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Guglielmo Gigliotti
Leggi i suoi articoliRoma. Presso lo Studio Geddes Franchetti (via del Babuino, 125) due artisti lavorano come fossero uno. Sono i catanesi Carlo e Fabio Ingrassia, trentunenni gemelli nella vita e nell’arte. Hanno sensibilità diverse, ma la concezione è unica. Uno tende a segnare linee, l’altro le sfuma, magari cancellandole, ma l’opera è unitaria: «due ma non due» dicono in Oriente per specificare che tutti i dualismi della mente e della vita si fondono sempre nella grande Unità.
Fino al 20 dicembre la loro mostra «Rinunciare all’idea di un altro mondo», a cura di Peter Benson Miller, presenta una scultura e cinque pastelli. La scultura è composta da una flessuosa onda di vetro che scorre come acqua e come vento su una grande pietra lavica dell’Etna; i pastelli sono opere di piccolissima dimensione, pochi centimetri quadrati, in cui c’è il mondo. La pietra, a forma di grande noce, proviene dall’Etna, che sovrasta con la sua immensa mole e potenziale energia Catania. La curva trasparente che la avvolge sono gli elementi della natura che si fanno scultura trasparente. Le dinamiche estetiche intercettano quelle naturali, la creazione comprende la distruzione, il paesaggio si fa mentale.
I pastelli, incorniciati in teche bianche, rappresentano l’Etna in eruzione, o facciate di case. Sono opere minime, realizzate a quattro mani e in simultanea, con i due gemelli che lavorano spalla a spalla, alternando gli interventi su porzioni infinitesimali di spazio, facilitati dal destino di essere uno destrorso e l’altro mancino. Con grandi lenti di ingrandimento, appongono i loro piccoli grumi di colore e sottilissimi striature di sfumato, in composizioni ossessive e al contempo liberanti. Si dissolvono infatti le categorie di piccolo e grande, di micro e macro, per un «due ma non due» che fa dei due miniaturisti di Catania scultori mentali del più grande vulcano d’Europa.

Carlo e Fabio Ingrassia, Scultura alleggerita, 2016. Courtesy Studio Geddes Franchetti, Roma
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