«Madona di Marte» di Marisa Merz (particolare)

Cortesia della Bernier / Eliades Gallery, Atene. © Adagp, Parigi, 2024. Foto Boris Kirpotin

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«Madona di Marte» di Marisa Merz (particolare)

Cortesia della Bernier / Eliades Gallery, Atene. © Adagp, Parigi, 2024. Foto Boris Kirpotin

Dopo trent’anni Marisa Merz torna in Francia

Una mostra al LaM-Musée d’art moderne Lille Métropole riunisce le sue «testine» in argilla, legno e bronzo e grandi disegni 

L’ultima retrospettiva in Francia dedicata a Marisa Merz (Torino, 1926-2019) risale ormai a una trentina di anni fa, organizzata dal Centre Pompidou nel 1994. Ecco dunque che l’ampia mostra allestita dal 3 maggio al 22 settembre dal LaM-Musée d’art moderne Lille Métropole, il museo d’arte moderna, contemporanea e d’Art brut del Nord della Francia, vicino a Lille, con la preziosa collaborazione della Fondazione Merz, viene presentata tanto come un evento quanto come una scoperta. 

L’artista torinese, scomparsa a 93 anni il 19 luglio del 2019, Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale di Venezia del 2013, resta infatti ancora una figura poco nota per il pubblico transalpino, malgrado il suo ruolo nella scena artistica internazionale come esponente dell’Arte povera. Con il titolo «Marisa Merz. Ascoltare lo spazio», la retrospettiva, a cura di Andrea Villani, direttore del Museo delle Civiltà di Roma, Grégoire Prangé, conservatore al LaM, e Sébastien Delot, direttore delle collezioni del Musée Picasso di Parigi, nasce dalla ricerca negli archivi dell’artista, che si curava poco di catalogare i propri lavori, molti dei quali non sono mai stati datati (una sezione della mostra è del resto dedicata proprio alla questione degli archivi). Le opere esposte, lungo un percorso cronologico, arrivano essenzialmente da Torino e da collezioni private e gallerie internazionali. Tra queste anche alcuni lavori iconici come le «testine», piccole sculture a forma di testa umana, grossolanamente modellate nell’argilla, nel legno o nel bronzo, presentate per la prima volta dalla galleria L’Attico di Roma nel 1975. 

L’esordio ufficiale di Marisa Merz nell’arte risale al 1966 con la personale alla galleria Sperone di Torino, in cui l’artista saturò lo spazio con le sue «Living Sculptures», opere in alluminio, a cui già lavorava dagli anni Cinquanta. L’anno seguente fu la sola donna a prendere parte alla prima mostra dell’Arte povera, organizzata alla Galleria La Bertesca di Genova e curata dal teorico della corrente Germano Celant. In lei, l’Arte povera si manifesta attraverso l’introduzione di tecniche proprie all’artigianato tradizionalmente femminile, come il cucito e il ricamo. Dal 1980 partecipò a diverse edizioni della Biennale di Venezia e, nel 1982, a Documenta di Kassel, dove, in un allestimento libero, presentò sculture a trame con fili di rame o nylon. 

L’attuale mostra allestisce anche i grandi disegni di figure angeliche sui toni del rosso carminio e del blu, dell’oro e dell’argento, realizzati a partire dal 2000. Nel 2017 lei stessa curò una mostra itinerante che fu inaugurata al Metropolitan Museum of Art di New York. Nello stesso periodo (dal 3 maggio al 29 settembre), il LaM ospita anche la proiezione dell’opera filmica «I am Hymns of the New Temples» di Wael Shawky, artista che rappresenta l’Egitto alla Biennale di Venezia 2024 (oltre ad avere una mostra a Palazzo Grimani, sempre a Venezia, fino al 30 giugno), realizzata nel 2023 in collaborazione con il Parco Archeologico di Pompei, mescolando antico e contemporaneo. 

Luana De Micco, 30 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

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