«João Pereira de Araújo, Taquari District, Rio Branco, Brazil» (2015) di Gideon Mendel (particolare) dalla serie «Submerged Portraits»

Cortesia dell’artista

Image

«João Pereira de Araújo, Taquari District, Rio Branco, Brazil» (2015) di Gideon Mendel (particolare) dalla serie «Submerged Portraits»

Cortesia dell’artista

Discarica o motore culturale?

Un giro tra alcune mostre dedicate al rapporto tra arte ed ecologia in occasione della 54ma Giornata della Terra

Via via che il rapporto tra arte ed ecologia si approfondisce in risposta alle crescenti preoccupazioni ambientali, emergono esperienze creative che affrontano e integrano questi temi con una varietà di media, espressioni e contenuti. Il 22 aprile, mentre nel mondo si celebra la 54ma Giornata della Terra, alcune mostre in corso a New York offrono uno spaccato della varietà di questi approcci.

Scava nelle profondità della crisi climatica con la forza dell’evidenza fotografica «Coal + Ice», in programma all’Asia Society and Museum fino all’11 agosto. Spaziando nell’arco di un secolo, dalle fotografie su lastre di vetro ai video fatti con lo smartphone, la mostra utilizza testimonianze di oltre 50 artisti del continente asiatico per visualizzare cause e conseguenze della nostra dipendenza dai combustibili fossili e allo stesso tempo mostrare soluzioni.

Ha radici nella stessa parte del mondo «Shan Shui Reboot: Re-invisioning Landscape for a Changing World», alla China Institute Gallery fino al 7 luglio che, attraverso una varietà di media e stili, reinterpreta la tradizione della pittura paesaggistica cinese, nota come Shan Shui (letteralmente montagna e acqua), nel contesto delle sfide ambientali odierne. I sette artisti qui esposti partono da un’interpretazione concettuale del paesaggio, come spazio per i vagabondaggi della mente, tenuto insieme da un delicato equilibrio di cui le opere raccontano la fragilità con ricchezza di media e linguaggi.

È ancora alla fotografia che è affidato il compito di toccare le nostre coscienze nella mostra «Human/Nature: Encountering Ourselves in the Natural World», in programma a Fotografiska fino al 25 maggio. La mostra presenta oltre 40 opere di 16 artisti internazionali che esplorano complessità e sfumature del rapporto tra uomo e ambiente.

Altre esperienze artistiche interrogano le conseguenze dell’eredità coloniale sulla giustizia ambientale. Allo Swiss Institute fino al 14 aprile, «A Worm’s Eye View From a Bird’s Beak» presenta opere create negli ultimi 25 anni dall’artista nativo americano Raven Chacon che, spaziando dal suono al video, alla performance e alla scultura, racconta la resistenza ai tentativi di sradicamento e alla distruzione ambientale delle popolazioni Sámi in Nord Europa e dei Lenape nell’odierna New York, alimentata da una visione del mondo per cui l’uomo è parte di un ecosistema.

«Glows in the Arctic» (2022), di Yang Yongliang. Cortesia dell’artista e della China Institute Gallery

Nel project Space dell’Elizabeth Foundation for the Arts, fino al 27 aprile, «Psycho-tropics: Belonging Elsewhere» indaga il rapporto tra gli individui e il loro ambiente attraverso dipinti, fotografie e video di otto artisti emergenti che mettono in discussione le nozioni prevalenti di americanità in un’ottica post coloniale. Un approccio che si fa materico nell’installazione «El abrazo» di Delcy Morelos, fino al 20 luglio al Dia Chelsea. Attraverso strutture create con il fango, l’artista offre un’esperienza multisensoriale ispirata alle credenze culturali ancestrali andine e amazzoniche e all’interconnessione tra umanità e natura.

E se il richiamo della natura ci porta fuori dai musei, anche nei parchi della città c’è modo di esplorare il tema. All’interno del programma per il ventennale del programma d’arte della Madison Square Park Conservancy, dall’11 aprile il giardino ai piedi del Flatiron Building ospita «Seed», un gruppo di sculture in acciaio e bronzo di Rose B. Simpson che invitano a una riflessione sulla connessione tra le civiltà e la loro terra, tra culture e tra passato, presente e futuro. L’installazione prosegue al nord di Manhattan, all’Inwood Hill Park, luogo simbolo del dislocamento dei nativi americani dalle terre che poi diventarono New York. Nel Bronx, la compositrice Kamala Sankaram ha trasformato Van Cortlandt Park in una mostra sonora interattiva. Con l’aiuto di un’app e della realtà aumentata, i visitatori seguono un tour autoguidato, lungo il percorso di un ruscello che un tempo scorreva in questi luoghi, interrato all’inizio del XX secolo. «The Buried Brook» fa parte di un’iniziativa per il ripristino del corso d’acqua.

Infine a New York troviamo anche un pezzo di Italia con una mostra in due parti dedicata al caso Peccioli, borgo in provincia di Pisa diventato modello di sostenibilità grazie a un progetto che ha fatto di una discarica un motore di cambiamento sociale e sviluppo culturale. La mostra, in corso sino a fine aprileall’Istituto italiano di Cultura e al New York Institute of Technology di Long Island, oltre a documentare le strategie messe in atto a Peccioli, presenta opere di alcuni degli artisti internazionali che hanno contributo al progetto, spaziando dall’architettura al digitale, al fumetto e alla musica. Tra questi «Ent project 6 continents» di Alessandro Zannier, tappa americana di una serie di installazioni gemelle che hanno viaggiato tra tutti i continenti mettendoli in relazione con luoghi d’Italia attraverso un incrocio di dati ambientali.

«Ent project 6 continents» di Alessandro Zannier

Maurita Cardone, 09 aprile 2024 | © Riproduzione riservata

Articoli precedenti

Palazzo Donà delle Rose a Venezia diventa ambiente immersivo segnato dal dualismo del pioniere della media art

Tante le presenze locali e internazionali alla fiera d’arte americana più longeva anche se si registra la totale assenza di gallerie nostrane

Il Getty Center di Los Angeles riscopre un grande pioniere che si dilettò a sperimentare metodi per fissare immagini su carta attraverso l’uso della luce e di agenti chimici

Al Brooklyn Museum la prima personale museale della fotografa newyorkese con 42 scatti per un’indagine sulle eredità della schiavitù

Discarica o motore culturale? | Maurita Cardone

Discarica o motore culturale? | Maurita Cardone