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Dipingo così combatto la paura

Michela Moro

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Il 29 febbraio i mille metri quadrati della M77 Gallery erano gremiti di ospiti per l’inaugurazione della personale di Bernardo Siciliano, artista romano nato nel 1969 di stanza a New York. Perfetta per Siciliano la M77 Gallery, che si pone come punto di riferimento della ricerca artistica contemporanea con particolare attenzione alla pittura. 

«Panic attack» è una mostra completa che parte dai grandi dipinti di più di due metri per arrivare ai disegni su carta e alle fotografie, illustrando chiaramente il modus operandi dell’artista, la sua capacità di trasformare in «altro» luoghi lividi e vuoti. 

Siciliano, i suoi dipinti sono garage e depositi, strade deserte e scale di metropolitana.

Racconto quello che vedo, rappresento la mia vita privata attraverso posti che conosco bene, a 100 metri dal mio studio o da casa, nel quartiere di Brooklyn, dove vivo. Passo accanto a edifici industriali, dove i camion caricano e scaricano, guardo e dipingo; esco dalla metro a Tribeca, guardo e dipingo; è il mio mondo, guardo Manhattan e dipingo. 

Come realizza le sue opere?

L’impianto del quadro è dal vero, solo se conosci la prospettiva e la guardi dal vivo puoi dipingere bene, se partissi dalle foto non sarebbero mai quadri per me. Io uso il paesaggio intorno a me, ma ho sempre bisogno di molto tempo. Devo guardare la stessa cosa molte volte senza accorgermene finché un giorno l’immagine si manifesta. Ho bisogno di tempo perché i lavori sono lenti e spesso proseguono insieme. Devo dire che oggi sono più veloce di anni fa, anche se la figura rimane lenta per me.

Gli spazi vuoti amplificano la paura, il «Panic Attack» trasuda dai quadri.

La pratica del dipingere calma la mia ansia, mentre lavoro ho solo pratici problemi pittorici, come risolvere il rosso o il blu o il ginocchio della ragazza. Poi l’ansia ritorna nell’immagine stessa, ma io nel frattempo ho pensato ad altro, è un po’ una pratica meditativa. 

Non dev’essere stato facile diventare pittore in un momento in cui i critici guardavano altrove.

Le difficoltà della pittura esistono sempre, ci sono artisti più rappresentativi del mondo contemporaneo, ma la pittura rimane un linguaggio necessario. I pittori ci sono e continuano a dipingere, la situazione non fa sempre piacere, ma vado avanti perché non posso fare altro. Nel mondo accademico americano i grandi pittori come Jenny Saville, John Currin e Cecily Brown insegnano tutti perché è prestigioso, anche per gli studenti, e questo significa qualcosa; ma non faranno mai una mostra al MoMA.

Oltre ai lavori su carta è esposta una serie di foto. La fotografia è diventata parte della sua pratica?

Le foto parlano delle grandi solitudini, che sono sempre la mia paura, ma sono più contemplative.

Michela Moro, 01 aprile 2016 | © Riproduzione riservata

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