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Londra. La Repetto Gallery ospita nel suo spazio al 23 di Bruton Street una retrospettiva di Sadamasa Motonaga (Mie 1922-Kobe 2011).
Sono riuniti circa 40 lavori tra acrilici su tela, opere su carta e sculture dell’artista giapponese, esponente di spicco del gruppo Gutaï, fondato da Jiro Yoshihara e formato da Shozo Shimamoto, Kazuo Shiraga e molti altri.
Dalla seconda metà degli anni Cinquanta, nel Giappone postbellico, quella compagine di artisti prese a esprimersi con una «pittura» violentemente gestuale, spesso realizzata con mezzi del tutto eterodossi, oltre che con azioni e performance che preludevano all’happening e a Fluxus.
Anche Sadamasa Motonaga dipingeva allora opere inondate da torrenti di colori brutali, che evocavano visceri e forme biomorfe, ma già nel 1966, all’arrivo negli Stati Uniti (dove si guadagnò il sostegno di Martha Jackson), tornò a una pittura più tradizionale, per la quale si avvaleva di colori acrilici e dell’aerografo, con cui creava un mondo di forme elementari e archetipe, sempre accese dalla vibrazione vitale del colore.
Pur restando fedele allo spirito di Gutaï, Motonaga diede vita, così, a un universo altrettanto esuberante ma più fantastico e lieve.
La mostra della Repetto Gallery, intitolata «The Energy of Infancy» e aperta fino al 29 luglio, insiste proprio sull’accento gioioso e giocoso della sua pittura, abitata da forme non riconoscibili eppure stranamente «familiari», perché appartenenti a una sorta di memoria primaria.
Forme che diventano perciò generatrici di stupore: «L’universo non smette un istante di cambiare e noi lo viviamo, diceva Motonaga. La trasformazione non è altro che rinnovamento, dunque è naturale cercare di creare nuovi fenomeni e scoprirli con stupore».
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