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Luana De Micco
Leggi i suoi articoliParigi. 8 avenue Matignon, il più prestigioso dei quartieri, quello intorno agli Champs-Élysées che chiamano il «triangle d’or», nuova mecca parigina dell’arte contemporanea: è l’indirizzo scelto da Emmanuel Perrotin per aprire la sua nuova galleria, quarto spazio a Parigi, nono nel mondo dopo Hong Kong, New York, Seul, Tokyo e Shanghai.
Per la prima volta Perrotin, 53 anni, estende la sua attività al secondary market, ovvero all’acquisto e alla rivendita delle opere d’arte, vicino alle sedi delle case d’aste Christie’s e Sotheby’s, a cui vuole fare diretta concorrenza, e al Grand Palais, tradizionale location delle fiere d’arte contemporanea (a parte l’attuale parentesi di un paio di anni, in cui il monumento è chiuso per restauri).
La nuova galleria occupa i cinque piani di un elegante palazzo, interamente rinnovato, dove, fino al 18 dicembre, è allestita la mostra collettiva inaugurale, con opere di artisti più disparati, Yves Klein, Keith Haring, Ugo Rondinone, Lee Ufan e ancora Alexander Calder, Lucio Fontana e l’immancabile Cattelan. In trent’anni Perrotin, che si è lanciato nel mestiere nel 1990, ha creato un impero nell’arte contemporanea, diversificando le sue attività, investendo nel digitale, e moltiplicando gli eventi a forte impatto mediatico.
Ricordiamo solo che è nello stand Perrotin ad Art Basel Miami 2019 che ha fatto sensazione la banana attaccata al muro di Cattelan, poi venduta a 120mila euro. Malgrado la crisi sanitaria, nel 2020 il gallerista ha annunciato alla stampa francese un calo di fatturato «di solo il 20-25%» (era di circa 30 milioni di euro nel 2019).
Per il nuovo Perrotin secondary market, il gallerista ha deciso di non fare da solo, preferendo un partenariato a tre, associandosi con Tom-David Bastok e Dylan Lessel. Il primo ha fondato nel 2010 My Art Invest, tra le prime piattaforme digitali a offrire l’acquisto di quote di opere d’arte, in comproprietà dunque con altri investitori. Il secondo è stato direttore della galleria parigina di Kamel Mennour fino al 2018. Nel 2019 Bastok e Lessel si sono poi alleati per rappresentare alcune successioni, tra cui quella dell’artista Alain Jacquet.
Signor Perrotin, perché ha deciso di lanciarsi nel settore del secondary market, cosa che modifica profondamente l’identità della sua galleria?
L’apertura del nuovo dipartimento non implica alcun cambiamento drastico dell’identità della galleria. Il mio team che lavora sul primary market continuerà a farlo come sempre. Né credo che questa nuova sfida possa turbare un’organizzazione rodata da anni. È anche per questo motivo che ho scelto di associarmi con due partner come Tom-David Bastok e Dylan Lessel, già radicati nel settore, che portano con sé le loro competenze e un team di professionisti esperti nell’acquisto, nella valutazione e nella rivendita di opere d’arte. Ma neanche noi siamo dei novizi del settore. Avevamo già cominciato a portare avanti delle attività nel mercato secondario, per quanto fossero marginali. Il nuovo spazio consolida dunque la mia presenza nel settore. Sin da quando ho fondato la mia galleria, 31 anni fa, una delle mie priorità è stata di farla crescere. Questo partenariato è la prova che è possibile far evolvere i modelli predefiniti.
Quale strategia seguirà la nuova galleria?
Innanzi tutto intendiamo migliorare ancora di più i servizi che proponiamo ai nostri artisti e clienti. La nuova galleria ci lascerà ampia flessibilità nell’allestimento e nella programmazione. Abbiamo la possibilità di organizzare esposizioni inattese e incontri artistici inediti. Vi facciamo intervenire anche degli artisti del primary market che rappresento. Anzi, ritengo che sia un’opportunità per loro di essere circondati da artisti moderni, diversi, storici, per creare nuove forme di dialogo. Stabilire dei legami tra le due attività è la chiave per conservare l’identità che ci è propria. La nuova galleria ci permetterà poi soprattutto di proporre una reale alternativa alle tradizionali case d’asta.
Altre gallerie stanno facendo la stessa scelta?
Abbiamo voluto creare uno spazio innovativo da tutti i punti di vista. Finora nessun’altra galleria come la nostra si è lanciata nel mercato secondario creando un dipartimento e uno spazio ad hoc. Spero che questa avventura sarà un successo.
Il secondary market è in espansione? È il settore in cui investire nel futuro?
È sempre stato un settore molto importante. E finora devo dire che la mia galleria ha la particolarità di essere riuscita a crescere pur facendo un minimo ricorso al mercato secondario. Ho aspettato il momento che mi è parso più opportuno per lanciarmi in questa nuova sfida senza mettere a rischio gli equilibri raggiunti dalla galleria di primary market. Era necessaria una certa stabilità. Ma non intendo assolutamente né trascurare né abbandonare il primary market.
Che ruolo hanno avuto sulle sue scelte eventi maggiori come la pandemia di Covid-19 e la Brexit?
Non ho aperto il nuovo spazio in risposta al Covid. Ma di sicuro la pandemia mi ha dato del tempo per riflettere. Per quanto riguarda la Brexit, non posso dire che abbia avuto un impatto diretto sulle nostre attività, dal momento che eravamo ben radicati in Europa già molto prima che scoppiasse la crisi politica.
Dopo l’anno e mezzo di Covid, che ha rivoluzionato le aste e le fiere, quale scenario attende le piccole e le grandi gallerie?
Prevedo un consolidamento rapido della nostra galleria. Anche altre gallerie cresceranno e svilupperanno nuove attività. Il mercato dell’arte si adatterà. La situazione ci impone di essere sempre più dinamici e ambiziosi, di offrire sempre il meglio ai nostri artisti. L’attività nel secondary market non sarà indipendente da quella del primary market. Intendiamo anzi infondere il nostro Dna in questa attività appassionante.

Da sinistra, Tom-David Bastok, Emmanuel Perrotin e Dylan Lessel. Foto Claire Dorn
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