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«Anaïs sulla Luna ( Fabio Mauri, Luna, Hauser & Wirth, New York )» (2015) di Yuma Martella © The Estate of Fabio Mauri and Hauser & Wirthnz

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«Anaïs sulla Luna ( Fabio Mauri, Luna, Hauser & Wirth, New York )» (2015) di Yuma Martella © The Estate of Fabio Mauri and Hauser & Wirthnz

Gli italiani che diedero il via all’arte immersiva

Una mostra a Losanna ripercorre l’emergere dell’arte spaziale, da Lucio Fontana e Gianni Colombo, presentando ben 7 italiani su 14 artisti

Rica Cerbarano

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«Per favore togliersi le scarpe prima di entrare». È un invito piuttosto inusuale per i visitatori di un museo quello che si legge nelle sale della mostra «Immersion. Le origini: 1949-1969», presentata dal Musée cantonal des Beaux-Arts di Losanna fino al 3 marzo 2024. Eppure questa è l’istruzione fondamentale per fruire la maggior parte delle opere esposte. Il motivo è semplice: non si tratta di «semplici» opere d’arte, ma di vere e proprie installazioni ambientali che, attraverso la loro estensione spaziale e temporale, invitano il pubblico a entrare fisicamente in ambienti che ribaltano le coordinate prospettiche e percettive dell’esperienza quotidiana. A rendere il tutto ancora più intrigante è il fatto che non si tratta di opere qualsiasi, bensì di quelle che hanno segnato la storia dell’arte immersiva. La mostra è infatti la prima in assoluto a ripercorrere lo sviluppo della dimensione spaziale, focalizzandosi su un arco temporale che va dal 1949 al 1969, periodo caratterizzato da una serrata sperimentazione artistica che mirava al superamento delle categorie tradizionali dell’opera d’arte (pittura, scultura, architettura) a favore di un’espansione della forma e di un coinvolgimento attivo del pubblico, considerato allo stesso tempo destinatario e autore dell’esperienza artistica. 

A cura di Camille Lévêque-Claudet e Choghakate Kazarian, la mostra presenta 14 installazioni, alcune ricreate per la prima volta, che mettono in luce le figure pionieristiche dello Spazialismo (o in generale di un modo di intendere l’opera d’arte come una somma di elementi fisici e sensori, basati sull’unità del tempo e dello spazio), sviluppatosi nella seconda metà del Novecento. L’esposizione, diffusa su due piani, si colloca in un momento storico (il nostro) in cui la concezione di «arte immersiva» ha acquisito un carattere esclusivamente tecnologico, concretizzandosi in grandi esposizioni dal sapore ludico e ricreativo che, sotto l’egida della parola «immersione», relegano il pubblico a un ruolo passivo di mera osservazione mediata da schermi e dispositivi digitali. L’obiettivo di «Immersion. Le origini: 1949-1969» è dunque quello di evidenziare come la deriva interattiva dell’arte a cui assistiamo oggi (progettata per lo più per necessità di marketing e audience engagement) trovi i suoi precursori in lavori che all’epoca della loro prima realizzazione si sono rivelati incredibilmente rivoluzionari.

Tra gli artisti presentati in mostra, troviamo ben sette italiani, e non è un caso. Primo tra tutti, Lucio Fontana (Rosario, Argentina, 1899-Comabbio, Italia, 1968) con «Ambiente spaziale», installazione presentata nella sua forma originale alla Galleria del Naviglio di Milano nel febbraio 1949, con il titolo «Ambiente spaziale a luce nera». Negli spazi del Mcba è riprodotta la versione esposta allo Stedelijk Museum di Amsterdam e al Van Abbemuseum di Eindhoven nel 1967, dove la forma modellata in cartapesta della prima esposizione venne sostituita con una forma piatta di legno a forma di comma rivestita di vernice fluorescente. «Ambiente spaziale», considerata la prima opera immersiva della storia, ha dato il via a un nuovo filone di ricerca che in Italia ha raggiunto alcuni dei suoi apici massimi, influenzando massimamente la produzione artistica degli anni successivi. 

Dobbiamo aspettare circa un decennio per incontrare nuovi ambienti interattivi, come «Caverna dell’antimateria» di Pinot Gallizio (Alba, 1902-64) che, assistito dal figlio Giors Melanotte, nel 1959 ricoprì interamente le pareti, il pavimento e il soffitto della galleria di René Drouin a Parigi con la sua «pittura industriale». Ricostruita per l’occasione della mostra a Losanna, questa installazione si presenta come una grotta-bunker antiatomico in cui è possibile entrare e camminare sulle superfici dipinte (rigorosamente senza scarpe). 

