Parisi e Cristina Acidini hanno selezionato oltre 300 opere tra dipinti, sculture, disegni, stampe, fotografie, mobili, ceramiche, opere in vetro e metallo, tessuti, medaglie, libri illustrati, manoscritti e gioielli, affiancandovi opere antiche italiane che hanno originato la rivoluzione stilistica del movimento inglese, sfumato poi, a inizio ’900, nell’arte decadente e simbolista, provenienti da musei europei e anglosassoni.
«Nel 1848 pochi immaginarono che un gruppo di tre ragazzi poi divenuti sette, tra i 19 e i 23 anni, radunati in una confraternita, avrebbero rivoluzionato l’arte del secondo ’800 inglese e condizionato quella europea, spiega Gianfranco Brunelli, vicepresidente della Fondazione Cassa dei risparmi di Forlì e responsabile delle mostre al San Domenico. Rossetti, Millais, Hunt immaginarono di cambiare l’arte. Ribelli vittoriani, nel pieno della rivoluzione industriale, critici di ogni forma accademica, in particolare del rigorismo formale della Royal Academy, così legata all’ideale raffaellesco e al suo sviluppo manieristico, ai “raffaelliti” appunto».
Lungo il percorso sfilano così molti dei capolavori dei «fondatori» e dei colleghi della seconda ondata come William Morris, Edward Burne-Jones, Frederic Leighton, George Frederich Watts e numerosi altri, nonché lavori di artisti italiani, da Adolfo De Carolis a Giulio Aristide Sartorio, che alla fine del XIX secolo subirono l’influenza degli inglesi. Diversa per ideazione, impianto, struttura e fini, la rassegna di Forlì segue di cinque anni «Preraffaelliti. Amore e desiderio» tenuta a Palazzo Reale a Milano.

«Ragazze greche che raccolgono ciottoli in riva al mare» (1871), di Frederic Leighton (particolare). Messico, Collezione Pérez Simón
Altri articoli dell'autore
Al Museo Civico Medievale di Bologna libri d’artista accanto ad antiche edizioni illustrate
Nel Palazzo Santa Margherita-Fondazione Ago di Modena una cinquantina di opere tra sculture in movimento, tele e disegni dell’artista romano
L’artista americano porta alla Galleria Mazzoli di Modena la sua ultima produzione
Parte il restauro della chiesa duecentesca del monastero, da cui negli anni Settanta sono stati staccati splendidi affreschi