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Monica Trigona
Leggi i suoi articoliAll’Investec Cape Town Art Fair non è solo l’arte a parlare ma la città stessa a farsi dispositivo critico. La tredicesima edizione della più importante fiera d’arte internazionale del continente africano dovrà confermare l'importante ruolo assunto da Città del Capo nelle precedenti edizioni, metropoli in cui il presente dell’arte contemporanea ha preso forma con estrema lucidità e tensione progettuale. Ospitata nel Cape Town International Convention Centre (CTICC), la fiera si colloca in una posizione che è tutt’altro che neutra. Qui la centralità non è solo logistica: a pochi minuti si passa dalla verticalità iconica della Table Mountain alla linea aperta dell’Atlantico, dal tessuto urbano più dinamico ai paesaggi sedimentati delle winelands di Constantia, Stellenbosch e Franschhoek. È una geografia che rispecchia perfettamente l’identità della fiera: stratificata, mobile, mai unidirezionale.
L’edizione 2025 aveva riunito oltre 125 espositori e 500 artisti provenienti da 58 Paesi e cinque continenti, con 30 nuove gallerie alla loro prima partecipazione. Un dato che aveva segnalato non soltanto crescita ma anche apertura: la fiera infatti si configura come una piattaforma di accesso e di attraversamento, dove il mercato dell’arte africano, in piena trasformazione, dialoga senza subordinazioni con il sistema globale. A rendere l’esperienza particolarmente incisiva sarà la capacità di mantenere una dimensione sorprendentemente intima. Investec Cape Town Art Fair continua infatti a funzionare come luogo di scoperta reale, dove collezionisti, curatori, artisti e professionisti dell’arte possono incontrarsi fuori da una logica puramente transazionale. Il programma curatoriale ha ulteriormente rafforzato questa postura critica. Le sezioni affidate a Mariella Franzoni (Domani/Oggi), Céline Seror (SOLO), Tandazani Dhlakama (Generazioni) e Beata America (Gabinetto/Ar) articolano un racconto complesso, fatto di temporalità sovrapposte, genealogie spezzate e nuove possibilità di lettura. Non una narrazione monolitica dell’Africa quindi ma un campo di forze in cui identità, memoria e futuro si intrecciano. Molte le gallerie partecipanti con sede a Città del Capo, come 131 A Gallery, 50ty/50ty Prints, 99Loop, Art Formes, AVA, Berman Contemporary, blank projects, House and Leisure, Twyg, Your Luxury Africa, Christopher Moller Gallery, CROME Yellow M&C, ArtThrob, Eclectica Contemporary, Everard Readecc ecc...
Non mancano però realtà provenienti da altre città, come Johannesburg, e latitudini del «continente più giovane», dalla Nigeria all’Uganda, dal Kenia allo Zimbabwe. A queste si aggiungono gallerie tedesche, americane, francesi e non manca neppure una rappresentanza italiana: Giovanni Bonelli, Cellar Contemporary, Dep Art, Francesco Pantaleone Arte Contemporanea e Lo Magno artecontemporanea.
Dietro questa struttura si riconosce l’impronta di Fiera Milano Exhibitions Africa, filiale del Gruppo Fiera Milano, che porta a Cape Town un know-how internazionale senza imporre modelli estranei. La stessa attenzione curatoriale e organizzativa che ha reso miart una delle fiere più rispettate in Europa trova qui una declinazione specifica, calibrata sul contesto sudafricano e sulle sue urgenze culturali. Anche la scansione temporale della fiera contribuisce a questa esperienza immersiva: dal vernissage del 19 febbraio, pensato come momento di concentrazione e relazione, alle giornate aperte al pubblico dal 20 al 22 febbraio, Investec Cape Town Art Fair si inserisce nel ritmo della città, dialogando con i suoi musei, le gallerie, i ristoranti e la vita notturna che animano l’area circostante: l'arte infatti non si isola dal contesto ma ne assorbe le energie, le contraddizioni e le possibilità. Il prossimo appuntamento sarà ancora una volta al CTICC ma ciò che resta, oltre le date e la location, è una certezza: oggi, per capire dove sta andando l’arte contemporanea bisogna guardare attentamente «a sud».
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