È verso la fine degli anni Sessanta che si concentrano la maggior parte delle opere selezionate dai curatori. Tra gli italiani che operano in questo periodo, troviamo Laura Grisi (Rodi, 1939-Roma, 2017) con «Vento di s.e. velocità 40 nodi», esposto nel 1968 alla Galleria La Tartaruga nell’ambito del progetto «Teatro delle mostre», ideato dal gallerista Plinio De Martiis. Qui ogni sera un artista diverso presentava un’installazione che richiedeva la partecipazione fisica dei visitatori, secondo una nuova concezione della mostra d’arte come evento di breve durata. Negli spazi del museo sul Lago di Ginevra, una porta bianca e all’apparenza anonima dà accesso a una stanza completamente buia: entrando il visitatore si trova investito da un forte vento che altera la percezione dello spazio circostante. Come lei, anche Fabio Mauri (Roma, 1926-2009) è uno degli artisti inclusi in «Teatro delle mostre», dove presenta «Luna», riprodotta oggi a Losanna. L’opera consiste in una stanza che riproduce la superficie lunare, utilizzando una quantità immensa di palline di polistirolo. Le persone possono entrare, camminare, sedersi e immergersi nella sofficità del «terreno». Progettata in un momento in cui la corsa allo spazio era all’ordine del giorno, questa installazione offre ancora oggi un’esperienza sensoriale e meditativa per chiunque vi si approcci.

Gianni Colombo (Milano 1937-93), protagonista dell’Arte cinetica e programmata, è presente con «Spazio elastico» (1967), con cui vinse il primo premio di pittura alla 34ma Biennale di Venezia. L’ambiente è immerso totalmente nell’oscurità: lunghe corde elastiche, ricoperte di vernice fosforescente, sono illuminate da una luce ultravioletta e disposte a formare una griglia, il cui aspetto viene distorto da due motori. Lo spettatore, camminando all’interno di questa griglia luminosa, si trova destabilizzato di fronte alla falsa regolarità di una forma convenzionale che diventa una trappola prospettica.

Infine, tra gli italiani troviamo anche Marinella Pirelli (Verona, 1925-Varese, 2009) con l’installazione «Film Ambiente» (1968-69), accompagnata dalla composizione sonora di Pietro Pirelli (2022). La sua venne concepita come un’esperienza cinematografica che supera la fruizione passiva dell’immagine in movimento costruendo uno schermo tridimensionale al cui interno i visitatori possono camminare. I moduli della struttura sono delimitati da strisce di plastica trasparente, sui quali viene proiettato il film dell’artista «Nuovo Paradiso». Scostando queste strisce luminescenti, il visitatore può «entrare» dentro lo schermo e diventarne parte. 

Oltre ai nostri connazionali, tra gli artisti esposti ci sono Bruce Nauman, Robert Morris, gruppo USCO, Judy Chicago e altri. Ognuno con la propria personale interpretazione di «arte immersiva». Viste oggi a oltre mezzo secolo di distanza, le opere ricostruite (che si distinguono dalle moderne installazioni immersive perché frutto di uno sforzo autoriale e consapevole) stupiscono ancora per l’immediatezza con cui riescono a coinvolgere il visitatore. Questa mostra ci sprona a riscoprire l’autenticità dell’esperienza artistica intesa come dispositivo di conoscenza prima di tutto sensoriale, orizzontale e democratico, presentandosi come un’occasione unica per entrare in contatto con opere dall’indiscutibile importanza storica.
 

«Ambiente spaziale» (1967) (ricostruzione, 2023) di Lucio Fontana, con l’autorizzazione della Fondazione Lucio Fontana, Milano. Foto MCBA, Etienne Malapert

«Une caverne de l’anti-matière» (1958-59) di Pinot Gallizio (Giuseppe Gallizio) assistito da Giors Melanotte (Piergiorgio Gallizio) © Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, Roma, inv. 18125. Foto MCBA, Etienne Malapert

«Spazio elastico» (1967) (ricostruzione, 2023) di Gianni Colombo. Cortesia Archivio Gianni Colombo, Milano. Foto MCBA, Etienne Malapert

«Film Ambiente» (1968-69) di Marinella Pirelli, ricostruzione di Pietro Pirelli (2022), con l’autorizzazione dell’Archivio Marinella Pirelli, Varese. Foto MCBA, Etienne Malapert

Rica Cerbarano, 14 febbraio 2024 | © Riproduzione riservata

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